"Un frutteto "italiano" a Pyongyang (Corea del Nord)"
Il progetto, a 25-30 km a nord della capitale, è partito nel 2009 con un budget stimato in 5 milioni di euro, attraverso l'acquisto di milioni di piante di almeno due anni ("per un raccolto in tempi brevi") dai vivai di un'azienda specializzata di Ferrara.
"Un'intera vallata è stata spianata, un villaggio raso al suolo e un altro tirato su dal nulla per ospitare almeno 1.000 lavoratori, mentre - raccontò all'ANSA una guida - la porcilaia (per assicurarsi i "concimi naturali") e l'impianto di conservazione sono stati indicati "dal caro leader Kim Jong-il in persona che dalla collina-belvedere si complimentò per il lavoro svolto".
In un breve giro per l'enorme appezzamento di terreno, erano già visibili i lavori di ampliamento, con tanti soldati in canottiera, malgrado le temperature sotto lo zero, intenti a scavare buche con il piccone. Se lo scorso novembre l'estensione era di circa 700 ettari, a fine giugno i frutteti ha superato i 1.000 ettari. La sorpresa, nell'ultima visita fatta dall'Ansa a Pyongyang, in occasione di una missione dell'Ambasciata d'Italia a Seul per i 150 anni dell'Unità d'Italia e per la Festa della Repubblica del 2 giugno, è stata di trovare tecnici italiani impegnati in lavori al Dae dong gang e in un altro frutteto a Wonsan, sulla costa est che si affaccia sul mar del Giappone.
Alessandro Croci e Gaetano Canino, entrambi dalla Lombardia, ad esempio, stavano completando, insieme ad altri tre tecnici, i lavori di una fabbrica per la produzione di reti per proteggere le mele da grandine e uccelli. Lorenzo Torresini, invece, di un'azienda del modenese, era con un collega al lavoro in Corea del Nord che hanno visitato per 5 volte in una anno, con soggiorni di 2-3 settimane per volta.
"A Wonsan, su 571 ettari, abbiamo effettuato il collaudo solo su 71 ettari e, da ultimo ci siamo dovuti fermare, perché - ha raccontato - i raccordi per i tubi di irrigazione non sono arrivati in tempo. Non è semplice, ma ce la mettiamo tutta". Sulla destinazione della frutta raccolta, il sospetto è che, vista la massiccia presenza di militari e le alte recinzioni, la gestione sia tutta nelle mani dell'esercito. Un funzionario nordcoreano ha riferito che le tonnellate di mele sono vendute sui mercati esteri. "Il ricavato - è la spiegazione - serve per acquistare cereali".