Negli ultimi mesi, il settore della fungicoltura è stato colpito da un provvedimento che rischia di compromettere la sopravvivenza di numerose aziende agricole: l'aumento della rendita catastale fino al 400% per le superfici dedicate alla produzione di funghi. Tale misura, fondata su parametri che non tengono conto della specificità del comparto, sta già generando ripercussioni economiche importanti e potrebbe portare alla chiusura di molte realtà produttive. È Andrea Prando, il presidente dell'Associazione Italiana Fungicoltori a lanciare il grido di allarme.
© Associazione Italiana Fungicoltori "La fungicoltura – esordsce Prando - a differenza di altre attività agricole, richiede strutture dedicate, investimenti elevati in tecnologia, gestione ambientale controllata e manodopera altamente specializzata. Applicare un criterio di tassazione equiparato a quello delle attività produttive delle vertical farm, se da un lato può essere positivo, dall'altro va considerato un approccio sbagliato se la tassa si estende anche ai piazzali delle aziende e non alle sole stanze di coltivazione. Il tutto senza un'analisi puntuale dei costi operativi e delle peculiarità gestionali: questo è non solo tecnicamente sbagliato, ma socialmente iniquo".
Un'attività agricola penalizzata da molteplici fattori strutturali
La fungicoltura è a tutti gli effetti un'attività agricola, ma tra le più penalizzate dal punto di vista gestionale ed economico. È soggetta a costi energetici molto elevati, indispensabili per il controllo climatico costante degli ambienti di coltivazione, a una fragilità del prodotto, che comporta una filiera logistica delicata, costi di trasformazione o smaltimento in caso di invenduto e margini di conservazione estremamente ridotti. Inoltre, deve fronteggiare una concorrenza internazionale aggressiva, soprattutto da parte di Paesi come Polonia e Romania, che possono beneficiare di un costo della manodopera significativamente inferiore rispetto a quello italiano.
"Tale scenario crea un disequilibrio strutturale che mette quotidianamente a rischio la sopravvivenza delle imprese fungicole nazionali – continua Andrea Prando, presidente dell'Associazione Italiana Fungicoltori - costrette a livelli di spesa insostenibili per rimanere competitive in un mercato sempre più globalizzato".
© Cristiano Riciputi | FreshPlaza.it
Un appello per una soluzione equa e sostenibile
I produttori chiedono con forza una revisione del meccanismo di tassazione catastale applicato alle superfici fungicole. È necessario introdurre una classificazione catastale specifica per le superfici dedicate alla coltivazione di funghi, considerare i costi reali di produzione e gestione (energia, ammortamenti, personale) ed evitare l'applicazione automatica di coefficienti pensati per settori profondamente diversi.
Precisa Prando: "Un sistema fiscale equo non deve penalizzare chi investe in qualità, innovazione e sostenibilità, creando posti di lavoro. Serve un confronto aperto con le istituzioni, affinché vengano adottati criteri proporzionati, in grado di tutelare le imprese e garantire continuità produttiva al settore.
L'agricoltura, in tutte le sue forme, merita attenzione e rispetto. La fungicoltura, in particolare, rappresenta un presidio di valore ambientale, economico e sociale. L'aumento della tassazione catastale sulle superfici produttive non può e non deve trasformarsi in una condanna per un comparto già esposto a costi strutturali e concorrenza sleale. Le istituzioni sono chiamate a intervenire con urgenza e responsabilità, riconoscendo le specificità di un settore agricolo che lotta ogni giorno per continuare a esistere".
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