Batteriosi dell'actinidia: a proposito di rame ed antibiotici in Nuova Zelanda
"L'utilità e l'efficacia dei sali di rame nel contrastare i differenti batteri agenti di malattia su piante di actinidia e cioè, Pseudomonas viridiflava (Pv), P. s. pv. syringae (Pss) e P. s. pv. actinidae (Psa), in Italia è nota da molti anni. Anche se nel passato questa frutticola non ha manifestato problematiche fitosanitarie così di rilievo come l'attuale causata da Psa ed il rame è stato usato sporadicamente, e solo durante il periodo invernale, dall'inizio degli anni 90, all'incrementare dei danni causati soprattutto da P. viridiflava (responsabile della maculatura batterica dell'actinidia), abbiamo ripetutamente sperimentato e divulgato la possibilità d'impiegare il rame (solfato, ossicloruro, idrossido, nitrato) durante l'intera stagione vegetativa per un contenimento delle batteriosi dell'actinidia. Rispettando i dosaggi in etichetta, ed intervenendo quando necessario, e quindi in concomitanza di situazioni climatiche/colturali favorevoli a questi microrganismi (gelate, ritorni tardivi di freddo, violenti temporali, grandinate, ripresa vegetativa, potature), è possibile contrastarli efficacemente, incluso Psa".
"L'impiego del rame non è ovviamente risolutivo ma, se applicato con costanza, tempestività e nel rispetto dei dosaggi, non pone problemi di fitotossicità, risultando di valido aiuto".
"In merito alla possibile insorgenza di forme di resistenza al rame su actinidia da parte di Psa (come di Pv e di Pss), in Italia non si registrano forme di resistenza; il rame svolge azione preventiva, di contatto e copertura, ed è pertanto fondamentale impiegarlo con costanza ed oculatezza, per evitare una penetrazione (infezioni e reinfezioni) di Psa all'interno delle piante di actinidia".
"Il rame non ha attività sistemica, e quindi non influenza Psa una volta che questo batterio è penetrato all'interno della pianta dove, svolge la quasi totalità del proprio ciclo biologico".
"In Italia dal 2008 quando abbiamo rinvenuto Psa, su questi aspetti, sono stati compiuti dei progressi, sia rispetto all'attività/utilità preventiva del rame anche durante la stagione vegetativa sia, tramite la sperimentazione e quindi la registrazione di un agrofarmaco (ad oggi unico in EU contro Psa) contenente un antagonista naturale (un ceppo di B. amyloliquefaciens subsp. plantarum), in grado di colonizzare e di proteggere da Psa sia gli organi fiorali sia, durante l'intera stagione, anche in miscela al rame, a protezione dei differenti organi vegetativi".
"Molti aspetti restano da studiare, chiarire, approfondire, e sicuramente nel prossimo futuro ulteriori studi permetteranno di migliorare le conoscenze relative a questo batterio come di sviluppare ulteriori strategie di lotta ad esso ma, nello specifico, l'approccio della ricerca e della sperimentazione 'Made in Italy' dovrà essere sempre indirizzato per salvaguardare gli impianti di actinidia proteggendo l'intero ecosistema mediante strategie di difesa fitosanitaria a basso impatto ambientale".
"In Nuova Zelanda, proprio in questi giorni (Kiwifruit Journal Jan/Feb 2014), ad oltre 3 anni dal rinvenimento e poi dall'ampia diffusione di Psa, ci si domanda se è opportuno o meno impiegare il rame anche durante la stagione vegetativa".
"Mentre in un primo momento, in NZ l'impiego dei sali di rame è stato considerato un approccio non opportuno nella lotta contro Psa, si è poi (ri)sperimentato quanto già verificato in passato in Italia. Addirittura sono stati sperimentati anche più di 10 trattamenti con sali di rame durante una sola stagione vegetativa, ed il loro impiego/efficacia (confrontato ad antibiotici ed altro), ha sempre evidenziato la miglior protezione a Psa, e senza causare problemi di fitotossicità".
"Recentemente, mediante un nuovo e corposo supporto finanziario (12 milioni di $) in NZ sono previste differenti attività di studio rispetto a Psa e, tra queste, si continuerà ad investigare anche su questi aspetti".
"In Italia da tre anni si può intervenire con formulazioni a base di rame autorizzate anche durante la stagione vegetativa e, pertanto, è quindi possibile proteggere le piante da Psa anche durante momenti/fasi particolarmente a rischio d'infezione/reinfezione".
"In riferimento alla registrazione in Nuova Zelanda di agrofarmaci contenenti antibiotici (streptomicina, kasugamicina) e del loro impiego su piante di actinidia per la lotta contro Psa con il rischio di sviluppare una resistenza ad essi da parte di questo batterio, gli aspetti da considerare sono molteplici".
"Gli antibiotici, e loro derivati, sono delle molecole che vengono assimilate e trasferite tra i batteri presenti in natura (fitopatogeni e non), ed assorbite dai tessuti vegetali di piante coltivate e non. Il loro impiego in agricoltura nell'UE è vietato mentre, per il controllo di batteri fitopatogeni fuori dall'Europa, l'utilizzo degli antibiotici ha sempre determinato l'insorgenza di forme di resistenza, senza risolvere il problema. Nel tempo, dove autorizzati (Stati Uniti, Africa, Asia, America Latina, Nuova Zelanda) per combattere differenti batteri agenti di malattia su diverse specie da frutto ed ortive, lo sviluppo di popolazioni batteriche antibiotico-resistenti ha poi 'obbligato' ad incrementarne i dosaggi come a miscelarne di differenti e, Psa, come documentato (in Corea ed in Giappone dove vengono impiegati antibiotici per controllare questo batterio, sono state isolate popolazioni di Psa antibiotico-resistenti), non fa eccezione".
"In pratica, queste "terapie" eliminano tutti i batteri non resistenti agli antibiotici determinando così una mancanza di competizione che permette solo a quelli divenuti resistenti di moltiplicarsi velocemente. Quindi, i batteri sopravvissuti dopo il trattamento iniziale sono in grado di duplicare specifiche aree del loro genoma contenenti differenti geni coinvolti nel conferimento della resistenza agli antibiotici".
"L'impiego degli antibiotici per eliminare Psa presente sulle piante di actinidia risulta pertanto inutile e dannoso. Inutile perché Psa è un batterio essenzialmente endofita, cioè in grado di sopravvivere e di moltiplicarsi all'interno, non all'esterno, delle piante di actinidia; dannoso perché, se nel breve periodo gli antibiotici possono dare l'illusione di 'ripulire' la superficie delle piante di actinidia da Psa, oltre a distruggere anche le numerose popolazioni batteriche utili presenti sui differenti organi aerei, essi penetrano nei tessuti vegetali e pertanto, per i batteri già presenti all'interno delle piante di actinidia, come appunto Psa, sarà quanto di più naturale trasformarsi in popolazioni batteriche antibiotico-resistenti le quali potranno poi diffondersi (tramite linfa, residui e strumenti di potatura infetti) nuovamente nell'ambiente e verso le quali, poi, ogni tentativo di lotta risulterà inutile".
"La prevenzione costante, insieme a studi di base ed alla ricerca applicata sono le nostre armi vincenti ed in questo contesto, supportati dalle Istituzioni ed in collaborazione ai protagonisti della filiera actinidia 'Made in Italy', abbiamo il compito ed il dovere di proseguire ad impegnarci a supporto dell'intero comparto".
Per maggiori informazioni:
Prof. Giorgio M. Balestra
DAFNE (Department for Agriculture, Forestry, Nature and Energy)
University of Tuscia
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