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Presidente della OP Eur.O.P.Fruit e coordinatore del Comitato tecnico Kiwi dell’OI

"Pietro Fabbri: "Erga omnes del kiwi? Un ostacolo non per chi produce qualita', ma per chi ritiene di speculare commercialmente"

In merito all'articolo apparso su FreshPlaza il 17 novembre 2014 (Francesco Sorace: "Per il kiwi, l'erga omnes è un ostacolo alle nostre esportazioni"), Pietro Fabbri (foto a lato), presidente della OP Eur.O.P.Fruit e coordinatore del Comitato tecnico Kiwi dell'OI ci chiede di intervenire.

"Sorace afferma che il regolamento Erga omnes Kiwi è assolutamente penalizzante in quanto, secondo il suo parere, contempla la data del 27 ottobre 2014 come inizio della commercializzazione, penalizzando così le zone dove il prodotto risulta essere precoce. Faccio presente - scrive Fabbri - che il regolamento Erga omnes non prevede alcuna data di inizio commercializzazione e, nello stesso tempo, la zona produttiva cui si fa riferimento, notoriamente dal clima caldo, non risulta essere certamente un'area dove il kiwi raggiunge i parametri di maturazione in maniera precoce".

"Oltre a ciò, vi sono inesattezze in riferimento alle durezza, infatti il Reg. UE 543/2011 non prevede parametri di durezza mentre il regolamento Erga omnes prevede durezza per il prodotto kiwi da 3 a 5 kg con tolleranza di 1 kg per esportazioni oltremare e Russia e da 2 a 3,5 kg con tolleranza di 1 kg per destinazioni UE-28 ed extra UE-28 - continua Fabbri - L'OI non vuole riscrivere i gusti del consumatore né vuole imporre ai consumatori i propri parametri. Chi afferma questo, indirettamente evidenzia il fatto che forse i valori di durezza del suo prodotto sono molto più alti".

"Non vorrei che quando si afferma che i clienti vogliono un prodotto diverso, con ciò intendendo più duro, ci si riferisca non alle esigenze del consumatore finale, ma alle esigenze degli operatori della filiera che per timore, dovendo gestire la distribuzione del prodotto e gli stoccaggi, pretendono un prodotto duro che rimanga tale anche quando viene acquistato dal consumatore nel punto vendita".

"Voglio ricordare inoltre che le zone notoriamente più calde non sono certamente precoci nel raggiungimento dei Brix dei frutti di kiwi e lo sono ancora meno quando prima della maturazione fisiologica vi sono periodi di clima con temperature alte. Quando si afferma che il regolamento Erga omnes risulta scomodo e antipatico, ritengo che se davvero lo fosse, lo sarebbe verso chi vuole speculare nel mercato. I parametri di scarsa qualità del kiwi delle spedizioni precoci lo dimostrano".

Al di là di queste considerazioni, il coordinatore del Comitato tecnico Kiwi evidenzia il fatto che la coltura del kiwi, già molto importante, potrebbe crescere ulteriormente in termini di volumi dal punto di vista produttivo in molte zone italiane, che risultano adatte alla coltivazione per le buone caratteristiche pedoclimatiche; per ottenere questo è però indispensabile far crescere i consumi di kiwi da parte di chi già lo acquista già e conquistare nuovi consumatori di nuovi mercati, dove il prodotto italiano è poco presente.

"Al consumatore che per mesi ha acquistato ed apprezzato un prodotto neozelandese trovandolo dolce, sodo al punto giusto ed equilibrato come sapore, è necessario offrire un prodotto italiano che non faccia rimpiangere quello estero. Si vuole ottenere l'obiettivo che il consumatore che acquista il kiwi italiano possa ricomprarlo e questo può accadere solo se gli si offre un prodotto di qualità e non un prodotto frutto di speculazione commerciale e di noncuranza nei confronti delle sue caratteristiche qualitative".

Fabbri sottolinea che il regolamento OI non vuole penalizzare nessuna area produttiva del nostro paese, ma vuole solo contribuire a valorizzare il prodotto italiano.

"Come si può pensare che non sia necessario regolamentare la qualità del prodotto? In Europa 24 o 48 ore di trasporto per destinare i frutti nei vari mercati non giustificano una durezza del frutto alla partenza di 7 o 8 kg, non giustificano un prodotto con soli 7 o 8 gradi Brix. Come si può pensare che il consumatore svizzero, inglese o tedesco possa rimanere soddisfatto di un kiwi con questi valori? Chi detiene il prodotto alla produzione deve preoccuparsi in quali condizioni qualitative questo verrà presentato quando verrà a contatto col consumatore finale; molti operatori credono erroneamente che le condizioni qualitative del prodotto presente nel punto vendita sia un problema solo di quest'ultimo. Come il consumatore percepisce la qualità del prodotto diventa ed è sempre un problema di chi detiene il prodotto alla produzione".

"Il futuro del kiwi italiano è legato inevitabilmente alla qualità del prodotto, così come lo sono lo sviluppo del consumo e i risultati economici per le aziende agricole", conclude Pietro Fabbri.
Data di pubblicazione: