Il numero di figli medi per donna, nel nostro Paese, è di 1,35 al 2015, che si conferma il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità. L'età media delle donne al momento del parto è salita a 31,6 anni.
Il tasso di mortalità, pari al 10,7 per mille, è il più alto tra quelli misurati dal secondo dopoguerra in poi (653mila morti nel 2015, +54mila rispetto al 2014, pari al +9,1%). L'aumento di mortalità risulta concentrato nelle classi di età molto anziane (75-95 anni). Il picco è in parte dovuto a effetti strutturali connessi all'invecchiamento generale della popolazione italiana.
E, infatti, l'Italia invecchia: 13,4 milioni di over 65, pari al 22% del totale. In diminuzione risultano sia la popolazione in età attiva (15-64 anni) sia quella fino a 14 anni di età. La prima scende a 39 milioni, il 64,3% del totale, la seconda comprende 8,3 milioni di ragazzi e rappresenta il 13,7%.
La popolazione di cittadinanza italiana scende a 55,6 milioni, conseguendo una perdita di 179 mila residenti. Fa riflettere anche un altro dato: diminuisce la speranza di vita alla nascita. Per gli uomini si attesta a 80,1 anni (da 80,3 del 2014), per le donne a 84,7 anni (da 85).
Secondo il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: "Le culle vuole sono il principale problema economico del paese. Sono dati impressionanti, ma molto conosciuti. I demografi ne parlano da più di 10 anni ma solo ora ora che la curva è cosi scesa ne ha consapevolezza anche l'opinione pubblica".
Cosa ci dicono questi dati?
Certamente nulla di buono. Una società che invecchia è una società senza prospettive di sviluppo. La piramide demografica, che dovrebbe vedere una larga base di nuovi nati per un vertice di anziani, sta capovolgendosi. Una base sempre più esigua di ragazzi e giovani adulti dovrà sostenere un'enorme massa di popolazione che fuoriesce sistematicamente dalla vita attiva (benché anche questa sia stata - com'era inevitabile - allungata dalle recenti riforme pensionistiche).
La "piramide demografica" rovesciata italiana. Clicca qui per un ingrandimento.
D'altra parte, le maggiori risorse di reddito non sono appannaggio delle generazioni più giovani (altrimenti vedremo tantissime giovani coppie correre a fare figli); ciò fa degli adulti e degli anziani le classi di consumatori più significative, in Italia.
L'offerta di prodotti e servizi, nel nostro Paese, va dunque necessariamente orientata in primis a questo macro-target. Ma potrebbero esserci ampi terreni tutti da esplorare nel target giovanile, o in quello della terza età avanzata, per chi avrà il coraggio di ideare soluzioni alla loro rispettiva portata.
La diminuzione della speranza media di vita, infine, ci dice che la qualità del vivere sta deteriorandosi, nel nostro Paese. Quanto le abitudini alimentari stiano pesando, in questo senso, solo ulteriori indagini potranno chiarirlo.