Secondo le previsioni effettuate dall'INC (International Nut and Dried Fruit Concil) prima dell'inizio della campagna corilicola, la Turchia avrebbe prodotto 800mila tonnellate di nocciole, mentre l'Italia ne avrebbe prodotte 100mila.
"Il vero problema è che i cambiamenti climatici stanno mettendo sotto scacco queste coltivazioni: le eccessive temperature hanno comportato notevoli cali delle rese. La Turchia infatti fa sapere che quest'anno produrrà la metà di quanto previsto in un primo momento, mentre in Italia il raccolto è minimo, tanto che non si raggiungeranno neanche le 50mila tonnellate. Purtroppo il caldo torrido ha fortemente intaccato tutte le produzioni italiane di nocciole: quelle campane, piemontesi e del viterbese. Neanche le produzioni spagnole si sono salvate". A dirlo è un operatore del settore, della Campania, che ha chiesto di rimanere anonimo.

"Ma, oltre alle rese basse, il vero punto cruciale è il prezzo - spiega l'operatore - Mentre in Turchia si spuntano quotazioni di 100 lire turche al chilo, che equivalgono a 3,70 dollari, in Italia la Mortarella viene pagata 2,70 euro al chilo. Questo dato è allarmante, perché le nostre produzioni e i nostri metodi di coltivazione e raccolta non sono paragonabili a quelli turchi. In più, a fronte di rese così basse, il prezzo avrebbe dovuto aumentare, proprio perché l'offerta è esigua, ma forse quello che sta avvenendo non segue le normali logiche di mercato. Se la situazione perdurerà nel tempo, temo che la campagna corilicola del prossimo anno sarà pregiudicata; già adesso stiamo assistendo, almeno in Campania, a fenomeni di abbandono degli impianti. Quindi se le cose restano così come sono, gli imprenditori non avranno più incentivi a produrre, e tantomeno avranno guadagnato, perché fagocitati dagli elevati costi a fronte di rese basse o nulle; quindi dovranno chiudere le proprie imprese, come sta già accadendo".
"La situazione è drammatica, in Italia, poiché le rese sono basse e i prezzi altrettanto, ma anche in Turchia non si intravede il sereno, perché i produttori turchi si stanno facendo sentire attraverso flash mob di protesta, in quanto anch'essi ripagati troppo poco. E' a rischio il futuro degli imprenditori che operano in questo settore, e dell'intera filiera".