La papaya è una delle coltivazioni che si stanno diffondendo in Sicilia, favorita dalle particolari caratteristiche climatiche e idriche dell'isola. Al di là, tuttavia, delle condizioni pedoclimatiche favorevoli, è importante la risposta dei mercati nei confronti di una referenza che, in massima parte, viene di solito importata dai Paesi tropicali. La "concorrenza" dei Paesi tropicali, ovviamente, è imbattibile in questo periodo dell'anno, poiché è in pieno svolgimento la campagna brasiliana e degli altri Paesi tradizionalmente impegnati in questo tipo di coltivazione, mentre in Sicilia le temperature invernali non permettono una maturazione programmabile dei frutti.

E', infatti, dal mese di aprile fino a novembre che la produzione siciliana avrà il suo culmine per raggiungere i mercati italiani di maggiore interesse, quali: Roma, Milano e Verona. Queste due ultime città fungono, oltre che da destinazione per le aree geografiche di riferimento, anche da satellite per l'esportazione verso Francia, Germania e Svizzera.
Varietà "Formosa"
"Dal punto di vista fitopatologico, in questo periodo dell'anno si stanno manifestando, per via delle escursioni termiche tra il giorno e la notte e per la presenza di alta umidità relativa, patologie di natura fungina che devono essere contrastate per non determinare il danneggiamento del prodotto", ha riferito un produttore siciliano che ha proseguito: "Nella nostra azienda si è riscontrato un grado Brix del prodotto maturo intorno a 12, che è un successo per questo periodo della stagione e conferma la corretta gestione delle nostre coltivazioni".
Il rifrattometro segna oltre 12° Brix
"La papaya riesce a spuntare prezzi che, sui vari mercati, variano di poco durante l'anno - ha detto ancora l'imprenditore - Le quotazioni all'ingrosso si attestano su medie che vanno da 3,5 a 5 € al kg, a seconda delle varietà (la più diffusa e gradita è la varietà Formosa) e delle pezzature che variano da 500 gr a 1,5 Kg. In generale, abbiamo assistito a una flessione della domanda a causa della crisi pandemica che ha visto la chiusura dei ristoranti, ma è facile supporre un ritorno alla normalità anche per questa coltura".
"Dato l'interesse del mercato europeo per il prodotto siciliano - ha concluso l'imprenditore - è auspicabile la costituzione di una filiera tutta locale, in grado di sostituirci alle importazioni ed essere a nostra volta maggiormente presenti all'estero. Sul piano colturale, ci vengono in aiuto le collaborazioni con le Università di Palermo e di Catania, che sono sempre più addentro ai temi dei frutti tropicali".