Iscriviti alla nostra newsletter giornaliera e tieniti aggiornato sulle ultime notizie!

Iscriviti Sono già iscritto

State utilizzando un software che blocca le nostre pubblicità (cosiddetto adblocker).

Dato che forniamo le notizie gratuitamente, contiamo sui ricavi dei nostri banner. Vi preghiamo quindi di disabilitare il vostro software di disabilitazione dei banner e di ricaricare la pagina per continuare a utilizzare questo sito.
Grazie!

Clicca qui per una guida alla disattivazione del tuo sistema software che blocca le inserzioni pubblicitarie.

Sign up for our daily Newsletter and stay up to date with all the latest news!

Registrazione I am already a subscriber
Di Carlo Conticchio, direttore Associazione Nazionale Città delle Ciliegie

Serve fare ordine nel comparto cerasicolo nazionale

Il 2021, anno di svolta della lotta alla pandemia Covid-19, rischia di essere ricordato con il solito nulla di fatto nel campo della cerasicoltura.

Le vicende occorse negli ultimi giorni in Puglia, con la protesta in piazza dei produttori per il bassissimo livello dei prezzi all'origine e la conseguente, consona, scontata, carrellata di opinioni settoriali, da parte di organi sindacali o dei vertici della grande distribuzione, non porterà certamente alla pur minima risoluzione del problema.

In questa settimana centrale della campagna cerasicola nazionale, si sono registrati i prezzi al pubblico più altalenanti degli ultimi anni: dai 2,99 euro/kg di Eurospin agli 11,27 euro/kg di Coop; l'uno e l'altro prezzo denotano una grave anomalia, che pesa innanzitutto sui produttori e non meno sul consumatore finale.

Il prezzo di 1,10 euro/kg offerto alla produzione per le ciliegie Ferrovia a inizio settimana rappresenta una vergogna, per il mondo produttivo agricolo; come da un canto stona "svendere" le ciliegie al pubblico ai primi di giugno, altrettanto vergognoso appare l'elevato prezzo di vendita (anche 10 volte superiore), a fronte di offerte alla produzione risibili e offensive.

Ma chi è causa del suo male pianga se stesso, come dice un vecchio adagio.

Ritrovarsi ogni anno, puntualmente, a parlare sempre dello stesso problema e, al termine del periodo di raccolta, rimandare la soluzione ai posteri certamente non aiuta nessuno e non risolve nulla.

Facciamo dunque chiarezza sulla realtà cerasicola nazionale dell'anno in corso.

In Veneto, la situazione è drammatica; si stima una produzione pari al 10% del valore storico; gelate ad aprile e piogge a maggio hanno infatto decimato l'intero raccolto.

In Emilia Romagna, la situazione è di poco migliore, con una produzione che si aggira intorno al 50-60% dello scorso anno e un prodotto che ha comunque sofferto dell'inclemenza del tempo.

Nel Lazio, le gelate primaverili hanno ridotto la produzione al 30% con le aree della Sabina e della Tuscia notevolmente ridimensionate.

La Campania conta il 40% di prodotto in meno, ma al contempo prezzi disastrosi.

In Puglia, in controtendenza rispetto al resto d'Italia, la produzione è esplosa; dapprima la stagione era iniziata in maniera poco favorevole, con sporadiche gelate primaverili che hanno comunque influito sulle precoci; poi bel tempo e temperature in salita hanno consentito una produzione molto elevata di Giorgia e Ferrovia, che accusano un calo di pezzatura ma registrano un prodotto sano, bello e di lunga durata.

Questo ci fa capire come, in ogni caso, la produzione a livello nazionale abbia subito un calo consistente nei volumi, tale da non giustificare minimamente il fenomeno dei prezzi bassi alla produzione che registriamo attualmente. 

La debolezza dell'offerta
La produzione risulta altamente frammentata, con una miriade di piccoli coltivatori autonomi che tentano di conferire il prodotto ai grossisti di zona o alla piccola distribuzione alimentare locale, anch'essa frazionata e poco significativa in termini di volumi commercializzati.

Alcuni territori, pur importanti per produzione, affrontano il mercato globalizzato con tre varietà: Bigarreau, Giorgia, Ferrovia, che determinano, in alcune stagioni, fenomeni di iperproduzione varietale o deficit nelle annate negative, con conseguenti continue crisi nei prezzi di vendita.

Non esiste un'organizzazione nazionale che possa fungere da riferimento e da luogo d'incontro reale tra la produzione e il consumatore finale; in altri termini, il settore è in balia delle onde di mercato date dagli umori e dalle politiche aziendali delle varie catene della distribuzione alimentare.

Non si usa la potenzialità del nostro territorio nazionale che potrebbe gestire con grande vantaggio una produzione cerasicola che va da fine aprile (Sicilia, Calabria, Puglia) a metà luglio (Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige).

La "chimera" distributiva
La distribuzione alimentare italiana ovviamente gongola in merito alla realtà produttiva cerasicola nazionale ma ne subisce, unitamente ai consumatori finali, anche le grandi anomalie.

Sempre più spesso viene commercializzato al pubblico un prodotto non corrispondente alle varietà descritte: es. Bigarreau dichiarata Giorgia; Giorgia dichiarata Ferrovia; Ciliegie Rosse dichiarate Nere ecc.; calibrature mal eseguite, in particolare nelle confezioni chiuse. 
Il prodotto sui banchi appare quasi sempre "stanco", a causa della cattiva gestione delle piattaforme ortofrutticole che spesso portano il prodotto della zona di produzione a effettuare percorsi logistici surreali.

Basti pensare a ciliegie prodotte nel "Territorio A" portate alla "Piattaforma Distributiva B" distante centinaia di chilometri e poi commercializzate nuovamente nei punti vendita del "Territorio A", con inutili giorni di attesa e ore di trasporto che ne compromettono altamente la qualità.

Il prezzo finale viene utilizzato in doppia veste: "First Price" sfruttando al massimo il basso prezzo di acquisto alla produzione; "Premium Price", in quanto deve remunerare gli alti costi di gestione (piattaforme distributive, calo peso, sprechi).

Il "Doppio prezzo" (di acquisto e di vendita) ancora non viene indicato in etichetta, mentre altre diciture (es. "Prodotto Italiano" oppure "Duroni"), non sempre rispondenti al vero e anzi spesso fonti di ulteriori elaborate alchimie commerciali, spiccano sulle confezioni indisturbate e senza alcuna verifica.

Cosa fare della cerasicoltura italiana
Premesso, che dal punto di vista produttivo, l'Italia detiene il meglio che la ricerca scientifica e la tecnica mette a disposizione e che pertanto siamo dotati di un panorama varietale ampio e performante e di tecniche colturali moderne ed efficaci; si tratta pertanto di migliorare gli aspetti logistici e gestionali delle dinamiche di mercato.

La parola d'ordine è "fare massa critica"; togliendo dall'isolamento i molteplici singoli produttori e unendoli in contesti logistici che possano competere con le realtà commerciali della Grande Distribuzione, altrimenti strabordanti in termini di capacità e posizione contrattuale dominante.

L'obiettivo deve essere quello di costituire Consorzi produttivi Regionali e/o altre forme giuridiche di aggregazione, alle quali i coltivatori possano facilmente confluire, beneficiando di servizi altrimenti difficili da raggiungere: formazione del personale , assistenza fiscale, trasformazione del prodotto, assistenza tecnica e controllo del ciclo di produzione, acquisto centralizzato concimi, fitofarmaci, imballaggi ecc., tecnologia a disposizione es. celle frigo, calibratura, confezionamento, logistica; rapporto con gli organi istituzionali regionali.

Tali entità regionali risultano ideali per la logistica distributiva territoriale e possono rappresentare un'ottima risorsa per la Distribuzione Alimentare, consentendo risparmi considerevoli e migliore qualità dei prodotti.

I Consorzi produttivi Regionali e/o altre forme giuridiche di aggregazione, debbono poi aderire ad un Consorzio Cerasicolo Nazionale, che regoli il flusso di prodotto alla distribuzione, contrattando a pari livello, prezzi e condizioni commerciali. Un Consorzio che abbia la capacità di competere con la realtà del prodotto estero, sempre più disponibile per le note dinamiche della globalizzazione; prodotto estero non sempre all'altezza di quello nazionale, spesso veicolo di malattie e insetti "alieni", così come purtroppo interessato da trattamenti fitosanitari vietati e non conformi agli standard nazionali.

Nella foto a destra: Carlo Conticchio, direttore del'Associazione Nazionale Città delle Ciliegie, autore del presente intervento 

Il comparto può dotarsi di un Marchio Nazionale, che dia risalto alla produzione di qualità e alle caratteristiche nutrizionali ed organolettiche delle ciliegie italiane; fare pubblicità; far conoscere ai consumatori le molteplici varietà cerasicole e le loro peculiari caratteristiche; tessere rapporti con gli organi ministeriali, promuovendo scelte politico-economiche a supporto della ciliegicoltura.

L'Associazione Nazionale "Città delle Ciliegie" avvierà nei prossimi giorni azioni di contatto con le Amministrazioni Comunali dei territori cerasicoli d'Italia, al fine di promuovere un percorso che vada nelle direzioni indicate e che consenta di affrontare, a campagna cerasicola terminata e con il giusto equilibrio emotivo, tutte le iniziative utili a rendere il comparto una "eccellenza ortofrutticola d'Italia".

Per maggiori Informazioni:
Carlo Conticchio - direttore Associazione Nazionale Città delle Ciliegie 
+39 347 5853900
carloconticchio@tiscali.it

Data di pubblicazione: