FP - In un contesto nazionale in cui la disoccupazione cresce e quella giovanile sfiora tassi del 30% e oltre, gli ultimi dati sull'andamento dell'occupazione in agricoltura appaiono confortanti e in controtendenza. Come spiega questo fenomeno?
RR - Si tratta di una "agricoltura di ritorno", nel senso che molti giovani, considerato il tasso di disoccupazione attuale e la difficoltà a trovare un posto di lavoro, sempre più scelgono di continuare l’attività paterna o recuperare terreni appartenenti alla famiglia per intraprendere il mestiere di agricoltore. La cosa buona è che certamente si tratta di nuove leve con un tasso di istruzione alto ed una propensione alla comunicazione elevata e – si spera – con un senso di individualità ridotto!
FP - La manodopera impiegata in agricoltura è in larga parte costituita da immigrati comunitari ed extra-comunitari. Se il famoso "ricambio generazionale" che serve alle imprese agricole italiane verrà proprio da qui, come possiamo integrare al meglio questi lavoratori anche nelle funzioni direttive delle aziende?
RR - Non credo proprio che un "ricambio generazionale" ai livelli dirigenziali delle aziende agricole possa mai passare attraverso la manodopera extra-comunitaria. Il mio non è assolutamente un discorso razzista, ma semplicemente logico, nel senso che la manodopera straniera attualmente disponibile, e quella che si aggiungerà, non ha – nella maggioranza dei casi - né specializzazioni né competenze per dirigere un’azienda agricola. Diverso è il discorso se si tratta di persone che acquisiscono terreni per diventare imprenditori o che si possono liberamente proporre alle aziende, perché in possesso dei requisiti giusti per dirigere un’azienda.
Rosario Rago.
FP - Il lavoro nero è ancora una piaga diffusa in tutti i settori produttivi italiani. Quali le proposte e le iniziative di Confagricoltura per contrastare questo fenomeno nel comparto agricolo?
RR - Non ci vogliono né rivoluzioni particolari, né artifici di sorta, ma due soli rimedi basterebbero da soli a fare tantissimo per il comparto: la semplificazione degli adempimenti e l’alleggerimento degli oneri previdenziali. Sembra paradossale, ma è così.
Un agricoltore spende mediamente tra le 80 e le 100 giornate lavorative per adempiere a tutte le procedure burocratiche connesse ad un’impresa agricola. Certo non tutte riguardano il lavoro, ma Le assicuro che ne costituiscono buona parte e tutto questo nonostante la telematica, che ha finito solo per aumentare moduli e passaggi per assunzioni, denunzie giornate, licenziamenti e altre comunicazioni varie.
Altro discorso importante è quello dei contributi previdenziali. Per quanto riguarda il costo del lavoro, siamo la nazione con i costi più alti dopo la Svezia. E’ vero che ci è stata riconosciuta - definitivamente e grazie all’azione sindacale forte di Confagricoltura – la fiscalizzazione degli oneri sociali che, almeno per noi che operiamo in zone svantaggiate, è una boccata d’ossigeno, ma non basta.
Mi domando allora: perché non pensare di abbassare ancora di più le aliquote INPS in agricoltura e in tutta Italia? Magari al pari dei Paesi Bassi o del Belgio, che pagano per la manodopera stagionale fra il 4 ed il 12% della retribuzione, anziché il nostro 43%! Sono più che certo del fatto che, così facendo, si ridurrebbe drasticamente il fenomeno del lavoro nero e sempre meno agricoltori vi ricorrerebbero.
Aggiungo che è spiacevole vedere continuamente additato il settore come regno dell’irregolarità: posso assicurarLe che non tutti gli agricoltori sono banditi/sfruttatori – sì, purtroppo, ci sono anche quelli, ma non appartengono al mondo della mia organizzazione - e Le dirò che, pur non giustificandoli assolutamente, posso comprenderli. Molti, infatti, sono imprenditori alle prese con un mercato che si sta facendo giorno per giorno più difficile, in cui si rischia tutti i giorni di trovarsi estromessi.
FP - Quali sono ad oggi gli aiuti previsti per un giovane che voglia avviare un'impresa agricola?
RR - Mi sembra che le politiche di agevolazione per i giovani affinché intraprendano il mestiere dell’agricoltore sono molte, dalle agevolazioni d’imposta per i trasferimenti fondiari agli aiuti per i primi insediamenti in agricoltura o i prepensionamenti per chi cede l’azienda ai figli. Mi sembra che opportunità ce ne siano, e non poche.
Forse quello che manca sono le agevolazioni creditizie vere. Nel senso che esistono le provvidenze Ismea, ma sono così farraginose e complesse! E sarebbe ora che le banche dimostrino più fiducia nell’agricoltura e nei giovani agricoltori!
Chi è:
Rosario Rago Presidente Confagricoltura Salerno, è titolare e conduttore della Azienda Agroindustriale Rago specializzata nella produzione e confezionamento IV gamma.