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Dati e opportunita' presentati in un convegno

Terremerse vaglia l'ipotesi noce da frutto per rilanciare la frutticoltura emiliano-romagnola

"Il nostro compito è capire cosa ci chiede il mercato e portarlo al mondo della produzione", spiega Marco Casalini, presidente di Terremerse, cooperativa di Bagnacavallo (RA). Questa mission si era tradotta in ricerca e in un convegno dedicato al melograno in occasione del Macfrut di Rimini (cfr. FreshPlaza del 24/09/2015); ma allora si parlava di una coltura pensata per il Sud Italia; e per l'Emilia Romagna, invece? Dove peraltro la cooperativa ha il suo baricentro e dove "le varietà frutticole di punta – rincara Alessandro Cenzuales, direttore ortofrutta di Terremerse – sono in crisi di remunerazione da tempo"?

Per quest'area, una nuova possibile coltivazione individuata per diversificare l'offerta è quella della noce da frutto, per un uso da fresco sgusciato, da IV gamma, da trasformato (per esempio come granella per l'industria dolciaria). I risultati degli studi condotti da Terremerse sono stati presentati venerdì in un convegno "gemello" rispetto a quello di Rimini.


Marco Casalini, presidente di Terremerse.

Il lato del mercato lo sintetizza bene Germano Fabiani, responsabile del segmento frutta, frutta secca, presidio Fior Fiore, direzione commerciale food di Coop Italia, che spiega: "Insieme all'altra frutta a guscio, anche la noce si è affrancata dall'essere considerato un cibo pericoloso per la salute, venendo oggi percepita invece come uno salutare. Questo ci (come Coop Italia, ndr) ha portato a crescere nelle vendite del 50% in 10 anni. Teniamo la noce sempre in catalogo per 12 mesi all'anno, mentre prima lo era solo da ottobre a Natale"; il periodo in cui il consumo era maggiore.


Germano Fabiani, Coop Italia.

"E' cambiato lo stile dei consumatori – riprende Fabiani – che dall'acquisto di quelle con il guscio sono passati alle noci sgusciate. C'è stato un incremento importante della categoria e, negli ultimi 3 anni, il consumo di noci sgusciate è cresciuto di più della granella, mentre il consumo di quelle con il guscio è stazionario. Nel mondo solo Italia, Spagna e Francia consumano in modo significativo noci con il guscio, e questo determina la scelta varietale. Chi fa sgusciato fa Chandler (la varietà di noce da frutto più diffusa al mondo, ndr) perché ha il guscio più sottile e facile da rompere".


Un momento del convegno di venerdì, presso la sede di Terremerse.

Ancora, spiega Fabiani: "Fatto 100 il prezzo delle noci nel 2008, all'inizio del 2015 eravamo arrivati a 250; ora abbiamo registrato una contrazione del prezzo fino a 175 e ci sono stime di futuri ridimensionamenti"; questo soprattutto per via di un aumento di disponibilità del prodotto. Infatti se l'Italia è rimasta sostanzialmente al palo, diventando da grande produttore che fu a grande importatore ("per il nostro consumo la produzione italiana è ancora carente, c'è spazio per aumentare in maniera importante", conclude Fabiani), all'estero non sono stati a guardare, anzi.


L'andamento e i prezzi dell'import di noci in Italia. Clicca qui per consultare il grafico ingrandito (Fonte grafico: presentazione Marangoni, su dati CSO Ferrara 2013).

Di tutta la frutta a guscio, la noce è l'unica in costante crescita dal 2004 in avanti. "Cina e Iran hanno superato la California come produzione, mentre pure l'Australia sta crescendo molto. In California, Australia e Nuova Zelanda c'è poi un gran lavoro di miglioramento genetico", chiosa Bruno Marangoni (clicca qui per scaricarne la presentazione), del dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università di Bologna, esperto in noce da frutto.

Pure il Cile sta spingendo molto su questa coltivazione, tanto che "quest'anno hanno raccolto anche 70 quintali per ettaro", continua Marangoni. I dati presentati a Expo dalla Chilean Walnut Commission rivelano che, ogni anno, nel paese sudamericano si piantano 3mila ettari di noceti in più, che ora stanno entrando in produzione nuovi areali, sicché si stima di raddoppiare la produzione entro 5 anni (cfr. FreshPlaza del 21/10/2015). Dati 2010 parlano invece di 8.600 ettari piantati a noce in tutta la penisola italiana.


Bruno Marangoni, dell'Università di Bologna.

Al di là della crisi di remuneratività delle colture più tradizionali, la domanda è: perché un frutticoltore emiliano-romagnolo dovrebbe piantare noce da frutto? "Perché è un'alternativa valida per questa zona", sottolinea Mattia Onofri, responsabile scelte varietali e tecniche agronomiche del settore ortofrutta di Terremerse; è l'autore di una ricerca sulla coltivazione di noce in zona, usando Chandler come varietà (clicca qui per scaricarne la presentazione).


Un noceto. Si noti l'alta densità delle piante (Fonte foto: presentazione Bruno Marangoni, Università di Bologna).

"Dal sesto anno – spiega Onofri – parte la produzione; inizialmente abbiamo calcolato di 30 quintali per ettaro. Ammesso un prezzo di vendita di 3,50 euro al chilo, la PLV-Produzione Lorda Vendibile al sesto anno è di 10.500 euro/ettaro. Dal settimo anno, la produzione aumenta a 40 quintali per ettaro e continua fino a 25 anni d'età; tenendo fermo il prezzo di vendita dal settimo anno in poi, la PLV per ettaro è di 14mila euro. Considerati i costi di produzione (calcolati in poco meno di 28mila euro/ettaro dalla piantumazione fino alla prima produzione) il prezzo di pareggio è 2,60 euro/Kg".


Mattia Onofri, responsabile scelte varietali e tecniche agronomiche del settore ortofrutta per Terremerse.

"Ora – conclude Onofri – lo scopo è cercare varietà che possano produrre di più, entrando in produzione prima, e trovare quelle operazioni agronomiche che possano ridurre i costi di gestione".


Un momento del convegno organizzato da Terremerse.

"Chandler è la varietà più diffusa – spiega Marangoni – ma qui bisogna esplorare nuove varietà, per anticipare la raccolta e per raccogliere per un periodo più lungo. La Howard (un'altra varietà di noce da frutto, ndr) è valutabile per noi, perché si raccoglie 2 settimane prima di Chandler".


Il tavolo dei relatori del convegno di venerdì. Da sinistra a destra: Bruno Marangoni, Università di Bologna, Mattia Onofri, resp. scelte varietali Terremerse, Marco Casalini, presidente di Terremerse, Alessandro Cenzuales, direttore ortofrutta Terremerse.

A questo punto vengono i dubbi. Il primo è quello dell'entrata in produzione: dalla piantumazione alla prima raccolta commercializzabile passano 6 anni. Il secondo è la dimensione del frutteto. Onofri spiega che "la dimensione ottimale per ammortizzare i costi è tra i 5 e i 10 ettari"; costi soprattutto legati alla meccanizzazione, specie per le operazioni di raccolta, che devono essere effettuate mediante scuotitrice. "Organizzammo un convegno sulla noce da frutto tre anni fa, ma non andò bene perché lo scoglio era quello della maglia poderale: se pensate di farlo (piantumare un noceto da frutto, ndr) in un solo ettaro, allora sbagliate", chiosa Casalini.


La raccolta in un noceto, rigorosamente meccanizzata (Fonte foto: presentazione Bruno Marangoni, Università di Bologna).

Inutile, quindi, prendere in considerazione questa coltura? No, perché come spiega Cenzuales: "Il fallimento delle colture di punta (quella perdita di remuneratività di cui si parlava all'inizio, ndr) è stato dovuto anche a una mancanza di coordinamento, cosa che come Terremerse puntiamo a fare attraverso i piani operativi. Poi possiamo garantire il collocamento del prodotto finito anche su più livelli: fresco, IV gamma, sgusciato, con politiche di marchio. Se aggiungo il fatto che il prodotto italiano è interessante e che con la nostra organizzazione siamo in grado di piazzarlo sul mercato, allora diventa tutto più interessante".

Contatti:
Cooperativa Terremerse
Via Cà del Vento, 21
48012 Bagnacavallo (RA) - Italia
Tel.: (+39) 0546 600 811
Fax: (+39) 0546 600 838
Email: ortofrutta@terremerse.it
Web: www.terremerse.it