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L'impresa ortofrutticola vista dai top managers: quattro domande a Luigi Peviani

Per la sua sezione tematica "Cultura d'impresa", FreshPlaza ha realizzato questa intervista con Luigi Peviani, manager del gruppo Peviani e presidente dell'associazione FruitImprese.

FP - In veste tanto di manager d'azienda, quanto di Presidente di FruitImprese, Lei ha modo di confrontarsi con tutti gli aspetti rilevanti del fare impresa nel settore ortofrutticolo nazionale. A Suo parere, quali sono gli elementi su cui intervenire per migliorare la competitività del settore?

LP - Il nostro sistema ha un tessuto produttivo e operativo di piccole e medie dimensioni. Questo assetto ha prodotto, a partire dagli anni ’50, risultati straordinari, che hanno collocato il nostro Paese al vertice in Europa. La crescita è stata sostenuta dall'energia inesauribile che le imprese hanno dedicato ad una forte domanda nazionale ed internazionale.

Soltanto nell’ultimo ventennio l'Italia ha perso parte del suo predominio. Non solo per la comparsa di una concorrenza giovane, ben organizzata e più motivata, ma anche perché l'impresa italiana si è focalizzata più sul quotidiano che sulle prospettive. Al calo ha sicuramente contribuito anche il minor costo produttivo che caratterizza alcuni Paesi emergenti ma ciò è un dato di fatto e bisogna accettarlo, imparando a fronteggiarlo.

Detto ciò, se dovessi dare una risposta accademica alla sua domanda, direi che la competitività deve passare da concetti legati alla qualità, alla salubrità dei prodotti, al legame con il territorio; che la ricerca, l'innovazione, la formazione del personale, sono elementi imprescindibili. E proseguirei dicendo che il trinomio Governo-Comunità scientifica-Impresa deve lavorare in sintonia a progetti precisi, basati sull'analisi del mercato internazionale e delle infrastrutture.

Nella pratica, però, le cose non stanno esattamente così. La qualità del prodotto è ormai un requisito standard, la ricerca latita, la formazione e l’innovazione non sono all’avanguardia; il suddetto trinomio non si è mai attivato, in quanto di fatto non esiste un Sistema Paese.

Credo quindi che l’attenzione vada rivolta alla cultura dell’impresa. Per migliorare la competitività metto al centro tre elementi: conoscenza, efficienza e creatività.

La conoscenza è la base della crescita. Raccogliere informazioni utilizzando tutte le vie disponibili, coltivando relazioni, investendo tempo ed energie per comprendere al meglio l'evoluzione della domanda. Intensificare i viaggi per sviluppare nuove relazioni, attivare nuovi contatti, selezionare le partnership più vantaggiose. La conoscenza è il motore del nostro lavoro e ci consente di sviluppare quella sensibilità necessaria per orientare l'azienda. L’analisi e la sintesi delle informazioni consente di costruire strategie che mantengono viva l’impresa.

L'efficienza non è meno importante. E' un momento delicato di architettura e costruzione dell'organico, che deve essere né troppo esiguo per non perdere di competenza, né troppo appesantito per non gravare sui costi e demotivare le risorse umane. L’efficienza si raggiunge mediante una costante analisi interna per rendere più snella, produttiva e decisionale l'azienda. Fare chiarezza, saper comunicare, responsabilizzare. Un’azienda efficiente è in grado di controllare e ridimensionare gli eventi sfavorevoli, di contrastare la concorrenza sleale o emergente, di dare alla clientela risposte adeguate.

La creatività è la risorsa che dovrebbe venir più naturale alle nostre imprese. E’ una dote comune all'imprenditoria italiana, ma il nostro settore ne è avaro. Sviluppare idee, mettere in strada progetti, reagire alla mediocrità del mercato che vorrebbe solo commodities. Caratterizzare, uscire dall'ordinario per creare quel valore aggiunto necessario. Sono certo che, investendo maggiori energie su questi 3 elementi, le aziende potranno trarne grandi benefici ed essere più competitive.

FP - Recentemente, Lei ha esortato i produttori ortofrutticoli ad affidarsi con fiducia agli esportatori italiani per accedere ai mercati esteri. Quale specifico know-how possono oggi gli esportatori mettere a disposizione dei produttori?

L’esportatore di norma è un operatore internazionale che frequenta con assiduità la sua clientela e i mercati di riferimento; si occupa anche di mercato nazionale, quindi riesce ad offrire ampie possibilità di collocamento. Attraverso le sue esperienze offre un valido supporto di consulenza ed affiancamento. E’ in grado di orientare il produttore in maniera più rapida verso ciò che il mercato richiede in quanto, da osservatore attento, filtra le notizie e percepisce le tendenze. E’ un partner affidabile che cerca un legame duraturo per poter pianificare le sue attività e per crescere in quei nuovi paesi emergenti, come Cina ed India, che non tarderanno ancora molto a manifestare interesse per alcuni dei nostri prodotti.

FP - Cosa conserverebbe e cosa è cambiato nel suo attuale stile di management, rispetto ai suoi esordi professionali?

Sono stato costretto a bruciare le tappe, in quanto ho perso mio padre proprio l’anno di ingresso in azienda, subito dopo aver concluso i miei studi universitari. Da subito ho percepito forte il senso di responsabilità e questo ha acceso in me un grande entusiasmo. Ho trascorso anni meravigliosi, operando in un contesto molto vivace. Ho vissuto il rapporto con il mercato in un ambiente sereno e propositivo. Il mercato era molto ricettivo, reattivo e accomodante; talmente favorevole da tollerare sbavature e imprecisioni.

Ho iniziato nel 1980, c’era molto da fare; i clienti da tutta Europa chiedevano prodotto, senza tregua. Dopo un anno di tirocinio ho mosso i primi passi nell’ufficio estero, che ho iniziato a dirigere dopo 3 anni. Nell’87, la svolta: a causa di un altro lutto in famiglia - anche il fratello di mio padre è venuto a mancare - mi sono ritrovato, a 32 anni, l’azienda sulle spalle. Insieme a mio cugino Pinuccio, con il quale ho un rapporto più che fraterno, e a tutti i più stretti collaboratori, abbiamo ridisegnato le responsabilità e, confortati dalla clientela, siamo cresciuti affiancando all’export le attività di importazione.

Quello che ho conservato forte e immutato è ciò che mio padre mi ha trasferito con il suo esempio. Mi ha insegnato che la correttezza, la serietà e la coerenza pagano sempre, nel lavoro e fuori.

Resta immutata la dedizione alla clientela, oggi ancor più importante di ieri. Rispetto al passato sono diventato più riflessivo e selettivo. Ho affinato il mio spirito critico e ho maggior consapevolezza del contributo che le diverse aree aziendali danno alla società. Ho compreso che per raggiungere gli obiettivi è più importante avere un gruppo ordinato, disciplinato e con forte spirito di squadra, piuttosto che qualche talento che gioca da solista.

Viaggio molto più di prima e con maggiore attenzione, con la certezza di trarre nuovi insegnamenti da ogni visita. Mi sforzo di dare maggiore corpo alla filosofia aziendale, mi confronto spesso con i miei collaboratori, cercando di vincere la mia indole di accentratore. Più di prima amo ascoltare con rispetto ed attenzione tutti i miei interlocutori, cercando di calarmi nei loro panni.

Nutro una grande considerazione per i produttori agricoli: ho creato con molti di loro un magnifico rapporto fatto di stima e rispetto reciproco. Mi hanno insegnato che è dal prodotto che bisogna prendere l’ispirazione, è dal prodotto che tutto parte.

Consideriamo l’azienda una risorsa importante che, oltre a portare avanti con tenacia e serietà la propria mission, offre a più di trecento dipendenti una prospettiva. Crediamo nei giovani e sono certo che si debba dare loro il giusto spazio e le corrette prospettive.

Siamo molto rispettosi delle regole: se ci sono, vanno rispettate. Irrita sempre di più vedere ancora troppi individui che non operano correttamente e pensano di essere dei furbi: sono la rovina del paese. Sono diventato molto intollerante verso chi è approssimativo o non lavora con passione o non rispetta i colleghi.

FP - La Dieta Mediterranea è stata da poco riconosciuta Patrimonio immateriale dell'Umanità. Come trasferire questo indubbio successo in forme efficaci di comunicazione nei confronti del grande pubblico, al fine di sostenere il consumo di frutta e verdura?

Il riconoscimento è stato elargito a tutti i paesi mediterranei, che condividono con l’Italia molti prodotti agricoli. E’ una consacrazione ufficiale che ci supporta e che può essere spesa per incrementare i consumi.

Le forme più efficaci sono quelle istituzionali. Scuola, Sanità, Sport e Cultura sono i Ministeri che dovrebbero prenderne atto e investire molto di più in comunicazione, in ogni forma. Aumentare il consumo di frutta e verdura ha un ritorno diretto sulla salute e sui conti economici del paese. In Italia la produzione, nella stragrande maggioranza dei casi, è rispettosa dell’ambiente e seguita con grande responsabilità. Lo dicono i numerosi test che gli organismi di controllo effettuano giornalmente.

Continuando a lavorare bene e con serietà possiamo pretendere di suggerire alla nostra Politica di lavorare per migliorare l’immagine di un settore che a volte viene strapazzato ingiustamente. Auspico che vengano incrementati i controlli e venga esacerbata la gravità delle punizioni per chi infrange le regole, compromettendo la credibilità del settore. Perché anche vigilare è buona comunicazione.

Chi è
Luigi (Gino) Peviani, lombardo, 55 anni, vive a Milano con la moglie Lucilla e i due figli Andrea e Carlo, universitari. Laureato in Scienze Agrarie, è entrato in azienda nel 1980 e, a 28 anni, ha assunto la responsabilità commerciale dell’export. Dal 1987 è alla guida del gruppo, insieme al cugino Giuseppe (Pino).

Il gruppo Peviani, leader nel settore dell’import-export, ha sede a Milano e stabilimenti in Lombardia, Veneto, Puglia e Sicilia. Rappresenta e commercializza un’ampia gamma della produzione ortofrutticola italiana ed internazionale, ponendo la massima attenzione e cura alla qualità dei prodotti e dei servizi. L’azienda, alla terza generazione, si distingue per tradizione, efficienza e competenza.

Per molti anni Luigi Peviani ha ricoperto il ruolo di Vice Presidente dell’ANEIOA, oggi FruitImprese, fino a diventarne Presidente nel maggio 2003. Particolarmente fiero delle aziende agricole pugliesi, è un grande sostenitore delle pratiche agricole a basso impatto ambientale.