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L'avvocato Gualtiero Roveda commenta il recente declassamento dell'Italia nel rapporto Doing Business

Settore ortofrutticolo: la mano destra non sa cosa fa la sinistra

La Banca mondiale, ogni anno, pubblica il rapporto Doing Business, in cui analizza la disciplina normativa e fiscale che si applica alle imprese: dall'avvio di un'attività, fino all'accesso al credito, il commercio internazionale, il fisco, il registro dei titoli di proprietà, la tutela di chi investe. I Paesi sotto esame sono oltre 180. L'Italia, rispetto all'anno passato, è scesa dal cinquantunesimo al cinquantottesimo posto.

Ovviamente ciò si riflette anche sulla vita delle imprese del settore ortofrutticolo. Chiediamo all'avvocato Gualtiero Roveda, consulente di Fruitimprese, un giudizio sul quadro generale del settore.

FreshPlaza (FP): Il rapporto Doing Business 2020, di recente pubblicazione, vede l'Italia retrocedere dalla posizione numero 51 alla numero 58.
Gualtiero Roveda (GR): E' vero. Ciò significa che l'impatto di leggi, regolamenti e peso della burocrazia sulla vita delle aziende è peggiorato. Oltre a tutti i principali paesi occidentali ed europei, persino Macedonia del Nord, Rwanda, Romania, Kenya e Kosovo risultano più efficienti del nostro Paese. Se si guardano poi le singole categorie, i risultati evidenziati sono ancora più disastrosi: per quanto riguarda il peso della tassazione, l'accesso al credito e la risoluzione delle dispute commerciali, l'Italia si colloca oltre la centesima posizione.

FP: Quali sono i Paesi più virtuosi?
GR: In testa alla classifica ci sono Nuova Zelanda, Singapore, Stati Uniti, Danimarca, Gran Bretagna. In pratica, i Paesi in cui il modello anglosassone ha impresso una maggiore liberalizzazione al mercato del lavoro, e in cui è più facile aprire attività, costruire e dove, soprattutto, si pagano meno tasse.

FP: La globalizzazione e l'inefficienza del sistema Italia sono una combinazione micidiale per l'agricoltura.
GR: La crisi finanziaria iniziata nel 2008 ha evidenziato tutti i limiti di un modello di ordine economico affidato esclusivamente alla concorrenza fra imprese in mercati globalizzati. Il sistema deve essere revisionato dagli Stati. La concorrenza è uno strumento utile per raggiungere risultati di benessere collettivo, tuttavia deve essere contemperata con altri valori giuridicamente rilevanti, quali la tutela degli agricoltori, dei lavoratori, dello sviluppo sostenibile, etc. Nell'ambito della competizione tra Stati, è necessaria la presenza di un intervento pubblico di politica industriale e riequilibrio.

FP: Senza programmazione e correttivi istituzionali, la perdita di competitività delle imprese del settore è inevitabile.
GR: Certo. Se si hanno prezzi bassi all'origine e redditività calante non ci si può certo aspettare che le imprese investano, soprattutto se si opera in un Paese pregiudicato dalle inefficienze rilevate nel rapporto Doing Business.

FP: A suo giudizio, da che parte bisogna guardare per governare la questione?
GR: Per compiere scelte politiche, è necessario avere una visione corretta dello scenario su cui si deve operare. Allo stato dell'arte, ciò non è possibile. E' paradossale: siamo nell'era dei cosiddetti Big Data eppure nel settore ortofrutticolo italiano ed europeo, la mano destra non sa cosa fa la sinistra. Solo conoscendo i dati si possono operare scelte politiche ed è possibile effettuare programmazione per la frutticoltura regionale, nazionale ed europea. Oltre a un catasto nazionale ed europeo delle produzioni, sarebbe indispensabile conoscere e monitorare costantemente - in ambito UE - una serie di dati quali costo del lavoro, costo dei trasporti, costo della burocrazia, peso fiscale, accesso all'export. Si deve lavorare per eliminare le forme di concorrenza sleale tra imprese di Stati membri, originate dalle profonde differenze normative che sussistono nell'ambito della UE.

FP: Per quanto concerne l'export, c'è l'annosa questione dei dossier fitosanitari.
GR: Sarebbe quanto mai auspicabile ottenere che i protocolli commerciali verso Paesi extra UE siano univoci, a nome di tutta l'Unione. Sarebbe anche necessario avere uniformità nelle regole UE per quanto riguarda i trattamenti pre- e post-raccolta e sui prodotti di importazione. C'è da dire che il nuovo Ministro ha dimostrato di avere ben presenti tutte le criticità del sistema e di voler applicare un approccio intelligente e concreto ai problemi. Sono fiducioso del fatto che possa ottenere risultati positivi per il settore, se avrà tempo di lavorare e sostegno da parte delle forze politiche e sociali.