"Il "cocco bello" sulle spiagge romagnole era in mano alla camorra"
Sono poi indagate altre nove persone e sono sotto sequestro, a Riccione e Cervia, due locali adibiti a laboratorio per preparare la frutta da vendere. Le ipotesi di reato sono quelle di associazione a delinquere finalizzata all’estorsione; di illecita concorrenza mediante violenza e minacce; di violenza e minacce a pubblico ufficiale e sostituzione di persona. Nell’operazione sono poi state individuate 22 persone, tutte di provenienza campana, venditori ambulanti lungo le spiagge romagnole del "cocco bello". Già disposti 11 fogli di via obbligatori.
Come funzionava il racket
Secondo l’accusa, la famiglia Manfredonia esercitava da anni il monopolio assoluto e costante della vendita del cocco sulla riviera romagnola, da Cattolica ai lidi ravennati. I venditori ambulanti venivano ingaggiati tutti nel napoletano attraverso annunci sui giornali o il "passaparola". A tutti veniva richiesto di essere incensurati. La "famiglia", oltre a gestire la preparazione e lo smercio del cocco, si occupava anche della sistemazione logistica degli ambulanti. Ai venditori andava il 30% dell’incasso quotidiano che, secondo quanto appurato dagli investigatori, si aggirava attorno ai 500 euro. Da qui, considerando la numerosa manovalanza impegnata, le dimensioni finanziarie imponenti del racket "cocco bello".
I consigli ai "concorrenti"
Nel più classico stile camorristico il compito principale dei vertici della "famiglia" era quello di perpetuare l’assoluto monopolio del mercato. Per farlo si agiva direttamente nei confronti di saltuari altri venditori ambulanti, ma soprattutto nei confronti dei gestori degli stabilimenti balneari. Le indagini al momento non hanno accertato casi minacce o violenze dirette, ma chi poneva in vendita nel proprio bar del cocco, riceveva una visita di un membro della "famiglia" (spesso accompagnato da un collega di oltre due metri), che forniva opportuni "consigli", rammentando al gestore, quasi per caso, casi di violenze o devastazioni avvenute negli anni passati sulla costa romagnola.
"Consigli" che hanno riguardato anche la campagna "Frutta in spiaggia", organizzata dalla ditta Canova con prodotti Almaverde Bio. L’azione non ha interessato direttamente l’azienda, ma sempre i gestori degli stabilimenti dove venivano posizionati i distributori automatici delle confezioni di frutta. "Pesche, mele, susine, ciliege. Fate mettere dentro tutto quello che volete - era il succo del "consiglio" -, ma, attenti, niente cocco. Oltre tutto a prezzo inferiore al nostro". E così è stato, fino all'intervento delle forze dell'ordine.