In vista della 18ma Fiera Nazionale del Marrone che si terrà dal 14 al 16 ottobre a Cuneo (www.marrone.net), abbiamo intervistato la Dott.ssa Gabriella Mellano del Disafa che da oltre 10 anni si occupa di castagno.

"Nel 2005 - ci dice la docente - abbiamo concretizzato, grazie al supporto della Regione Piemonte, un'idea di cui si parlava da anni nell'ambito di comunità montane, Università di Torino e enti locali: le attività del Centro Regionale di Castanicoltura (www.centrocastanicoltura.unito.it) sono iniziate con la realizzazione di una collezione di circa 130 cultivar provenienti da diverse regioni italiane e da Francia, Spagna, Portogallo, Giappone, ecc.. L'arboreto-collezione si trova presso il vivaio regionale Gambarello di Chiusa Pesio (CN)".
"In questo arboreto, abbiamo una buona rappresentanza di quella che è la biodiversità locale con varietà sparse sulle nostre montagne, ma sono anche presenti gli ibridi euro-giapponesi che si prestano a una coltivazione più intensiva paragonabile alla frutticoltura moderna".
"Trasformare il castagno da una produzione di boschi talvolta quasi abbandonati a una frutticoltura moderna con impianti intensivi a filari con una gestione di sottofila, interfila, irrigazione a goccia, potature controllate è la nostra nuova sfida. Al momento nei nuovi impianti si stanno piantumando l'ibrido euro-giapponese Bouche de Bétizac che resiste al cinipide, è di facile gestione, produce frutti grandi e valutati bene sul mercato e adatti alla trasformazione. Il nostro gruppo di ricerca coordinato dal prof. Gabriele Beccaro sta comunque valutando anche fra le antiche varietà di Castanea sativa quelle che potrebbero essere più adatte per una frutticoltura moderna che possono essere produttive sia quantitativamente sia qualitativamente".

Foto di: Maineri Teresa
In Piemonte si contano circa 200mila ettari investiti a castagno, però solo circa 10.000 sono descritti come "castagneti da frutto" e di questi solo la metà sono tuttora gestiti e curati dai castanicoltori che rinnovano il bosco con piante giovani, mettendo a dimora varietà locali come il Garrone rosso, Marrone di Chiusa Pesio, Marrone della Val Susa, ecc.
Gli impianti di ibridi, ubicati principalmente in pianura, sono più gestibili da un punto di vista agronomico ed è possibile la meccanizzazione tipica dei frutteti moderni, in questo caso le piante hanno un altro portamento, ma hanno anche un diverso valore paesaggistico.
La prof.ssa Mellano continua: "In questo contesto, noi ricercatori possiamo intervenire in entrambe le tipologie produttive. I boschi devono essere gestiti con potature oculate, il sottobosco deve essere mantenuto correttamente con apporti di sostanza organica e l'impianto deve essere rinnovato con piante nuove di Castanea sativa. Il castanicoltore deve conoscere l'intero ecosistema del castagneto per preservarne l'equilibrio e poter beneficiare della sua multifunzionalità. Gli impianti di ibridi della pianura devono invece essere gestiti con pratiche colturali tipiche di un frutteto moderno".

L'arboreto-collezione di biodiversità ha anche finalità di ricerca: la grande produzione di castagne ottenuta l'anno scorso si sta standardizzando e quest'anno, su una settantina di varietà, si effettueranno analisi chimico-fisiche, sensoriali e nutrizionali.
Dal punto di vista sensoriale, il castagno è molto curioso; le tantissime varietà hanno caratteristiche qualitative organolettiche molto diverse: si va dalle differenze più macroscopiche (pezzatura, striatura di colore) fino alla facilità di sbucciatura, aspetto non solo tecnico, ma anche edonistico che incide sul gradimento del consumatore. Verranno analizzate le caratteristiche di struttura (croccantezza, farinosità e durezza) che non dipendono solo dal grado di cottura, ma anche alla varietà, la dolcezza e l’aromaticità che determinano la tipologia di lavorazione del frutto.
Sicuramente la castagna è un buon frutto su cui puntare, anche se a livello di coordinamento di filiera c'è ancora molto da fare. La docente sottolinea: "E' un buon frutto perché sposa diverse filosofie alimentari (dal biologico alla celiachia), inoltre la crescente consapevolezza dei consumatori verso i super food può solo incrementare il consumo di castagne. Senza dimenticare il valore paesaggistico dell'albero e dei boschi che fa parte della qualità ambientale delle zone castanicole per eccellenza.
"Il castagno è una pianta difficile, presenta molte criticità che però, di solito oltrepassa con tenacia: superata la problematica cinipide, rimangono il cancro corticale, le influenze ambientali e altre problematiche; ci sono sempre molte concause che colpiscono questa pianta, ma mi pare sia molto più coraggiosa, resistente e ricca di risorse di quanto non si creda".
Contatti:
Gabriella Mellano
Dipartimento di Scienze Agrarie , Forestali e Alimentari - Disafa
L.go Braccini 2
10095 Grugliasco (TO)
Email: gabriella.mellano@unito.it