Cuneo: resoconto di un incontro sul marciume della castagna
L'evento ha visto la partecipazione di conosciuti agronomi esperti di questo settore: il dr. Guido Bassi (noto vivaista) la prof.ssa Cristiana Peano (docente universitaria), il dr. Bosio del Servizo Fitosanitario Regionale e il dr. Mondino (titolare della specialistica ditta L’Agrotecnico di Cuneo).
La scorsa annata castanicola è stata, in generale, disastrosa: il poco prodotto raccolto era caratterizzato infatti da una forte infestazione da marciume. Una fitopatia che progredisce anche durante la conservazione dei frutti dopo la raccolta, rendendo le castagne di cattivissimo sapore.
Il marciume delle castagne è causato da un fungo di nome Gnomoniopsis le cui spore infettano i fiori femminili; ’infezione è favorita dall’umidità. I rimedi? Possibili per gli impianti nuovi o recenti, difficoltosi per i vecchi boschi.
Ad esempio: già l’impianto dovrebbe seguire la regola del sesto 7x7 metri per le varietà ibride euro-giapponesi e di 8X8 metri per le piante europee. Questo per favorire l’arieggiamento delle piante e un sviluppo più armonioso della chioma.
L’interno della stessa chioma deve essere libera e i primi rami del tronco dovrebbero trovarsi ad almeno 1,5 metri da terra. I ricci vuoti e le foglie devono essere bruciati, o essere allontanati dall’impianto, oppure trinciati e cosparsi di una soluzione acquosa di urea, al fine di accelerarne la decomposizione. Qualche problema sussiste per la varietà Bouche di Betizac la quale mantiene i ricci sulla pianta.
E’ infine possibile trattare, con buoni risultati, il castagneto con un formulato contenente Tebuconazolo, prima e dopo la fioritura. Il Tebuconazolo è registrato per il castagno. Nella conservazione dei frutti si è dimostrato infine utile l’uso dell’anidride carbonica.
Il parassita Scolitide
Ma non si è solo parlato di marciume delle castagne: si è infatti anche preso in considerazione un altro parassita emergente della pianta e cioè lo Scolitide, insetto polifago già presente nei meleti.
Questo parassita si infila nel tronco, deponendo le sue uova da cui nascono le larve. Queste ultime scavano numerose gallerie, provocando così il disseccamento e la conseguente morte degli alberi colpiti. L'attacco di Scolitide si riconosce perché la pianta colpita appassisce appena dopo la fioritura.
Anche per contrastare questo parassita le pratiche colturali possono dimostrarsi utili: ad esempio la protezione dal gelo, il quale provoca ferite sul tronco creando porte d’accesso all’insetto. Inoltre, l’altezza dei primi rami del tronco deve essere almeno di due metri da terra. Già l’impianto dovrebbe essere creato lontano da frutteti o da vecchi boschi. Infine, è buona norma bruciare il legno secco o già colpito dall'insetto.
I trattamenti terapeutici sono pochi e si limitano all’impiego di una specie di vernice da pennellare sul fusto (Zincogum), oppure l’uso del Decis e di altri insetticidi registrati ma poco efficaci.
Pare utile, invece, l’uso di trappole per la cattura delle femmine (Rebell ross – 2 trappole per ettaro). In tal modo si capisce quando le femmine effettuano i voli, procedendo così al trattamento. E’ anche possibile impiegare queste trappole (che possono essere riutilizzate) in maggior numero (20 per ettaro) per la cattura massale.
Al momento attuale è allo studio un prodotto biologico composto da un fungo in grado di contrastare gli attacchi.
Infine sembra, da studi fatti, che l’uso della fertilizzazione bilanciata (ad esempio 10-20-10/ 3kg per pianta) renda più forte la pianta contro gliattacchi parassitari. Come pure, e soprattutto, l’impiego degli "induttori di resistenza" (fosfito di potassio- acido salicilico) di basso costo ma di notevole aiuto nell’indurre maggior resistenza delle piante alle suddette e deleterie infestazioni.
Buone notizie sul fronte della lotta al Cinipide
Secondo i dati raccolti dal dr. Bosio, dopo uno stentato inizio il lancio del Torymus, ovvero dell’insetto antagonista del Cinipide, fornisce da un po' di tempo ottimi risultati. Nel monitoraggio dei boschi sottoposti a "trattamento" con alcune copie dell’insetto buono si è raggiunto, nell’anno scorso, una benefica parassitizzazione che ha toccato il 71% delle galle colpite dal cinipe con la conseguente sua eliminazione, per cui è molto probabile che, in capo a un anno o due, la situazione parassitaria del Cinipide dovrebbe notevolmente abbassarsi ed attestarsi a valori minimi biologici.
Maggiori informazioni al sito: www.centrocastanicoltura.unito.it