Iscriviti alla nostra newsletter giornaliera e tieniti aggiornato sulle ultime notizie!

Iscriviti Sono già iscritto

State utilizzando un software che blocca le nostre pubblicità (cosiddetto adblocker).

Dato che forniamo le notizie gratuitamente, contiamo sui ricavi dei nostri banner. Vi preghiamo quindi di disabilitare il vostro software di disabilitazione dei banner e di ricaricare la pagina per continuare a utilizzare questo sito.
Grazie!

Clicca qui per una guida alla disattivazione del tuo sistema software che blocca le inserzioni pubblicitarie.

Sign up for our daily Newsletter and stay up to date with all the latest news!

Registrazione I am already a subscriber
Di Rossella Gigli

Caro direttore, non buttiamo nello stesso calderone il km zero e i prodotti fairtrade

Un paio di giorni fa, il direttore del Corriere Ortofrutticolo, Lorenzo Frassoldati, ha stigmatizzato il "km zero", definendolo una "bufala insopportabile e una moda ridicola".

Siamo d'accordo con Frassoldati, e non potrebbe essere diversamente, visto che già da anni FreshPlaza critica il concetto delle "food miles", ritenendo che misurare la bontà di un prodotto solo in termini di km percorsi sia discutibile e, in definitiva, controproducente per un paese esportatore come l'Italia. Non avevamo perciò alcun bisogno di importare dall'estero e di cavalcare la filosofia del "km zero" (versione italianizzata delle "food miles"), nata in contesti ben diversi dal nostro.

Non siamo però concordi con lei, caro direttore, quando nello stesso calderone del "km zero" si getta anche il commercio equo e solidale.

Il Fairtrade è una cosa seria, non una baggianata né un "trend modaiolo"; anzi, è proprio il movimento delle "food miles" a gravare di un'ipoteca pregiudiziale i commerci ortofrutticoli dai paesi più svantaggiati, che il Fairtrade intende invece favorire. Oltre che combattere contro la povertà, infatti, tali paesi si trovano a dover lottare anche contro la nuova filosofia del "meno viaggia, meglio è".

La preferenza per il cibo di produzione locale, con il conseguente rischio di untaglio della domanda per beni alimentari prodotti in nazioni in via di sviluppo, è stata esaminata in un libro diffuso a dicembre 2009: "Fair Miles: Recharting the food miles map" a cura di Oxfam e dell'IIED, l'Istituto Internazionale per l'Ambiente e lo Sviluppo.

Come sottolinea James MacGregor dell'IIED: "La gente che pensa di risolvere i problemi climatici del pianeta evitando di acquistare cibo che ha viaggiato per lunghe distanze, in realtà rischia di affamare milioni di persone, negando loro il reddito di cui necessitano per la casa, l'alimentazione, la sanità e l'educazione dei figli e generando in definitiva nuove masse di disperati in fuga dalle proprie terre. Se proprio si vuole essere climaticamente responsabili, meglio sarebbe andare al supermercato a piedi o in bicicletta".

Quando un prodotto reca l'etichetta Fairtrade, ciò significa che esso rispetta determinati vincoli, senza i quali non potrebbe mai essere immesso nel circuito del commercio equo-solidale. Tali requisiti sono: condizioni di lavoro rispettose della dignità umana, divieto di lavoro minorile e di lavoro forzato, impiego di materie prime rinnovabili, cooperazione tra produttori, creazione, dove possibile, di un mercato interno dei beni prodotti.

In un contesto nel quale i comportamenti responsabili di tutti possono fare la differenza, l'investimento consapevole delle imprese e dei privati cittadini nel commercio equo e solidale ha fin qui costituito un modello virtuoso, portando certamente più vantaggi al pianeta di quanto non abbia mai fatto il "km zero". Vale la pena ricordarlo.

Per approfondimenti sulla questione delle "food miles", si rimanda ai precedenti articoli pubblicati sul tema da FreshPlaza:

Etichette "a chilometraggio"? Difficilmente realizzabili (22/05/2007)
La Gran Bretagna mette alle strette il Kenya sulla questione delle "food miles" (06/09/2007)
Gli esportatori africani preoccupati per il veto britannico (04/10/2007)
Londra: dibattito sulle "food miles" presso il World Fruit & Vegetable Show (05/10/2007)
Gran Bretagna: arriva al pettine il nodo delle "food miles" (24/10/2007)
Iniziative inutili e dannose: la questione delle "food miles" importata in Italia (23/11/2007)
"La produzione locale non e' sempre meglio per l'ambiente" (19/02/2008)
Gran Bretagna: la cooperazione dei commercianti contro la Soil Association sulla questione delle "food miles" (24/04/2008)
Fresh Produce Consortium: "Il trasporto via aerea non danneggia l'ambiente" (06/06/2008)
La Soil Association fa marcia indietro sull'etichetta "air-freighted" per l'ortofrutta bio d'importazione (12/02/2009)
Il mantra delle "food miles" potrebbe trasformarsi in una catastrofe per la comunita' internazionale (15/12/2009)
Una proposta di legge sui menu a "km zero" denota il ritardo dell'Italia nel dibattito sulle "food miles" (15/12/2009)
Campania: il mantra del "chilometro zero" rischia di vanificare gli intenti del programma Frutta nelle Scuole (19/04/2011)
La propaganda sul cibo a "km zero" si rivela un boomerang per le produzioni italiane (15/02/2012)
La corsa dei paesi esteri a prodursi in casa il proprio fabbisogno di ortaggi apre nuovi scenari da non sottovalutare (27/08/2012)