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Kiwi: i costi della batteriosi e i vantaggi di un Catasto nazionale

Nell'ambito del progetto Interact - finanziato dal Ministero delle Politiche agricole e coordinato dal CRA per arrivare a una strategia nazionale che contrasti la diffusione del cancro batterico dell'actinidia- il CSO-Centro servizi ortofrutticoli di Ferrara prosegue nello studio sulle ricadute economiche della batteriosi in termini di costi di produzione.



Secondo quanto esposto da Luciano Trentini durante la presentazione dei dati a Macfrut 2014, la valutazione del danno economico è stata calcolata in termini di maggiori costi di produzione derivanti dalla batteriosi. In più, è stato anche quantificato il valore del soprassuolo, relativamente ai singoli anni di produzione, per conoscere l'entità economica del danno conseguente a un eventuale abbattimento dell'impianto.

Sono state indagate le principali aree in cui si concentra la produzione di kiwi a livello nazionale, quindi: Piemonte (provincia di Cuneo), Veneto (Verona e Rovigo), Emilia-Romagna (Ravenna), Lazio (Latina) e Calabria (Reggio Calabria).

La presenza del batterio Psa determina prevalentemente due fonti di aggravio dei costi di produzione, da un lato la prevenzione per contrastare lo sviluppo della malattia (trattamenti fitosanitari, modifiche negli apporti nutritivi, potature più attente e accurate, con eventuale copertura delle ferite da taglio, rimozione delle piante o di parti di piante colpite, controllo e sorveglianza dell'impianto) e, dall'altro lato, l'eventuale diminuzione delle rese unitarie.

Le reazioni delle aziende alla batteriosi possono essere molto diverse: da una totale indifferenza fino a forme di prevenzione estremamente attente. I costi calcolati sono riconducibili alle tecniche adottate con maggiore frequenza, con particolare riferimento alle linee di difesa suggerite dai tecnici dei grandi gruppi produttori. I costi così calcolati si riferiscono pertanto alla situazione prevalente in ciascuna area e non a un dato medio.

Lo studio ha preso in considerazione 5 situazioni:
  1. Costi medi di produzione sostenuti dalle imprese in assenza di batteriosi (N)
  2. I costi medi includono i maggiori oneri previsti dai sistemi di difesa e prevenzione, ma l'azienda non subisce alcuna riduzione di resa (0)
  3. L'impresa mette in atto sistemi di difesa e prevenzione e subisce una diminuzione della resa unitaria del 5% (-5)
  4. L'impresa mette in atto sistemi di difesa e prevenzione e subisce una diminuzione della resa unitaria del 10% (-10)
  5. L'impresa mette in atto sistemi di difesa e prevenzione e subisce una diminuzione di resa del 15% (-15). Oltre questa soglia l'aggravio è tale da giustificare l'abbattimento dell'impianto.
Tutta la manodopera necessaria alla gestione degli impianti è stata computata nel costo pieno all'impresa.

Trentini ha quindi presentato i risultati per i principali areali produttivi nazionali: Piemonte, provincia di Verona, Emilia-Romagna e Lazio.


I costi di produzione di kiwi per singolo areale produttivo a confronto. Anno 2013. (Clicca qui per un ingrandimento).

A seconda delle aree, si registrano differenze importanti: se, ad esempio, al Nord il costo per ettaro più elevato è a Verona, dovuto alla manodopera e alla quota di ammortamento impianto, a Ravenna incidono in modo importante le materie prime. Il costo al kg vede invece Cuneo allinearsi a Verona per via delle rese medie per ettaro più basse. Latina ha costi di produzione/ha simili al Nord, ma con una resa nettamente più elevata. Molto competitiva l’area della Calabria.

A parità di resa produttiva (dalla situazione 0 alla situazione N), nel caso di Hayward l'aggravio di costo va da un minimo di 400 euro/ha in Calabria, fino a un massimo di 2.000 euro/ha in Emilia-Romagna. Per le cultivar a polpa gialla, più sensibili alla malattia, l'aggravio può arrivare anche a 2.500 euro/ha. Nelle ipotesi successive il costo/ha tende a diminuire lievemente a causa della diminuzione di resa.

Più nel dettaglio, in Emilia-Romagna e in Lazio si registra un consistente aumento soprattutto per le materie prime, in particolare degli agrofarmaci nella prima e dei fertilizzanti nel secondo; in Piemonte è soprattutto la manodopera a crescere in modo apprezzabile.


Determinazione dei maggiori costi di produzione €/kg. Anno 2013. (Clicca qui per un ingrandimento).

Il costo per kg di prodotto (sempre varietà Hayward) varia da +0,18 euro di Ravenna a +0,07 euro in Calabria. Il dato mediato per Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna indica un intervallo di prezzo tra 0,43 e 0,70 euro/kg. In queste aree produttive è evidente una situazione di sofferenza già a partire da una riduzione di resa del 10%.

Nelle aree del Centro-Sud Italia (dato mediato per Lazio e Calabria), l'intervallo di prezzo va da 0,30 a 0,60 euro/kg. In queste realtà si registrano margini più rassicuranti ma solo se i prezzi si mantengono su livelli medio-alti.

Valore del soprassuolo
In un'ottica di impianto gravemente compromesso e non più economicamente sostenibile, per il quale sia necessario l'abbattimento, lo studio ha valutato anche il valore economico dell'impianto sano di actinidia (valore del soprassuolo), visto che le colture arboree sono caratterizzate da un ciclo produttivo poliennale con redditi annui variabili.

L'indagine ha considerato tutte le fasi di vita dell'impianto: impianto e allevamento (le spese sono superiori al valore delle produzioni); incremento (il valore delle produzioni è superiore alle spese e presenta una andamento crescente); maturità (il valore delle produzioni è superiore alle spese e presenta un andamento costante); decremento (il valore delle produzioni è superiore alle spese ma presenta un andamento decrescente).

Gli impianti assumono valori anche sensibilmente differenti in funzione degli aspetti tecnico-economici che li contraddistinguono, come la resa produttiva e la durata dell'investimento. Nei primi anni di vita dell'actinidieto, però, è la presenza o meno di un impianto antigrandine a determinare un apprezzabile innalzamento del valore che pertanto può variare da circa 35.000 euro/ha a valori massimi di 50-60.000 euro/ha. In tutti i casi, gli ultimi 5 anni di vita dell’impianto (eccetto quelli di kiwi a polpa gialla) presentano valori inferiori a 10.000 €/ha.

Obiettivo Catasto
Con la collaborazione delle Op e Aop, oltre che delle Regioni, il CSO sta anche continuando la rilevazione dei dati nelle aziende produttrici di kiwi. Al momento sono stati mappati circa 14.000 ettari su un totale di 23.000, pari a un 60% circa delle superfici, e rilevate 5.503 imprese. Per terminare la rilevazione dei dati del catasto c'è ancora un anno di tempo.



L'età media degli impianti è di 15 anni, con gli estremi di Piemonte (17,3 anni, e una percentuale di impianti sopra i 20 anni del 43%) e Friuli (16,9 e il 41% sopra i 20 anni di età) da un lato e Calabria (12,4) dall'altro.

Per quanto riguarda la distribuzione varietale, Hayward è la varietà predominante anche se, dopo la "sfuriata batteriosi", il kiwi a polpa gialla sta tornando a crescere: in Lazio rappresenta il 6,8% della produzione, in Emilia-Romagna il 4,4% e in Calabria il 4,3%.

"In un sistema che tende ad aumentare incessantemente le proprie produzioni - ha dichiarato a FreshPlaza Trentini - e con una logistica che avvicina sempre più i mercati globali, poter disporre di un Catasto nazionale del kiwi è elemento indispensabile per la programmazione produttiva e commerciale e, quindi, lo sviluppo di una frutticoltura che sappia entrare sui mercati in modo organizzato e sostenere il reddito dei produttori".

"Oltre al Catasto kiwi, che speriamo possa essere terminato in tempi brevi - ha concluso Trentini - dovremmo arrivare a mappare anche altri prodotti, in particolare quelli altamente deperibili e ad alto rischio di crisi".