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"Campania: il mantra del "chilometro zero" rischia di vanificare gli intenti del programma Frutta nelle Scuole"

E' di qualche giorno fa la polemica sollevata da Legambiente Campania nei confronti della frutta fornita agli istituti scolastici regionali nell'ambito del Programma Frutta nelle Scuole.

Legambiente denuncia che: "Prima di arrivare sui banchi, la frutta percorre chilometri e chilometri tanto che spesso è quasi marcia, a volte fuori stagione. Visto che si tratta di un programma di educazione alimentare non sarebbe il caso di acquistare prodotti biologici e locali?" Addirittura, alcune scuole minacciano di non partecipare più al programma a partire dal prossimo anno.

In Italia, il progetto - cofinanziato dall'Unione Europea - viene seguito dal Ministero dell’Agricoltura, in collaborazione con il dicastero dell’Istruzione, i quali nell’ottobre 2009 hanno inviato una circolare alle scuole, coinvolgendo nel programma quasi la metà della popolazione scolastica della scuola primaria italiana: più di un milione di bambini di età compresa tra 6 e 10 anni.

Quella stessa fascia di popolazione che rischia di vivere meno delle generazioni che l'hanno preceduta, a causa proprio di comportamenti alimentari del tutto errati. Un’indagine condotta dal ministero della Salute e dal dicastero dell’Istruzione, in collaborazione con tutte le Regioni del Paese, rivela che il 23,6% dei bambini risulta infatti sovrappeso, mentre il 12,3 è addirittura obeso.

L’11% dei piccoli italiani salta la prima colazione e il 28% la fa ma in modo non adeguato, perché sbilanciata in termini di carboidrati e proteine. Il 23% dei genitori italiani dichiara inoltre che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e verdura, tanto che solo il 2% supera le quattro porzioni giornaliere.

Un problema che coinvolge l’intera società industrializzata, dove circa un adulto su tre ha problemi di sovrappeso.

Il Programma Frutta nelle Scuole prevede la distribuzione di 23 prodotti, dalle albicocche ai fichi d’india, passando per arance, pere e mele. I parametri scelti dal Ministero sono "qualità certificata" e "produzione integrata". Che sia "biologica" è invece opzionale. Vietata solo "l’aggiunta di zuccheri, grassi, sale, dolcificanti, aromatizzanti e coloranti non naturali". Quindi non c’è nessun obbligo di acquisto di prodotti locali, basta siano "comunitari al 100 per cento", anche non biologici.

Nulla di strano; anzi tutto guidato dalle migliori intenzioni. Purtroppo, però, il tarlo concettuale del famigerato "km zero" rischia di vanificare il primo vero tentativo - con tutti i limiti nei quali ci si imbatte quando si prova a fare qualcosa! - di portare una sana educazione alimentare nelle scuole e tra le fasce più giovani della popolazione.

Per approfondire gli impatti devastanti del "chilometro zero" sugli scenari mondiali, vai al precedente articolo: "Il mantra delle "food miles" potrebbe trasformarsi in una catastrofe per la comunita' internazionale".