S.enterica causa affezioni diarroiche aggravate da complicanze sistemiche, i ceppi tossigenici di E.coli coliti emorragiche e sindrome emolitico-uremica. Almeno altri 10 batteri possono essere agenti di tossinfezioni alimentari associati al consumo di verdure.
In Europa nel 2010 verdura e frutti sono stati associati a 70 casi di tossinfezioni, riferibili per 8,6% a Salmonella. Dal 2009 al 2010 si è rilevato in Europa un incremento di tossinfezioni riferibili a consumo di alimenti di origine vegetale. Nel 2009-2010 in Emilia-Romagna su 89 episodi di tossinfezioni, trentasei (40,4%) sono stati attribuiti a ceppi di Salmonella, nessuno a ceppi tossigenici di E.coli (Regione E-R, Epidemiologia delle malattie trasmesse da alimenti, Aggiornamento al 2010).
Oltre a queste specie incluse tra le zoopatogene, in altri casi gli agenti eziologici sono state specie note in fitopatologia (es. Burkholderia cepacia, Enterobacter cloacae, Pseudomonas aeruginosa, forme tossigeniche di Pseudomonas fluorescens), ritenute patogeni opportunisti per l'uomo.

Escherichia coli
In passato si riteneva che le tossinfezioni fossero conseguenza di contaminazioni accidentali dei prodotti vegetali in pre- o in post-raccolta, oppure di scarsa igiene poco prima o al momento del consumo. Nell'ultimo decennio è stato messo in luce che la associazione di S.enterica e E.coli a certi prodotti vegetali, oltre che una semplice contaminazione di superfici può essere conseguenza di un rapporto più intimo, contraddistinto dalla loro presenza all'interno dei tessuti di foglie o di frutti, più spesso asintomatici.
Dalla metà del secolo scorso è comunemente accettato che la penetrazione dei batteri all'interno dei tessuti vegetali sia passiva ed abbia luogo in condizioni di bagnatura della sede e in concomitanza di un eccesso di acqua all'interno delle piante (teoria della congestione idrica). Nell'ultimo decennio si è dimostrato che S. enterica e la forma tossigenica di E.coli possono moltiplicarsi all'interno dei tessuti vegetali e in qualche caso traslocare anche a distanza all'interno della pianta. E' pertanto sempre possibile che qualsiasi ortaggio o frutto da consumare fresco possa essere contaminato in superficie da batteri o albergare batteri in nicchie semi-interne o profonde.
Il rischio della presenza di batteri zoopatogeni come S.enterica o E.coli e altri può ritenersi assai basso o nullo se il coltivatore adotta razionali interventi preventivi, sapendo che da un lato le principali sorgenti di quei due patogeni sono il letame, gli escrementi animali e l'acqua di irrigazione inquinata da residui di escrementi animali (principalmente di bovini e polli per S.enterica; di bovini, maiali e pecore per E.coli), dall'altro lato le modalità della loro disseminazione dalle sorgenti (es. aerosol solidi e liquidi veicolati dal vento; pneumatici o cingoli di macchine agricole, calzature o attrezzi imbrattati, corsi d'acqua, etc.).
Necessitano eventualmente di revisione il disciplinare di produzione integrata in particolare per le colture ortive (es. cicli ripetuti nella stessa annata), aggiornamento delle norme per l'accumulo, lo stoccaggio e la distribuzione degli escrementi animali ed uso attento delle acque di irrigazione per qualità microbiologica e tecniche di distribuzione. In post-raccolta la completa eliminazione dei batteri in superficie e ospiti interni di foglie e di frutti da consumare freschi non è problema di facile risoluzione, nonostante gli strumenti che il progresso tecnologico ha messo a disposizione. La sensibilità dei prodotti ortofrutticoli da consumo fresco agli stress abiotici, la facile deperibilità ed il rischio di alterare le loro caratteristiche organolettiche precludono l'uso di trattamenti fisici o chimici drastici.
Raffreddamento dei prodotti e lavaggi sono le prime tappe comuni a molte lavorazioni industriali. I trattamenti di raffreddamento possono contribuire all'aumento dei batteri interni. Il raffreddamento delle foglie sotto vuoto, ad esempio, favorisce il passaggio di batteri dalla superficie alle nicchie semi-interne o interne dei tessuti, verosimilmente a seguito di un allargamento dei pori stomatici causato dall'intervento. Lo stesso effetto si ha quando per raffreddare frutti si usano immersioni o lavaggi con acqua avente temperatura più fredda rispetto al prodotto. Raffreddandosi, l'aria entro gli spazi intercellulari dei tessuti diminuisce di volume, si ha aspirazione di piccoli volumi di acqua di lavaggio attraverso stomi o micro-screpolature che può trascinare batteri all'interno. L'effetto si accentua in immersioni prolungate.
Salmonella enterica
I lavaggi con acqua hanno come scopo principale la eliminazione delle particelle di terra, dei frammenti vegetali e in genere dello sporco; se è usata acqua di acquedotto o clorurata, alla asportazione meccanica si aggiunge una azione antimicrobica. La riduzione della carica batterica a seguito dei lavaggi dei prodotti freschi è purtroppo indicata al 30-80%. In situazioni sperimentali, immersioni temporanee in alcool 70% o soluzioni acquose di microbicidi ( es. cloro, ipocloriti, sali di cloro), con aggiunta talora di tensioattivi, non riescono sempre ad eliminare al 100% i batteri associati a plantule o ad organi vegetali.
La parziale efficacia dei lavaggi e di altri interventi fisico-chimici o biologici descritti e valutati criticamente nella recente letteratura specialistica (radiazioni ultraviolette, luce pulsata, ozono, sterilizzazione via plasma, sonicazione, alta pressione idrostatica) è conseguenza non solo della presenza dei batteri interni ai tessuti, ma anche dello stato inaccessibile di batteri alloggiati in superficie o in nicchie semi-interne; da un lato l'effetto dilavante dell'acqua o il principio attivo chimico possono non giungere in contatto con batteri incuneati in anfratti idrofobici tra le particelle di cera o in fessure microscopiche della cuticola e racchiusi entro minuscole bollicine di aria, colà persistenti, non estraibili con il lavaggio; d'altra parte i batteri di entrambe le nicchie sono parzialmente o completamente protetti da radiazioni, dall'azione ossidante dell'ozono, dalle sollecitazioni fisiche degli altri strumenti aggressivi, la cui applicazione per tempo di esposizione e per intensità deve essere blanda ad evitare danni ai tessuti vegetali.
C'è chi propone di effettuare trattamenti blandi in serie proprio per evitare effetti collaterali sui prodotti. Gli effetti benefici degli stress fisici comunque sono spesso conseguenza di induzione di resistenza temporanea e reversibile alle aggressioni microbiche nei tessuti vegetali più che di una azione diretta letale o inibitrice sui microrganismi. Interventi biologici con uso di ceppi antagonisti o con batteriofagi possono essere efficaci in pre-raccolta per condizionare la biodiversità microbica della fillosfera, ma essere di dubbia efficacia in post raccolta, particolarmente per prodotti da consumo entro breve tempo, sia per lo stato irraggiungibile di parte dei batteri, sia per il loro stato metabolico. Anche l'associazione delle cellule batteriche in tenaci biofilm in superficie o in profondità può proteggere gli individui alla base della massa sia dal dilavamento e dal principio attivo chimico, sia dagli agenti biologici e dagli aggressivi fisico-chimici.
Si ringrazia il prof. Umberto Mazzucchi, ex-professore ordinario di Patologia Vegetale alla Università di Bologna, attualmente responsabile scientifico della società Consulenze fitopatologiche V.P.S., Castel San Pietro Terme (Bologna), per il materiale fornito.
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