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Sempre meno lavoratori stagionali nei campi, stessa problematica da Nord a Sud

La difficoltà a trovare lavoratori stagionali cresce anno dopo anno. Dopo le recenti difficoltà registrate in diverse strutture ricettive nel trovare operai a tempo determinato da impiegare durante la stagione 2019, anche il comparto agricolo sembra incontrare le stesse problematiche. L'agricoltura è, infatti, il settore più strettamente legato alla stagionalità del lavoro, specie in un Paese, come il nostro, dove i territori non sono omogenei tra loro e prevedono caratteristiche pedoclimatiche, produzioni e tecniche agronomiche differenti.

Durante la scorsa primavera, proprio dal metapontino ci arrivavano alcune segnalazioni degli imprenditori i quali denunciavano la carenza di manodopera nella raccolta delle fragole, provocando così problemi di eccessiva maturazione dei frutti e, di conseguenza, la perdita di molto prodotto. I fragolicoltori lucani, presi già dalla crisi di mercato che attanagliava le aziende agricole in quei periodi, suggerivano diversi interventi mirati per reperire l'esatto numero di unità lavorative per ettaro, segnalando l'assenza di graduatorie/elenchi di lavoratori negli uffici di collocamento e l'eccessiva burocrazia per l'assunzione degli operai.

Nei mesi più avanti, la stessa situazione si è registrata per la raccolta delle albicocche e altre drupacee. Ora, la problematica sembra interessare anche altre regioni d'Italia. Diversi agricoltori fanno sapere che i prodotti stanno marcendo, complici anche le alte temperature di questi giorni.

In un articolo del Corriere del Veneto, si legge la testimonianza di Luigi Bassani, direttore Confagricoltura: "Ci sono decine di migliaia di residenti nelle liste di collocamento, ma hanno scarsa disponibilità a effettuare lavoro di manodopera nei nostri campi. Non escludo ci siano persone che sfruttano il lavoro: queste vanno perseguite. Ma sta di fatto che, all'ultima selezione, su 500 persone scelte al Collocamento, alla fine della formazione ce ne sono rimaste 15. Perché molti lavoretti in nero competono con le nostre paghe. Se la frutta e la verdura la vogliamo pagare sempre meno, non c'è margine per i lavoratori e gli imprenditori. Basterebbero 15 centesimi in più al chilo nel prezzo finale a garantire il prodotto locale".