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Il crack di OPO Veneto accende i riflettori sulla profonda crisi del settore ortofrutta

A metà agosto, un decreto del ministro per le imprese e il made in Italy, Adolfo Urso, ha decretato la liquidazione coatta amministrativa dell’Organizzazione produttori ortofrutticoli Veneto, in sigla Opo. La maxi società cooperativa con sede a Zero Branco, riuniva ben 485 soci produttori dalla provincia di Treviso a quella di Venezia (Chioggia e Sottomarina capofila), ma anche Rovigo e Veneto in generale. In risposta alle successive dichiarazioni dell'assessore regionale all'agricoltura del Veneto, Federico Caner ("Tutti i sistemi-cooperativa Opo, in Veneto, sono saltati, falliti. E invece in Emilia Romagna, ad esempio, funzionano" - clicca qui per approfondire), pubblichiamo la seguente nota di Confcooperative.

"Ha ragione l'assessore Caner nel manifestare grande preoccupazione per un settore strategico come l'ortofrutta Veneta, un settore che impegna 50.000 ettari e rappresenta un fatturato di circa un miliardo di euro. Tuttavia, in coda ad alcuni articoli usciti, crediamo vadano fatte alcune importanti sottolineature".

Interviene il presidente di Confcooperative Verona Fausto Bertaiola (nella foto a sinistra): "Non vogliamo giudicare l'operato di OPO Veneto, tra l'altro non ne abbiamo gli elementi, di certo si tratta di una debacle, non certo isolata, che segue altri gravi crolli verificatisi negli ultimi anni nella nostra regione e in generale in tutta Italia, a testimonianza di un settore con tutti gli alert accesi".

Continua Bertaiola: "Si nota tuttavia, nell'opinione generale, una sorta di accanimento precostituito nei confronti delle Organizzazioni dei Produttori e delle cooperative in generale: non sono solo le cooperative ortofrutticole in difficoltà ma tutti gli operatori del settore anche se, purtroppo, sotto le luci della ribalta finiscono solo le disavventure del modo organizzato".

Aggiunge il presidente di Fedagripesca Veneto, Silvio Dani (nella foto a destra): "Le OP ortofrutticole nella nostra regione rappresentano circa il 30% del fatturato dell'ortofrutta veneta, con fior fior di cooperative che svolgono un lavoro straordinario al servizio dei propri soci e non solo, spesso in concorrenza con gli imprenditori 'privati', in un contesto di grandissima fragilità. La cooperazione riceve, lavora, trasforma e commercializza i prodotti agricoli conferiti dai soci agricoltori con il fine di remunerarli il più possibile, per cercare di mettere al riparo dalle speculazioni ribassiste la materia prima. Da qui si capisce l'importanza di sostenere con tutti i mezzi possibili il modello cooperativo che garantisce la sopravvivenza dell'agricoltura".

"La cooperazione è vincolata a commercializzare il 100% della produzione dei soci, anche quella grandinata, colpita da insetti, raccolta da personale quando lo si riesce a trovare (e questa del personale è una piaga che dovremo ulteriormente approfondire), in concorrenza con aziende private che pur di fare cassa sono disposte a vendere subito e a qualunque prezzo, che possono acquistare ortofrutta dal territorio o da qualsiasi altra parte o semplicemente non acquistare, perché magari in quel frangente non è conveniente" conclude Dani.

Le cooperative possono così risultare più fragili. Può essere, ma una cooperativa non lavora per produrre utile o per remunerare il capitale investito, lavora con l'obbiettivo di garantire il più possibile un adeguato reddito al proprio socio conferente. Da questo ne consegue, non di rado, la difficoltà nel capitalizzare adeguatamente le strutture cooperative ma questo, in una logica di contrappesi, è ampiamente controbilanciato dalla funzione sociale che esse svolgono.

In merito a quanto sostenuto dall'assessore Caner, relativamente a quanto accade in altre Regioni, come la citata Emilia Romagna, ma aggiungeremmo anche il Trentino, è forse vero che la mentalità cooperativistica è più sviluppata, ma è altrettanto vero che in quei luoghi le istituzioni hanno da sempre fatto scelte chiare per il settore, favorendo in ogni modo la cooperazione, indirizzandola nei momenti di difficoltà e non certo mettendola in concorrenza con imprenditori privati.

Continua il presidente di Confcooperative Verona Fausto Bertaiola: "La verità è che l'ortofrutta Veneta, come buona parte dell'agricoltura Italiana, paga scelte politiche ed accordi commerciali che ci vedono in competizione con altri distretti produttivi, in giro per il mondo, con i quali non potremmo mai competere in termini di costi di produzione e di filiera. Asfissiati da una burocrazia esasperata con problemi mai risolti ci troviamo, da anni, ad essere la cenerentola dell'agricoltura europea; situazione che abbiamo cercato di superare inseguendo la migliore qualità, puntando ai mercati più selettivi e più remunerativi subendo, tuttavia, lo strapotere contrattuale della GDO. La concentrazione dell'offerta, tanto richiesta dalle politiche agricole comunitarie, poteva essere raggiunta, ma probabilmente, le stesse istituzioni nazionali e regionali, non ci hanno mai creduto fino in fondo".

"Oggi produrre qualità, in un contesto di continuo cambiamento, diventa sempre più difficile se non impossibile e comunque sempre più costoso: condizioni climatiche estreme, lunghi periodi siccitosi interrotti da eventi catastrofali, diffusione di nuove fitopatie sconosciute che distruggono i raccolti, ed infine il problema, mai risolto, della manodopera. Servono interventi urgenti, sperimentazione, ricerca, semplificazione burocratica e, soprattutto, significative risorse per rinnovare, riconvertire un settore di vitale importanza, tanto più nel Veneto dove possiamo contare su eccellenze del settore che rischiano l'estinzione; l'amara conclusione è che quando le difficoltà del settore saranno finalmente chiare a tutti, probabilmente sarà troppo tardi", conclude Bertaiola.

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