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Parole d'Ortofrutta di Giancarlo Amitrano

Scontistica nei contratti di fornitura, un argomento spinoso

In passato ci siamo già confrontati in merito alle voci di scontistica presenti nei contratti di fornitura e mi sono sempre dichiarato a loro favore, in quanto espressamente accettate dalle parti e quindi perfettamente prevedibili nella costruzione del corretto prezzo di cessione. Ovviamente risulta palese come una valenza sproporzionata delle percentuali di p.f.a. (premi di fine anno) contribuisca a rendere difficoltosa la gestione dei listini, con la non remota possibilità di portare gli stessi fuori mercato, ma questa è una considerazione dialettica più che legale.

Se da un lato il contratto sancisce e regola a monte la gestione del modus e del quantum, lasciando solo adito ai dubbi sulla parte forte del braccio di ferro commerciale, diverso è il discorso per l'eventuale presentarsi di richieste a latere dello standard precostituito. Mi riferisco in particolare alla vendita a mezzo fattura di pacchetti 'promozionali' sotto forma di pubblicità, evidenziazione, esposizione preferenziale.

© Cristiano Riciputi | FreshPlaza.it

Metodo interessante da sfruttare per molti fornitori in concomitanza a volantini e attività promozionali, teso a 'sottolineare' la presenza della referenza a banco incentivandone le vendite e rafforzando quella sorta di obbligo di detenzione che quasi sempre una promo genera.

Ma se il metodo invece che una tantum diventasse prassi gestionale, assumendo una reiterazione ciclica e ricorrente, potrebbe configurarsi una voce extra contratto di quarto livello? E se così fosse dovrebbe il fornitore tenerne conto nella costruzione del prezzo di cessione? E di quanto dovrebbe ricaricare lo stesso, non sapendo nel futuro prossimo quante fatture riceverà? E ancora, ove il buyer fosse a conoscenza di tale metodo, come dovrebbe considerarne l'impatto nel classico braccio di ferro della chiusura dei listini?

Il dilemma non è di così facile risoluzione, in primis perché non ne può avere contezza immediata e sicura, né per impatto né per valore, ipotizzando che le eventuali fatture siano emesse direttamente dalle proprietà dei pdv e non centralizzate da sede. Fattore che mi fa ipotizzare la necessità di gestire la chiusura del prezzo senza tener conto di quanto non espressamente presente a contratto, per evitare il rischio di perdere la via della competitività.

Ma ancora, nella gestione delle quote di fornitura dovrebbe il buyer privilegiare le aziende destinatarie delle sopracitate fatture, cercando di alleviarne l'impatto almeno con i volumi, o anche qui sarebbe meglio ignorare il tutto procedendo come sempre secondo le classiche logiche di convenienza, qualità, affidabilità, etc.?

Sicuramente, potendo indirizzarne la gestione, ipotizzo che la soluzione migliore sarebbe integrare direttamente a contratto le eventuali prestazioni 'pubblicitarie' sia per farne usufruire in maniera paritetica tutta la rete, indipendentemente dalla forza dei fatturati, sia per permettere una gestione lineare e limpida dei listini, evitando che a posteriori gli stessi vengano criticati come 'tirati' o non congrui, in virtù di voci sconosciute o solo ipotizzate.

Come sempre, non c'è una soluzione unica universalmente valida, per cui probabilmente anche per oggi vale il principio: in medium stat virtus (la virtù sta nel mezzo). Ma aggiungerei: virtus virorum propria est, non hominum! (La virtù è propria degli uomini, non degli esseri umani in generale).

Giancarlo Amitrano
Esperto retail
(Rubrica num. 79)

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