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I Fagioli Slow Food dal centro al sud Italia

Al Salone del Gusto di Torino, edizione 2014, abbiamo visitato diversi presidi Slow Food fra cui quelli dedicati ai fagioli. Come anticipato nelle edizioni precedenti, oggi vi diamo informazioni su "Fagiolo rosso di Lucca" (Regione Toscana), "Fagiolina del Trasimeno" (Regione Umbria), "Fagiolo rosso scritto del Pantano di Pignola"(Basilicata), "Fagiolo cosaruciaru di Scicli" (Regione Sicilia).

Fagiolo rosso di Lucca
Rosso di Lucca, Aquila o Lupinaro, Cannellino di San Ginese, Malato, Mascherino sono solo alcuni dei nomi con cui sono conosciuti da secoli i fagioli della Lucchesia, un variegato insieme di ecotipi e varietà, che hanno caratterizzato la storia agricola alimentare della piana di Lucca e delle sue propaggini collinari. Il profondo radicamento di questa coltivazione nel territorio lucchese è testimoniato dai numerosi piatti della cucina locali che li utilizzano, dalle zuppe e minestre ai secondi fino all’abbinamento come contorno di carne, pesce ed ortaggi.

Il fagiolo rosso di Lucca veniva prodotto nelle aree fertili della piana in terreni di medio impasto, tendente al sabbioso e, in particolare, a Lucca e Capannori nei terreni vicini ai corsi d’acqua in consociazione con il mais. Il profumo ed il sapore intenso e deciso uniti alla morbidezza della pasta lo rendono ideale per i primi piatti della tradizione lucchese (minestre e zuppe di fagioli). Purtroppo negli ultimi decenni questo tipo di cucina era stata progressivamente abbandonata dalla popolazione e dalla ristorazione locale perché ritenuta troppo povera e di poco interesse. Tutto ciò unito agli elevati costi della coltivazione tradizionale, caratterizzata da scarsa meccanizzazione, aveva disincentivato la coltivazione, ormai relegata ad hobbisti e destinata quasi esclusivamente all'autoconsumo.


Giovanni Giovannoni, Presidente dell'Associazione "Il Rosso e i suoi fratelli" per la coltivazione dei fagioli della Lucchesia.

Al contrario, negli ultimi anni, il crescente interesse dei consumatori verso i legumi ed i piatti della tradizione ha permesso di avviare progetti di recupero della semente e della coltivazione. Un attento lavoro di cernita e selezione ha consentito di riportare il seme relativamente in purezza e di valorizzare il lavoro di alcuni coltivatori appassionati che hanno mantenuto in questi anni la semente del rosso di Lucca e di altre varietà. Ci sono voluti oltre tre anni di lavoro dell’Associazione degli agricoltori custodi e l’aiuto della Banca del Germoplasma della Regione Toscana per fare un lavoro di ricerca, in cui sono state recuperate 17 varietà storicamente coltivate in Lucchesia.

Oggi queste varietà vengono messe in coltivazione da alcuni produttori delle campagne lucchesi, tra cui i 10 specializzati in fagiolo rosso e soci della Cooperativa l’Unitaria (Porcari, Lucca), una realtà che riunisce 50 orticoltori della zona. I produttori hanno dato vita all’associazione ‘il Rosso e i suoi fratelli’ ed ogni stagione si impegnano a moltiplicare le varie tipologie di fagioli e a coltivarle senza interventi chimici. Un patrimonio collettivo che si vuole riportare sul mercato, incentivando anche la ristorazione locale a proporre i piatti della tradizione lucchese a base dei fagioli storici del territorio.

Fagiolina del Trasimeno
La Fagiolina del Trasimeno è un legume appartenente alla specie Vigna unguiculata introdotta nei terreni attorno al lago Trasimeno fin dall'antichità, la cui coltivazione è continuata fino al 1970-80, quando è quasi scomparsa, a seguito di un intenso spopolamento delle campagne. Inoltre, trattandosi di una coltivazione lunga, faticosa ed in gran parte manuale, dalla raccolta alla battitura, è stata progressivamente abbandonata e sostituita da quella del fagiolo americano, molto più produttivo e meccanizzabile.



La maturazione della fagiolina è scalare e questo costringe i produttori ad una raccolta giornaliera e manuale dei baccelli essiccati. Infatti quelli non raccolti, si aprono ad elica lasciando cadere il piccolo seme a terra. La raccolta va da fine luglio ad ottobre. E' un legume di aspetto simile al fagiolo, con forma ovale e minuscola e può essere di vari colori: il più diffuso è il chiaro, ma c'è anche color salmone, nero, rosso e marrone, con presenza di screziature o con l'occhio di vari colori. In bocca è tenero, burroso e particolarmente saporito. La fagiolina in cucina si presta alla preparazione di numerose ricette, dalle zuppe al contorno di secondi, non avendo bisogno dell’ammollo prima della cottura, risulta veloce e facile da cucinare; bastano appena 45 minuti dal momento del bollore per cuocerla.

Si tratta di una realtà molto limitata: la struttura delle aziende agricole è di tipo familiare ed il numero di produttori si conta sulle dita di una mano. La produzione è molto limitata, si ricavano solamente 90 kg di prodotto ogni 1000 metri di terreno. Il presidio Slow Food sta lavorando per fare conoscere questo legume, permettendogli di uscire dal mercato locale, oggi infatti la vendita è prevalentemente diretta.

I produttori, che raccolgono ancora manualmente questo legume policromatico, si sono riuniti in un Associazione e si sono dotati di un disciplinare di produzione nel rispetto della biodiversità, dell'ambiente e del consumatore, infatti il prodotto non viene venduto sfuso ma solo in confezioni contrassegnate dal simbolo Presidio Slow Food, che aiuta a distinguere la Fagiolina da altre produzioni che si trovano sempre più spesso in commercio.

Fagiolo rosso scritto del Pantano di Pignola
E' una coltura conosciuta da tempo, se ne ha traccia già fra il 1500 e 1600, quando fu importata dagli spagnoli, e precisamente, dalle Americhe. Il fagiolo americano attecchì ottimamente nelle terre della Basilicata e, come risulta dai documenti del XVI-XVII secolo degli ordini conventuali, il quantitativo annuale medio disponibile per la dieta per singolo religioso era di 24 kg.

I terreni coltivati si trovano nel comune di Pignola (provincia di Potenza) nella conca del Pantano, in cui viene coltivato il fagiolo rosso scritto. I terreni al di sopra dei 600 m slm sono fertili, ricchi di sorgenti d'acqua, prevalentemente argillosi e si trovano in un ambiente tipicamente montano-mediterraneo.


Azienda agricola Bianconi Giovanni, produttore del Fagiolo Rosso Scritto del Pantano di Pignola.

Il fagiolo rosso scritto del Pantano di Pignola si arrampica su tutori in legno di canna superando i 2 metri di altezza. I baccelli sono di color porpora e contengono semi di colore crema con striature rosso scuro, da cui si spiega il nome ‘rosso scritto’.

I fagioli, selezionati e conservati dal produttore, si seminano la prima metà di maggio, la coltivazione si irriga e per la concimazione si utilizzano residui organici. Le malerbe sono controllate manualmente e con zappatrice, e, quando necessario, si utilizzano prodotti registrati per l'agricoltura biologica per il controllo di malattie ed insetti. I fagioli si raccolgono manualmente nel mese di ottobre, quando la pianta è completamente essiccata, per difendere i semi da insetti si conservano in congelatore per alcuni giorni.

Attraverso il lavoro di selezione e caratterizzazione morfologica della semente svolto negli anni passati con il coinvolgimento di tutti i coltivatori rimasti in zona e dell'ALSIA Basilicata (Agenzia Lucana di Sviluppo e Innovazione in Agricoltura) si è potuto giungere al recupero dell’ecotipo. I produttori oggi sono riuniti in un'associazione di coltivatori custodi, dotati di un proprio disciplinare di produzione e di un marchio che contraddistingue il Fagiolo rosso scritto. Il presidio Slow Food è sostenuto dai fondi raccolti con il progetto "Alleanza tra i cuochi e i Presidi Slow Food 2012".

Fagiolo cosaruciaru di Scicli
La città di Scicli, nella parte sud-orientale della Sicilia, è uno splendido esempio di tardo barocco, segnalato nella lista del Patrimonio dell'Umanità. La sua economia si fonda quasi totalmente sull’agricoltura intensiva, come tutta la pianura ragusana, le cui primizie orticole hanno fatto la fortuna di questa provincia, la più ricca dell’isola. Accanto alle colture più ricche (agrumi, ulivi, vigneti, mandorleti, carrube) un gruppo di agricoltori scicliani ha custodito una varietà di fagiolo: il cosaruciaru (in dialetto "cosa dolce") riconoscibile per via del colore bianco-panna con piccole screziature marroni intorno all'ilo. La sua coltivazione risale all’inizio del '900, quando il cosaruciaru aveva il suo peso nell’economia agricola locale. Al tempo, gli era riservata un'area speciale, "le cannavate", caratterizzata da terreni alluvionali, freschi e permeabili, localizzati lungo il torrente Modica-Scicli.


Presidio Slow Food del Fagiolo Cosaruciaru di Scicli.

I coltivatori, detti ciumarari da ciume (cioè fiume in siciliano), nel periodo del raccolto portavano questo fagiolo su carrettini e lo vendevano ai negozi locali spuntando un buon prezzo, allora si vendeva in grandi sacchi di juta presenti in tutti gli alimentari della città, poi è quasi totalmente scomparso e solo alcuni affezionati lo hanno coltivato per autoconsumo. Il cosaruciaru è una pianta annuale non rampicante con due cicli produttivi di cui uno primaverile-estivo che serve a produrre seme fresco utilizzato poi per la semina del periodo autunnale.

Il presidio ha riunito gli agricoltori che ancora coltivavano il cosaruciaru, è stato redatto un disciplinare di produzione che garantisce la conservazione e la coltivazione sostenibile del cosaruciaru. I semi sono conservati e riprodotti dagli stessi contadini del Presidio. Il progetto di recupero del cosaruciaru è stato avviato grazie alla collaborazione della locale Sezione Operativa dell’Ente di Sviluppo Agricolo ed al sostegno dell’Assessorato Regionale delle Risorse Agricole e Alimentari, ed intende valorizzare la coltivazione del fagiolo in pieno campo, riaffermare una tradizione locale che sembrava scomparsa e fare in modo che diventi un’opportunità per gli agricoltori sensibili alla qualità delle produzioni ed alla conservazione della biodiversità.

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