
Di ricette per uscire dall'attuale crisi delle vendite di ortofrutta ce ne sono molte: coordinare meglio il mondo produttivo, mirare ad accordi più equilibrati con le catene di supermercati, addirittura rivedere e correggere l'Organizzazione Comune di Mercato a livello europeo.
Quel che è certo, però, è che il commercio scaturisce sempre e comunque da un incontro tra offerta e domanda: se quel che produco non interessa a nessuno, è poi difficile che io sia in grado di collocarlo sul mercato. Al momento, la domanda del consumatore, che è il motore vitale di qualunque vendita, è inciampata nella crisi economica e, a causa di essa, si è inceppata.
Il rallentamento degli acquisti, tuttavia, che potrebbe essere comprensibile (e forse anche auspicabile) per beni superflui e voluttuari, ha colpito anche un settore, come quello primario in genere e quello ortofrutticolo in particolare che avrebbe dovuto, in linea di principio, rimanere meno suscettibile ad una contrazione della capacità di spesa da parte dei nuclei familiari.
Così non è stato e forse è proprio da qui che si dovrebbe partire per ripensare ad una strategia più efficace di comunicazione dell'ortofrutta al pubblico, al fine di una sua valorizzazione prima di tutto "concettuale" e "culturale". Intendo dire, insomma, che frutta e verdura non dovrebbero essere viste e interpretate dai consumatori come "una merce come tutte le altre", indifferente e indifferenziata, sacrificabile alla stregua di qualunque altra all'impellente esigenza di far quadrare il bilancio familiare.
E' proprio in un momento di ristrettezze economiche che frutta e verdura possono costituire un valido alleato per ottenere un risparmio immediato, senza impoverire la dieta di adulti e bambini: quanti consumatori sono oggi consapevoli, come lo erano i nostri nonni, che un piatto di fagioli può sostituire efficacemente una bistecca dal punto di vista dell'apporto proteico? E quanti sono pronti a rimpiazzare costose medicine e pasticche di integratori vitaminici con adeguate porzioni di frutta e ortaggi?
Recentemente alcuni spot pubblicitari sono riusciti a presentare i prodotti ortofrutticoli in maniera particolarmente accattivante: peccato che il primo pubblicizzasse un liquore a base di limoni (nello spot si vede una vera e propria cascata di limoni che invade scalinate, vie e piazze di una città). L'altro, invece, riguarda succhi di frutta in tetrapak (qui frutta esotica e comune viene fatta letteralmente esplodere con una ripresa al rallentatore, per suggerire l'idea che la forza dei frutti sia stata liberata dal loro involucro), mentre un terzo presenta in forma spiritosa le insalate pronte all'uso (giocando a trasformare parole di uso comune in termini di discipline pseudo-sportive).
Si tratta, comunque, di casi isolati, in un contesto comunicativo spesso piatto e anonimo, banalmente ancorato ad una visione "antica" del lavoro contadino. L'elemento ironico, stimolante e perfino provocatorio, invece, potrebbe essere maggiormente esplorato nella comunicazione ortofrutticola, ad esempio per presentare frutta e verdura come alternative di maggior pregio a tanti prodotti di dubbia utilità, dagli yogurt per la regolarità intestinale ai composti per combattere il colesterolo, dalle creme di bellezza alle cure dimagranti, dalle merendine ai dessert.
Bisogna lavorare a rendere l'acquisto di frutta e verdura la prima scelta nel carrello del consumatore, una voce non comprimibile delle uscite familiari, crisi economica o meno. Anzi, proprio nell'attuale contesto finanziario, l'ortofrutta può essere presentata alle famiglie come l'alternativa efficace ed economica a prodotti inutili e costosi.