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Radicchio di Verona: migliorano i numeri della produzione 2007, ma permangono alcuni problemi

Leprospettive commerciali del Radicchio di Verona, i risvolti economici,i motivi di crisi, le difficoltà che la coltura incontra, soprattuttonei primi anelli della filiera - i produttori - e la riforma OCM(Organizzazione Comune di Mercato): questi i temi del convegno "Insiemeper coltivare un futuro. Opportunità e prospettive commerciali per ilRadicchio di Verona Igp", organizzato in data 11 gennaio 2008 dallaProvincia di Verona e da Coldiretti Verona a margine della Fiera diRoveredo di Guà.

Aperto dal padrone di casa, il VicePresidente della Provincia di Verona, Antonio Pastorello, l'incontro èstato chiuso dal Presidente di Coldiretti Verona, Damiano Berzacola. Iproblemi della filiera li ribadisce anche Filippo Moroni, responsabiledell'ufficio economico Coldiretti di Verona. "La stagione si è apertasenz'altro meglio dell'anno scorso – commenta – ma solo perché il 2006è stato un anno nero. Il settore del radicchio vive costantemente isuoi problemi storici: si fatica a valorizzare e a promuovere ilprodotto. Una questione che pesa principalmente sui produttori, che nonriescono ad avere un riscontro economico adeguato, a differenza deicommercianti, che traggono sempre buoni profitti".

È unastoria che si ripete: il radicchio costa molto ai consumatori, ma portapoco nelle tasche dei produttori. Si parla di 35 centesimi al kg sulcampo, che alla fine della filiera diventano 1,50 euro al kg neisupermercati. Queste le cifre del 2007, che hanno risollevato, di poco,le casse dei produttori che lo scorso anno avevano incassato 13centesimi al kg, per vederlo in vendita anche a tre euro al kg neinegozi di frutta e verdura.

Aumentata anche la produzione: dai192.000 quintali dello scorso anno, secondo i dati Istat (aggiornati alsettembre 2007) sono 1.567 gli ettari coltivati a radicchio nelveronese, per una produzione di 235.000 quintali – a fronte dei 9.500ettari del Veneto, che producono in totale un milione 239.000 quintali.Nonostante la leggera ripresa, tuttavia, le difficoltà persistono evanno combattute. "Il problema è duplice - continua Moroni –. Non si fasufficiente promozione e la filiera è troppo lunga: il radicchio passadi mano in mano per numerose volte, in passaggi che spalmano il valoreaggiunto, riducendo il reddito dei singoli operatori".

"Occorre inoltre che vi sia un solo Consorzio di tutela IGP (Indicazione Geografica Protetta *)che lavori concretamente e non solo sulla carta per ottenere la tantosospirata Igp. Questo deve puntare all'unione dei produttori e allapromozione del prodotto. In secondo luogo si dovrebbe cambiare ilsistema di commercializzazione: i coltivatori devono organizzarsi instrutture, che facciano sentire il loro peso al momento della venditadel prodotto. Ma per tutto questo occorre essere organizzati, in mododa raggiungere l'obiettivo primario: esportare il radicchio".

Senzaun'adeguata programmazione e promozione il rischio è che la produzionecontinui il suo andamento altalenante di anno in anno, danneggiando ilmondo agricolo, che potrebbe decidere di ridurre la coltivazione delradicchio. Coldiretti invita dunque i produttori a sfruttare le nuovepossibilità di aggregazione offerte dal diritto societario oppure adaderire ad associazioni già esistenti.

Lorenzo Bazzana spezza,poi, una lancia in favore dell'IGP: "Non è la panacea universale, mapuò essere una buona opportunità per unire territorio e filiera,valorizzando il prodotto. Il successo di questa iniziativa è lacoesione ed il lavoro di squadra dei soggetti coinvolti, che se bengestito potrà dare soddisfazioni".

* Siricorda che ad oggi esistono in Veneto ben tre diversi Consorzi diTutela per il radicchio: uno per il Radicchio di Verona, uno per ilRadicchio di Chioggia e uno per il Radicchio rosso di Treviso evariegato di Castelfranco.

Fonte: Coldiretti Verona
Data di pubblicazione:

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