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Un docente universitario: mancano spiegazioni sui meccanismi di azione

Biostimolanti: molti sono validi ma altri di dubbia efficacia

Serve particolare attenzione quando si parla, si valuta e si acquistano biostimolanti. E' l'opinione di un docente universitario ("resto nell'anonimato perché sono già antipatico a molti", ci dice) che invita alla cautela e alla massima scientificità.

"Da un punto di vista normativo - afferma il docente - sono riconosciuti dalle legislazioni europee e sono quindi 'in regola' da quel punto di vista. Capita che alcuni prodotti siano registrati come concimi, ma il nome trae in inganno e suggerisce una difesa. Da un punto di vista dell'efficacia, esiste una grande quantità di lavori su riviste scientifiche serie che documentano efficacia su fronti alquanto disparati. Non parliamo solo di risposte 'statisticamente significative' ma di portata minuscola nel mondo reale. In più di un caso, ci sono effetti apprezzabili".

Il problema è che, a fronte di una grande quantità di lavori scientifici che documentano risposte, mancano lavori che illustrino le modalità di azione. Sarebbe necessario averne più dei secondi, che dei primi, ma in questo momento non avviene così.

"Molti biostimolanti come acidi umici, micorrize e altri hanno un ruolo riconosciuto e sono effettivamente positivi e vanno usati di più e meglio. Molte sostanze invece 'appaiono' dal nulla e vengono spinte con totale assenza di spiegazioni sul loro meccanismo d'azione. La legge, ripeto, è rispettata formalmente, ma fallisce nel garantire coloro che li utilizzano circa un effetto realmente misurabile. Da questo punto di vista, occorrerebbe stimolare con grande forza maggiori evidenze sui modi d'azione, più che sugli effetti".

"Invece - conclude il docente - perfino tra i ricercatori questa esigenza non è sentita: a me è capitato di valutare per una rivista scientifica internazionale un lavoro su un prodotto di una ditta tedesca, che ne parlava senza dichiarare cosa contenesse. L'unico effetto rilevato era un leggero incremento di contenuto di N nelle foglie, ma gli stessi autori dichiaravano che, pur non essendo nota la composizione del prodotto, era da ritenersi che questa sostanza apportasse N in misura non nota. Io ho rigettato il lavoro sulla base della considerazione di principio che non si può valutare l'effetto di un prodotto se non si sa cosa contiene. Mi stupì il fatto che il lavoro fosse stato accettato per essere valutato".