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Valorizzare il mango siciliano attraverso la disidratazione

Al di là dei cambiamenti climatici che si palesano non tanto nell'aumento della temperatura, quanto nell'intensificarsi di eventi meteorologici improvvisi e violenti, alternati a periodi di caldo intenso e siccitosi, i frutti tropicali, in Sicilia, esistono fin dal 1957. Fu quello l'anno in cui il Prof. Francesco Calabrese, ordinario di Frutticoltura Tropicale e Subtropicale presso l'Università degli Studi di Palermo introdusse le prime piante di avocado dalla California, anche se le coltivazioni intensive sarebbero arrivate molti anni dopo, assieme alle produzioni di litchi, papaya, passion fruit, finger lime e altre, tra cui il mango.

Mango disidratato e fresco

La condizione per coltivare frutti tropicali, o per meglio dire frutti che si adattano a un clima sub tropicale-mediterraneo come quello siciliano, è che le temperature invernali siano miti, affinché la pianta possa sopravvivere, vegetare e fruttificare.

Uno dei frutti tropicali di maggior valore, oggi, è rappresentato dal mango, che vede una crescita del trend al consumo e un sempre maggiore interesse da parte della filiera agroalimentare italiana ed europea. La preferenza della GDO per un prodotto garantito sul piano fitosanitario e con una bassa carbon footprint, come quello siciliano rispetto al prodotto d'oltremare, ha consentito a tale coltivazione di intensificarsi, negli ultimi anni.

Uno dei limiti che il mango manifesta in fase di commercializzazione è la presenza di difetti estetici dovuti a problematiche di natura abiotica, come l'aggressione dell'irradiazione solare diretta (sunburn) e alle manipolazioni in fase di raccolta e post raccolta. Ciò abbassa il valore del frutto e rischia di farlo diventare scarto, con la conseguente perdita di reddito per il produttore. In questo contesto un gruppo di studiosi, costituito da Ilenia Tinebra, Dario Scuderi, Roberta Passafiume e Francesca Mancuso del Dipartimento Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali (SAAF) - Università degli Studi di Palermo, e guidati dal Prof. Vittorio Farina, ha sviluppato un metodo per disidratare il mango, al fine di attribuirgli una "long shelf life" e conservarne il valore commerciale.

Vittorio Farina

"Il mercato della frutta disidratata ha un peso economico importante in diverse parti del mondo – ha detto Vittorio Farina – con tendenze di consumo in crescita a livello mondiale nei Paesi Europei sia come prodotto tal quale, sia in mix con la frutta secca o nella composizione di barrette e snack. La disidratazione è un processo che ha un peso importante, nella gestione dei frutti in post-raccolta, visto che questi hanno un elevato contenuto in acqua, nella maggior parte dei casi maggiore dell'80%; tale metodo rappresenta una tecnica alternativa per aumentare significativamente la shelf-life del prodotto rendendolo, per di più, disponibile in periodi in cui in non è presente stagionalmente. La diminuzione del contenuto di acqua, inoltre, comporta un rallentamento delle reazioni metaboliche e della proliferazione dei microrganismi".

"Il consumatore moderno e consapevole chiede cibi salutari e con alte proprietà nutraceutiche - ha spiegato ancora il docente universitario - A partire da questa considerazione, abbiamo voluto realizzare un prodotto nuovo per il territorio: il mango siciliano disidratato. Siamo partiti da frutti raccolti a un grado di maturazione precoce, ma anche da quelli maturi e pronti al consumo o da quelli con difetti estetici, diciamo non conformi per il mercato del fresco. In questo modo, abbiamo raggiunto il fine ulteriore di non sprecare cibo. Abbiamo ottenuto un prodotto per caratteristiche di colore, aroma e gusto che ricordasse il mango siciliano fresco, eliminandone la tipica deperibilità".

"Commercialmente, l'idea potrebbe tradursi in snack - ha concluso l'esperto - o come ingrediente per ricette varie. Il mango, una volta privato di acqua, potrebbe essere utilizzato anche per comporre le già citate barrette o come ingrediente in mix di cereali. I frutti disidratati mantengono un elevato valore nutrizionale, aspetto, odore e sapori molto gradevoli. La sperimentazione è stata condotta nell'ambito del Progetto Postmango, in collaborazione con l'OP Uno Sicilia di Bagheria, attiva anche sul litorale tirrenico della provincia di Messina dove sono localizzate alcune aziende che hanno partecipato alle attività quali Roccacoop, sita a Rocca di Capri Leone".

Per maggiori informazioni:
Prof. Vittorio Farina
Dipartimento Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali (SAAF)
Università degli Studi di Palermo
vittorio.farina@unipa.it