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La stima e' di arrivare a 2mila tonnellate nel 2019

Una nuova coltivazione per ritrovare la redditivita': Terremerse scommette sul melograno

Se l'obiettivo di una cooperativa è quello di garantire reddito ai propri associati e se nell'ortofrutta le tradizionali coltivazioni sono sempre più difficili da trasformare in profitto, allora la soluzione potrebbero stare nell'impianto di nuove colture; proprio in tale ottica ieri, 23 settembre 2014, la cooperativa Terremerse ha presentato a Macfrut il proprio piano di coltivazione e valorizzazione del melograno.

Perché il melograno? La ragione la spiega Alessandro Cenzuales, direttore del settore ortofrutta di Terremerse: "Il kiwi ha sofferto gli attacchi della batteriosi, mentre pesche e nettarine hanno problemi di mercato, con prezzi che non sono più remunerativi. Era dunque un dovere, per noi, fornire delle alternative ai nostri soci. Il melograno è un'opportunità: adatto al consumo fresco, si presta ugualmente alla trasformazione industriale, o anche alla cosmesi".


Il tavolo dei relatori al convegno sul melograno organizzato da Terremerse, al Macfrut.

Dal punto di vista della produzione, la si può definire a buon titolo una novità per l'Italia, tanto che ad oggi non si sa con esattezza quanti siano gli ettari coltivati a melograno nella penisola; c'è che dice 200, chi 600. In ogni caso, si è lontani dai volumi prodotti dai big di questo frutto. L'Iran ne coltiva 65mila ettari, l'India quasi 55mila, il dato cinese non è noto, mentre in Europa il grosso della produzione è concentrata nell'area del Mediterraneo.


Alessandro Cenzuales, direttore ortofrutta Terremerse.

Presso alcuni dei propri soci, Terremerse ha già piantato circa 85 ettari di melograno, di cui 8 in regime biologico, e già quest'anno, ad autunno inoltrato, partirà la commercializzazione del fresco. La stima di Terremerse è di arrivare a raccogliere 2mila tonnellate di prodotto nel 2019. Per la maggior parte, i frutteti sono ubicati nel Lazio (51,6%) e in Sicilia (37,5%), con quote minori in Basilicata, Abruzzo e Umbria; già questo è un indice di come questa coltura sia per ora riservata al Sud e al Centro Italia, dove le condizioni climatiche sono più favorevoli; parliamo infatti di una pianta che ha bisogno di periodi estivi lunghi, molto caldi e asciutti e che tollera poco temperature inferiori ai -10 gradi.

Agronomicamente "non è una pianta semplice – spiega Mattia Onofri, responsabile delle scelte varietali e tecniche agronomiche del settore ortofrutta di Terremerse – richiede cura e attenzioni: non è come altre colture che crescono bene anche con poca manodopera: non può essere abbandonata". Servono quindi un'attenta gestione della pacciamatura, dell'irrigazione (un ettaro 'beve' 5mila mc d'acqua, anche 7mila in zone molto siccitose), della concimazione, della potatura e della messa a dimora "perché tutti gli studi in materia – riprende Onofri – dicono che la pianta ha bisogno di molta luce. Per coltivarla servono anche tecniche poco o per nulla diffuse in Italia", come per esempio la baulatura del terreno. Secondo le stime presentate durante il convegno, mettere a dimora un ettaro di melograno costa intorno ai 18mila euro, a causa soprattutto dell'alto costo delle piante, mentre produrre un chilo di melograni costa – sempre stando ai dati forniti da Terremerse – circa 40 centesimi di euro.


Mattia Onofri, responsabile scelte varietali e tecniche agronomiche ortofrutta Terremerse.

Sul fronte della coltivazione, però, la nota dolente viene dalla difesa, data la novità di questa coltivazione in Italia: "Non è disciplinata – riprende Onofri – e non esistono prodotti registrati per il melograno per combattere afidi, cocciniglie, funghi e quant'altro. Ci stiamo muovendo per inserire il melograno nei disciplinari della difesa integrata".

In natura esistono più di mille varietà di melograno e la scelta di Terremerse è caduta sulle due più coltivate e più redditizie: la Wonderful, di origine americana, e la Akko, israeliana, che peraltro garantiscono una scalarità nella raccolta. La prima si raccoglie a ottobre, la seconda a settembre. "Sono le più sicure in termini di produzione e di collocamento sul mercato – conclude Onofri – ma non escludiamo in futuro di studiare nuove varietà; dovremo farlo, anche per allungare il calendario di produzione".


Il pubblico ieri al convegno organizzato da Terremerse a Macfrut e dedicato al melograno.

Questo sul versante della produzione, ma esiste una domanda italiana di melograno? Al momento si tratta ancora di un frutto consumato poco nella nostra penisola perché poco conosciuto; ad acquistarlo sono soprattutto immigrati dal Maghreb, dove il frutto del melograno è noto e fa parte di dieta e cultura locali. Tuttavia il frutto si inserisce all'interno di quel filone di prodotti alimentari in grande crescita: quelli salutistici. Secondo i dati Nielsen citati ieri, il 48% dei consumatori italiani si informa sul rapporto tra alimentazione e salute, mentre il 58% crede che gran parte delle malattie derivino da un'alimentazione scorretta.

"Nell'immaginario collettivo, il melograno viene sempre più associato al benessere", spiega Alessandra Bordoni, nutrizionista presso l'Università di Bologna. E' dimostrato che contiene alte percentuali di vitamina B6 (solo avocado e castagne ne hanno di più), ma su quanto davvero faccia bene il melograno, la comunità scientifica non è ancora unanime. "Ci si sta rendendo conto – chiosa la Bordoni - di avere tra le mani un frutto particolare", tant'è che nella storia recente sono stati effettuati 217 studi sulle proprietà salutistiche del melograno; di questi, 168 sono stati fatti negli ultimi anni e 38 sono datati 2015.


Alessandra Bordoni, nutrizionista presso l'Università di Bologna.

Ma se il mondo della ricerca è ancora in fase di indagine, "il mercato è un po' più avanti della scienza e si è già accorto delle sue proprietà", afferma Claudio Scalise, direttore della SG Marketing Food Strategy. Così, in un'ottica di valorizzazione sui mercati, "ha – riprende Scalise - un'alta valenza salutistica, è pratico perché è evoluto e può essere consumato fresco, come IV gamma, come ingrediente per le insalate, come succo spremuto da solo o in mix con altri prodotti come mela o agrumi".


Claudio Scalise, direttore della SG Marketing Food Strategy.

Tuttavia, per quanto le prospettive sul fronte del consumo possano apparire rosee, ci sono anche alcuni fattori limitanti, a partire dal fatto che si tratta ancora di un prodotto per intenditori, caratterizzato da prezzi alti e spesso assente sugli scaffali dei negozi, specie nei momenti controstagionali. "Abbiamo chiesto alle catene della Gdo – spiega Scalise - cosa potrebbe aiutare le vendite del melograno e le risposte sono state: aumentare il calendario di produzione, la pubblicazione di articoli sulle sue qualità nutritive, una migliore comunicazione nei punti vendita". Tutti aspetti su cui lavorare e investire in un prossimo futuro, al fine valorizzare questa nuova coltivazione. Serve, conclude Scalise, "una politica di marca e di differenziazione dai competitors internazionali, puntando sul fatto che si tratta di un prodotto italiano".

Ad oggi, interviene Claudia Iannarella, procurement manager ortofrutta di Terremerse, "il progetto ha riscontrato un grande interesse da parte dei soci; raggiunta un'importante quota di ettari coltivati abbiamo scelto di calmierare i nuovi impianti per raccogliere i feedback dal mercato in questa prima campagna di commercializzazione. Per la produzione siciliana stiamo valutando la costruzione di un centro di lavorazione, campionamento e stoccaggio direttamente sul territorio per la campagna 2016" (oggi il prodotto raccolto viene conferito ai centri di ritiro e poi spedito al magazzino di lavorazione di Lavezzola, a Ravenna).

Come per il bio, anche la produzione convenzionale verrà valorizzata con un marchio ad alto valore aggiunto. "Crediamo che un marchio possa aiutare a distinguere il prodotto da quello finora visto nei punti vendita, valorizzando l'alta qualità italiana del melograno prodotto dai nostri soci".


Claudia Iannarella, procurement manager ortofrutta Terremerse.

Il melograno si presta bene anche alla trasformazione: spremitura, sgranatura, IV gamma, tuttavia, conclude la Iannarella, "ad oggi non esiste ancora una filiera italiana del melograno. Per questo sarà necessario un investimento in termini di tecnologie da parte delle industrie, in un'ottica di filiera".

Contatti:

Cooperativa Terremerse
Via Cà del Vento, 21
48012 Bagnacavallo (RA) - Italia
Tel.: (+39) 0546 600 811
Fax: (+39) 0546 600 838
Email: ortofrutta@terremerse.it
Web: www.terremerse.it