Quella appena conclusa è stata una campagna che ha sancito definitivamente la preferenza, da parte dei consumatori, per le uve senza semi, sia in Italia sia all'estero. "Anche in una stagione di forte contrazione dei consumi - commenta l'imprenditore pugliese Donato Fanelli - le uve seedless si sono distinte, superando di gran lunga quelle con semi. Una tendenza che è diventata marcata anche nel nostro Paese, dove il consumo delle uve con semi è sempre stato elevato rispetto alla media europea, anche a causa della maggiore presenza di vigneti di varietà tradizionali".
Donato Fanelli - Foto d'archivio
Per le varietà con semi, prime fra tutti la cultivar Italia, la stagione è terminata male, con episodi spiacevoli mai registrati prima e molto prodotto rimasto invenduto sulle piante. "La crescita della domanda delle uve seedless si è tradotta però in un surplus di offerta per le uve tradizionali - riprende Fanelli - È stata una delle cause principali per cui molte uve con semi non hanno avuto il classico spazio commerciale, generando così forti perdite per gli agricoltori. Ci sono aziende che hanno sofferto una mancanza totale di fatturato, a fronte di maggiori spese di gestione per via di rincari generalizzati. Ad esempio, se fino agli anni scorsi l'uva Italia si riusciva a vendere anche a poche decine di centesimi, quest'anno invece si è molto faticato per collocarla sul mercato. È come se i consumatori si siano allontanati dalle varietà con semi, indirizzandosi su quelle apirene, per le quali la domanda rimane tutt'oggi ancora sostenuta, sebbene il prodotto sia praticamente terminato".
Fanelli ci spiega che, tra la Puglia e la Sicilia, molti vigneti della varietà Italia sono stati espiantati nelle ultime settimane. "Parliamo di almeno il 40% degli impianti presenti che ora non esistono più, relativi sia a coltivazioni obsolete di 15-20 anni sia ai vigneti più recenti (5-6 anni dal trapianto). Un gesto dettato dalla disperazione e dai mancati profitti, che dovrebbe far accendere i riflettori. Spero che finalmente si capisca l'importanza di un catasto varietale e di una sana programmazione. Occorre piantare le cultivar più ricercate dal mercato. Se la richiesta delle uve apirene è notevolmente cresciuta, ciò non significa però che si debba mettere a dimora qualsivoglia varietà seedless, senza un criterio o per sentito dire", conclude l'imprenditore.