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L'alta pressione del Sahara sovrasta l'anticiclone delle Azzorre

Siccità, perché in certe zone è così prolungata

Nella parte nord-occidentale dell'Italia, la situazione idrica è sempre più grave. Le Alpi, anche quest'anno, hanno visto ben poca neve e le zone di collina e pianura sono molto al di sotto dei livelli medi annui di pioggia. 

A questo proposito, in un recente dibattito sulla gestione delle risorse idriche, un partecipante ha chiesto come mai, nonostante le temperature più alte e quindi una maggiore evaporazione dell'acqua, piova sempre meno. Uno dei presenti gli ha spiegato che, ormai, sull'Italia non domina più l'alta pressione dell'anticiclone delle Azzorre, bensì l'alta pressione del Sahara e che quindi il vapore acqueo confluisce verso le zone a bassa pressione, dove infatti si scarica in volumi consistenti, proprio vista la maggiore evaporazione dovuta al caldo.

Una conferma di tale fenomeno giunge pure da Stefano Rivalta, un agricoltore molto attento alla meteorologia: "Le temperature più alte nel bacino del Mediterraneo sono causate dalla costante presenza di una cappa ad omega dell'anticiclone africano che, in azione combinata con la posizione dell'anticiclone delle Azzorre in Atlantico in posizione parallela ai meridiani, forma una posizione di blocco alla corrente a getto in uscita dal Canada. Questa configurazione porta i flussi perturbati solo sul nord Europa e Scandinavia. Infatti c'è una siccità estrema in Spagna, Francia, Germania e Italia".

"Inoltre - conclude - i quantitativi di pioggia non dipendono dalle temperature medie maggiori o minori di 3 °C, ma dall'alternarsi della presenza di basse pressioni".

La situazione da nord a sud
A livello italiano, la situazione idrica è molto grave, soprattutto al nord rispetto al sud. Secondo il Joint Research Centre (Centro Comune di Ricerca) della Commissione Europea, nell’inverno appena concluso, la neve sulle Alpi è stata il 30% in meno rispetto al 2022 quando, alla fine di febbraio, il deficit sulla media era già del 67%. Non solo: mentre lo scorso anno la carenza di neve era maggiormente evidente nel Nord Ovest, ora la scarsità di risorsa colpisce tutto il versante italiano dell’arco alpino. La quantità di neve caduta sulle Alpi, fino a fine febbraio, è stimabile in 2,9 miliardi di metri cubi, a fronte di una media storica di 8,7 mld. mc. e dei 4 miliardi di metri cubi presenti nello stesso periodo del 2022.

A renderlo noto è il report settimanale  dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, che segnala anche come lo scioglimento della poca neve sui rilievi stia comunque provocando un innalzamento dei livelli dei grandi bacini naturali del Nord Italia, ad eccezione del più grande: il lago di Garda, il cui riempimento non riesce a raggiungere il 40%, continuando a sfiorare il minimo storico (Verbano al 44% e Sebino al 18,6% restano sotto media, mentre il Lario al 22,4% si regolarizza)

In Valle d’Aosta, a causa delle alte temperature (a Nus, Les Illes, a 534 metri di altitudine si sono sfiorati i 20 gradi) e dell’assenza di precipitazioni, il manto nevoso si è ridotto notevolmente rispetto alla scorsa settimana: -cm.16 sulla fascia occidentale, -cm.13 su quella centrale, -cm. 37 su quella orientale. Ciò nonostante, calano sia la Dora Baltea sia il torrente Lys.

Anche sulle Alpi del Piemonte la neve va riducendosi velocemente, ma pure qui non crescono le portate dei fiumi, con l’unica eccezione della Stura di Demonte.

In Lombardia, il fiume Adda continua a decrescere da 3 mesi e si attesta stabilmente ai livelli del 2022; calano anche Serio e Oglio, mentre cresce il Mincio, nonostante la ridotta portata erogata dal lago di Garda. Cronico è ormai il deficit delle riserve idriche regionali: sui rilievi rimangono meno di 790 milioni di metri cubi (-69,1%  rispetto alla media, nonché il 18,2% in meno rispetto al minimo storico). Nel complesso, la quantità di risorsa idrica stoccata è inferiore del 60,2 % rispetto alla media, ma addirittura del 6,2% rispetto al critico 2022!

“L’anno scorso, a fine maggio, la neve era già sciolta in tutta la regione, azzerando un’importante riserva idrica; quest’anno sarà ancora peggio - dice preoccupato Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) - La situazione è comune a tutta l’Italia settentrionale e per questo sollecitiamo l’operatività delle recenti scelte del Governo: è urgente un’autorità nazionale che dirima, nel rispetto delle norme di legge, inevitabili contrasti sull’uso della risorsa idrica. A rischio c’è la coesione sociale del Paese.”

In Liguria c’è da registrare il brusco calo dei fiumi Entella (-cm.44) e Vara (-cm. 39), mentre Magra ed Argentina decrescono moderatamente.

E’ crisi idrica anche a Nord-Est: in Veneto, il fiume Adige, pur in leggera crescita, rimane oltre 4 metri sotto lo zero idrometrico; decrescenti e inferiori agli anni precedenti sono i livelli di Livenza, Bacchiglione e Brenta; in Friuli Venezia Giulia, portata sostanzialmente invariata per il fiume Cellina, mentre calano Fella, Tagliamento e Cornappo, scendendo a livelli inferiori anche all’anno scorso.

In Emilia-Romagna,  crescono i livelli dei fiumi Savio, Secchia, Enza e Trebbia, mentre cala il Reno; i corsi d’acqua appenninici registrano portate inferiori alle medie storiche, ma superiori al 2022.

Nonostante un lieve aumento di portata nel tratto piemontese, continua il declino del fiume Po, che in Lombardia ed Emilia (unica eccezione, Boretto) si ritrova ampiamente sotto i valori minimi storici (a Piacenza ed a Pontelagoscuro mancano oltre 130 metri cubi al secondo).

La Toscana, che ha potuto beneficiare di apporti meteorici localmente intensi (soprattutto nel Grossetano, sulla costa massese e livornese, nonché sulla fascia settentrionale) vede crescere le portate dei fiumi, tra i quali spiccano l’Arno (+ 90 metri cubi al secondo), l’Ombrone, che quadruplica la portata e la Sieve, che la raddoppia.

Nelle Marche calano le portate dei fiumi Tronto, Potenza e Nera, mentre resta stabile sui livelli della settimana scorsa l’Esino; in crescita il Sentino. Continuano ad aumentare i volumi d’acqua stoccati negli invasi.

In Umbria si registra un modesto accrescimento dell’altezza idrometrica del lago Trasimeno, mentre i fiumi Nera e Chiascio hanno livelli assai inferiori alla media storica ed a quelli degli anni recenti (2022 compreso).

Nel Lazio, su Roma le precipitazioni dal 1° gennaio 2023 (mm.114) sono pressoché dimezzate rispetto all’analoga media dello scorso decennio (mm.220). Il livello del lago di Bracciano è inferiore allo scorso anno, condizionato dalle scarse precipitazioni (tra gennaio 2022 e marzo 2023 sono caduti 777 millimetri di pioggia); chiarificatore della contingenza in essere è il confronto con due recenti annate siccitose: nello stesso periodo dell’annata 2016-2017 piovvero 926 millimetri, mentre in quello 2011-2012 i millimetri di pioggia furono 972. La quota del lago di Nemi attualmente si attesta a 29 centimetri sullo zero idrometrico; nello stesso periodo del 2021 aveva un’altezza di m.1,13. La portata del fiume Tevere a Roma (mc/s107,98) è in media con le annate precedenti, mentre è deficitaria la portata dell’Aniene, la cui media storica è quasi doppia rispetto ai valori attuali; calano anche i livelli di Sacco e Liri.

A testimoniare l’importanza degli invasi è il bacino della diga dell’Elvella, al confine tra Lazio e Toscana: l’altezza dell’acqua trattenuta è oggi di 378 metri sul livello del mare; l’anno scorso era ben 6 metri più basso (m.372,09).

In Molise, nonostante una timida crescita, restano bassi i livelli del fiume Volturno, che continua a calare anche in Campania, così come Sele e Garigliano.

In Basilicata e in Puglia, le alte temperature stanno già costringendo a irrigare i campi; lo si deduce dal calo dei volumi idrici trattenuti negli invasi: -2 milioni di metri cubi in Lucania, mentre in Puglia lo scarto negativo raggiunge i 3 milioni e mezzo. Resta comunque positivo il confronto tra le riserve idriche di quest’anno e quelle del 2022, anno già idricamente favorevole per le due regioni.

Migliora la condizione del bacino della diga di monte Marello sul fiume Angitola in Calabria: in un mese, l’acqua invasata è cresciuta di quasi 2 milioni  di metri cubi, toccando il valore più alto in recenti annate (mln. mc. 9,89).

Infine le dighe siciliane che, nonostante il notevole incremento registrato nell’ultimo mese (oltre 47 milioni di metri cubi) a causa di forti precipitazioni, restano fortemente deficitarie rispetto alla media degli scorsi 13 anni (-19,31%).


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