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Esportare agrumi o qualsivoglia referenza in Cina, esige prima di ogni altra cosa una corretta registrazione del marchio

Lo scorso 1 giugno 2017, il Distretto degli Agrumi di Sicilia ha organizzato una giornata di lavoro, dal tema "Il Mercato cinese per gli Agrumi di Sicilia: conoscere per organizzarsi", nel corso della quale importanti esperti, appositamente invitati, hanno messo a disposizione dell'agrumicoltura siciliana preziosi elementi per operare in quei mercati. Usare il plurale, a proposito di mercati cinesi, è d'obbligo perché, come vedremo, non esiste una sola Cina, ma ve ne sono 'tante', con diversi ritmi di crescita e, di conseguenza, diverse esigenze commerciali.


Da sx.: D'Anna, Di Giovanni, De Vecchi Bellini, Cracolici, Argentati, Toti, Amodei, Rossi.

In Cina c'è spazio a iosa per gli agrumi siciliani (sempre tenendo in conto che il viaggio dura intorno ai 40 gg. - ndr). L'apertura del mercato è una grande opportunità, ma bisogna preparasi bene, conoscerne la legislazione e le pratiche burocratiche-amministrative, attivare le tutele di legge sui marchi e sulle certificazioni di qualità Dop e Igp, posizionarsi sul target giusto, trovare gli accordi di distribuzione su un territorio vastissimo e sottoporsi a tutti i controlli fitosanitari previsti dall'accordo siglato tra il governo italiano e quello cinese lo scorso febbraio.



"L'apertura di nuovi mercati ci obbliga a essere coscienti delle difficoltà che permangono – ha detto Federica Argentati, presidente Distretto Agrumi di Sicilia, avviando i lavori – si tratta di qualcosa che rientra nei nostri compiti. Per questo abbiamo invitato esperti che da anni operano sui mercati cinesi e tecnici della Regione che hanno seguito la negoziazione relativa all'accordo in materia di controlli fitosanitari. Ora è l'imprenditoria che deve misurarsi con una nuova, grande opportunità".

Videointervista Federica Argentati


Argentati ha fatto cenno anche al turismo rurale specifico del mondo agrumicolo che, "vede in prima linea il progetto le Vie della Zagara in sinergia con i Consorzi di tutela Dop e Igp e l'associazione Gusto di Campagna. Si tratta di un'altra opportunità, che ha tutti i numeri per essere giocata come carta vincente".

Poi la volta degli esperti che si sono alternati, a partire da Alberto Rossi, responsabile Marketing e analista del Centro Studi per l'Impresa della Fondazione Italia Cina, il quale ha illustrato i dati del Rapporto Annuale della Fondazione Italia Cina 'Scenari e prospettive per le imprese', da cui (tra le altre) emerge che "il prodotto italiano piace perché è di qualità; inoltre c'è molta più attenzione alla sicurezza alimentare e ai marchi di garanzia. C'è anche un boom dell'e-commerce che nel 2020 varrà 180 mld di dollari".

A seguire, Chiara Amodei, responsabile corporate Centro e Sud Italia di Bank of China, la quale ha parlato di come la tendenza in Cina sia quella di consumare sempre più prodotti di qualità. Bank of China supporta le imprese italiane che vogliano operare su quel mercato, sotto vari aspetti, grazie alla sua rete capillare.



Il parterre qualificatissimo di relatori ha visto anche l'intervento della politica regionale che, attraverso i propri uffici, ha contribuito a dirimere alcuni ostacoli tecnico - burocratici per addivenire alle autorizzazioni necessarie.

"Ottimo il lavoro del Distretto Agrumi di Sicilia, che sta divulgando e informando questo circa questo importante accordo – ha detto l'assessore all'Agricoltura della Regione Sicilia, Antonello Cracolici - L'apertura di un mercato come quello cinese obbliga la produzione siciliana a un livello di organizzazione adeguato a raccogliere questa sfida. La Sicilia può e deve giocare questa partita all'interno di un brand commerciale e territoriale molto più vasto qual è il brand Italia. E lo potrà fare se avrà la capacità di fare sistema, di organizzare la filiera e i suoi produttori".

Videointervista Assessore Cracolici


E' stata poi la volta di Enrico Toti e Laura Formichella, responsabili del China Desk dello studio legale Nctm, (con sede anche a Shanghai e tra i pochi studi stranieri accreditati in Cina), i quali hanno illustrato gli aspetti relativi al diritto e alla tutela dei marchi e delle certificazioni di qualità.

"Le arance in Cina non mancano, ma per i nostri prodotti l'opportunità è la crescente esigenza del consumatore cinese di mangiare sano – ha spiegato Toti - Non esiste una sola Cina, perché il territorio è enorme, strutturato in diverse province e distretti, con peculiarità e criticità diverse".

"Il consiglio è quello di avvicinare il mercato in modo consapevole, tenendo conto delle dimensioni dell'azienda, del tempo e delle risorse da dedicare all'internalizzazione. Il diritto cinese è ormai maturo - continua il legale - e non bisogna sottovalutare la necessità di investigazione sui possibili partner o interlocutori commerciali cinesi, per capire effettivamente la loro forza e solidità. Occorre stare attenti!"

Laura Formichella, dal canto suo, ha approfondito il tema della tutela giuridica della proprietà intellettuale, visto che la legislazione cinese permette a chiunque di registrare un marchio anche senza esserne titolare. "La legge cinese offre due importanti livelli di tutela sia per i marchi sia per le certificazioni di qualità Dop e Igp – ha spiegato l'avvocato Formichella - Il nostro suggerimento è di tutelarsi prima ancora di approcciare il mercato. Per chi è già in possesso di certificazioni Dop e Igp, è relativamente più facile ottenere la certificazione AQSIQ, l'ente di certificazione più importante della Cina: una certificazione di garanzia sulla quale i cinesi ripongono la massima fiducia. La certificazione diventa essenziale anche per la valorizzazione economica del nostro prodotto. Un'indagine ha rivelato che i prodotti registrati o certificati hanno registrato un incremento del prezzo che va dal 300% a picchi del 2000%".

Videointervista Laura Formichella


Poi l'intervento di Cristiano Di Giovanni della Savino del Bene, operatore logistico globale, il quale ha posto l'accenno su quanto sia fondamentale "la pianificazione logistica e l'assistenza professionale per pratiche burocratiche legate ai trasporti e agli imballaggi". Questi ultimi "devono contenere tutta una serie di indicazioni, compreso il numero di registrazione del frutteto". Al momento, le arance si possono trasportare solo via mare e soltanto da alcuni porti italiani dei quali il più a Sud è quello di Gioia Tauro.



Interessante la testimonianza di Stefano De Vecchi Bellini, socio fondatore e titolare della Gamos Group, trading company, fondata a Shanghai nel 2014, che ha portato la propria esperienza di trader del settore food&beverage. Tra gli interventi tecnici si è collocato anche quello di Rosario D'Anna, dirigente dell'Assessorato Agricoltura Regione Sicilia – Servizio 4 Fitosanitario, il quale ha approfondito l'accordo con la Cina in materia di controlli fitosanitari.

"I lavori di negoziazione - ha detto D'Anna - sono cominciati nel 2009 e, dopo tante trattative, hanno portato alla firma nello scorso febbraio. La Regione, inoltre lo scorso marzo ha diramato un avviso per le aziende interessate all'export nel 2017/18 (cfr. precedente news). Hanno risposto solo in due, perché l'accordo è molto stringente. Il nostro servizio fitosanitario peraltro deve controllare tutta la produzione, dalla fioritura alla raccolta. Quindi, anche se possiamo sembrare rigidi, in questa fase di apertura del mercato, è perché bisogna rispettare il protocollo nei minimi particolari. Le aziende interessate devono aderire a un sistema di difesa integrata dai parassiti, secondo il disciplinare regionale di produzione integrata".

A chiudere i lavori Salvatore Torrisi, presidente della A.A.T. Oranfresh, che ha messo a disposizione la sede in cui si è svolto l'evento. "Siamo stati i primi ad esportare le nostre macchine spremiagrumi in Cina, circa 5 anni fa - ha detto Torrisi - Ne abbiamo esportate oltre 700. Il mercato cinese è immenso e complicato ed è bene essere preparati per affrontarlo".
Data di pubblicazione: