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Il ruolo dei portinnesti e delle nuove tecnologie di sequenziamento nella lotta ai patogeni degli agrumi

La riconversione in atto dei tanti agrumeti colpiti dal virus della Tristeza (CTV) ripropone in questi giorni numerosi interrogativi sulla scelta dei portinnesti da impiegare per non vanificare il risultato finale degli investimenti. Scelta collegata alle caratteristiche del terreno e alla varietà da innestare, alla qualità dell'acqua di irrigazione, all'impostazione della gestione agronomica e a numerosi altri elementi.

Alterazioni causate da patogeni sistemici in alcuni portainnesti degli agrumi. Da sinistra, Poncirus trifoliata, Citrange, Limone volkameriano, Citrus macrophylla, Citrumelo

"Nel contesto - spiega Antonino Catara, già presidente già presidente IOCV ('Organizzazione Internazionale dei Virologi degli agrumi) - una riflessione particolare meritano i fattori biotici potenzialmente avversi che risiedono nel suolo o nel materiale vegetale. Dai tempi più antichi, il portinnesto ha segnato l'agrumicoltura mondiale, a volte salvandola da patogeni sconosciuti, altre portando alla ribalta nuovi patogeni che hanno condizionato lo sviluppo del comparto in alcuni Paesi agrumicoli".

"Negli anni 1860, l'arancio amaro salvò l'agrumicoltura mondiale - ricorda l'esperto - gravemente colpita dall'emergenza Phytophthora che falcidiò gli impianti, al tempo realizzati con piante franche di piede. Ma negli anni Trenta, in Sud America, il virus della Tristeza mise in evidenza il punto debole di questo portinnesto valoroso. La soluzione venne trovata nella lima di Rangpur che, a sua volta, evidenziò il problema exocortite, al tempo ritenuto patogeno solo per l'arancio trifogliato. La scoperta di altri viroidi allertò sull'impiego del macrofilla e degli ibridi di Poncirus solo se innestati con materiale di propagazione esente da infezioni. Ma altre minacce aleggiano o dilagano in altri Paesi, tutte fortemente legate al portinnesto".

"L'azione svolta dall'Organizzazione Internazionale dei Virologi degli Agrumi - continua Catara (qui in foto) - fece comprendere l'importanza della certificazione del materiale di propagazione e, in numerosi Paesi, furono create strutture specializzate nel controllo sanitario delle piante madri e nel risanamento dei cloni infetti, con significativi investimenti finanziari in risorse umane e attrezzature".

"Grazie, al nuovo modello operativo, si sono diffusi nuovi portinnesti che, nelle condizioni pedologiche in cui sono stati sperimentati, in combinazione con varietà esenti da virus, viroidi e fitoplasmi, hanno dato prestazioni eccellenti. Ma il loro impiego in condizioni diverse e in combinazione con materiale di propagazione differente dal punto di vista genetico e sanitario ha fatto emergere i loro limiti. Fra essi: butterature del tronco, desquamazioni e fessurazioni della corteccia, atrofia delle radici, disaffinità d'innesto, necrosi del floema e dello xilema. Patologie in larga parte causate da organismi patogeni sistemici che prevalentemente si trasmettono con il materiale di propagazione, alcune attraverso il seme, e non sono curabili con agrofarmaci. Il loro rilevamento esaustivo nel materiale di propagazione, possibile con tecnologie adeguate, eviterebbe investimenti improduttivi e uso inutile di agrofarmaci".

"Fra queste, le più performanti sono le tecnologie di sequenziamento NGS (o HTS) - conclude Catara - il cui impiego permette di sviluppare programmi di rilevamento di patogeni occulti, di sorveglianza territoriale, di certificazione del materiale di propagazione. Ma gli operatori hanno difficoltà ad accedere a questo tipo di servizi. Così, in molti casi, si continuano ad applicare tecnologie inadeguate alle esigenze che alcuni problemi richiedono, e che rimangono pertanto irrisolti. Invece, incoraggiare un accesso semplificato a tali servizi innovativi, erogati da strutture accreditate, creerebbe enormi benefici per gli imprenditori e per i tecnici, consentendo lo sviluppo sostenibile dell'intero comparto".