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Terremerse, il futuro in un marchio che parli direttamente al consumatore

Investimenti sì, ma con cautela. E con due obiettivi: un grande marchio che arrivi direttamente al consumatore ed entrare come soci nel mondo della trasformazione del pomodoro". Venerdì 31 marzo 2017, presso la propria sede di Bagnacavallo (Ravenna), la cooperativa Terremerse ha illustrato gli obiettivi per il prossimo triennio. Presente anche l'assessore regionale all'agricoltura Simona Caselli. A fare gli onori di casa, il presidente Marco Casalini e l'amministratore delegato Gilberto Minguzzi.

Guarda la videointervista a Marco Casalini

"A fronte a una riduzione di fatturato da 171 a 147 milioni, dovuto alla dismissione del settore macchine, e riorganizzazione della filiera ortofrutticola, la marginalità della coop è passata da 3,8 a 5,1" ha detto Stefano Fogagnolo direttore di Deloitte&Touche. "Abbiamo deciso delle strategie per i prossimi tre anni per migliorare la marginalità, comprese delle azioni correttive".

Di fronte a una numerosa platea, la parola è passata a Minguzzi. "In un questionario sottoposto a un campione delle nostre aziende, è emerso che il 40% delle imprese di Terremerse ha terreni in affitto e l'82% è formato da aziende individuali. Il 29% non ha successione. Le aziende frutticole con oltre 5 ettari di coltivazione rappresentano il 19,2%, ma il 67,5% della superficie. Le aziende con oltre 20 ettari rappresentano il 2,8% del numero e il 35,7% della superficie del campione esaminato. Per il pomodoro, le aziende con oltre 20 ettari rappresentano il 34,7% del numero e il 72% della superficie".


Gilberto Minguzzi, AD di Terremerse

Minguzzi ha aggiunto che "la globalizzazione non ha portato vantaggi alle aziende agricole, se non quelle molto strutturate e in grado di lavorare con tutto il mondo".

Circa i nuovi investimenti, l'Ad ha affermato che è "meglio abbondare nelle precauzioni; lanciamo la palla in avanti ma con prudenza, non facciamo passi più lunghi della gamba. Per fare investimenti puntiamo alla conversione di assi patrimoniali non più strategici. Investiamo per lo sviluppo, ma non investiamo a debito".



Uno degli obiettivi per il prossimo triennio è quello di lanciare un marchio a livello nazionale: "Vogliamo comunicare - ha detto Minguzzi - direttamente al consumatore finale il valore aggiunto che daremo alle nostre produzioni. Vogliamo adottare un marchio che dia al consumatore le garanzie di qualità. Egli conosce il marchio del bio, ma se approfondiamo un po' in Emilia Romagna il bio è solo l'11% della superficie. Forse si arriverà al 15%; allora noi dobbiamo incidere sul restante 85% di superficie".



Per fare questo, Terremerse intende partire da Agronomica 3.0 (cfr FreshPlaza del 25/09/2015) per coltivare con una lotta integrata avanzata; potenziare i servizi ai soci e azioni complementari. Poi sviluppare un piano marketing per comunicare al consumatore finale e una strategia finanziaria adeguata.



Il piano di marketing non dovrà essere solo di spesa, ma dovrà aggregare una serie di soggetti, come i fornitori, interessati da questo percorso. Terremerse dovrà generale l'afflusso di risorse esterne, tramite la costituzione di una società o di una rete per la gestione del brand e la comunicazione al mercato.

"Per l'ortofrutta ci sono 5 linee guida che verranno implementate", ha detto il direttore del comparto Alessandro Cenzuales. "Con Apofruit abbiamo iniziato un percorso di aggregazione e specializzazione. L'obiettivo è sempre quello della maggiore redditività dei produttori. Dobbiamo spendere meno nel processo produttivo e andare sui mercati con specie migliori. Il progetto è iniziato e si svilupperà".


Alessandro Cenzuales responsabile filiera ortofrutta

Fra le curiosità, quello di investire sulla coltura del luppolo, in modo da fornire ai birrifici artigianali un elemento base per la preparazione della birra che, ad oggi, non può fregiarsi della definizione di filiera totalmente italiana, dato che il luppolo è quasi sempre di importazione.

Anche Cenzuales ha parlato di pomodoro. "E' una coltura importante. Il problema è che, tolti alcuni operatori che fanno politica di marca, il resto rimane prodotto indifferenziato. Come Op Pempacorer siamo il terzo fornitore di Mutti, pur avendo il nostro pomodoro un costo superiore rispetto a tanti altri, ma la qualità che ci caratterizza è altissima. Ora però viene a mancare Ferrara Food, azienda che fino al 2015 ha dato risposte. Ormai è finito il tempo di fare solo gli agricoltori. E' giunto il momento di pensare a valorizzare di più la materia prima. Dobbiamo mettere in campo iniziative e investimenti su progetti che facciano verticalità".



"Non faremo i trasformatori - ha concluso - però se ci sarà un operatore qualificato che darà garanzie, la nostra parte non sarà solo fornire pomodori, ma potremmo essere chiamati insieme ad altre 7 Op per fare investimenti. E' finito il tempo di fornire solo pomodoro. Va bene entrare nella compagine sociale del mondo della trasformazione, ma ci vorrà un partner affidabile".
Data di pubblicazione: