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Le OP alle prese con cambiamenti climatici e nuovi competitor

L'importanza dell'aggregazione in tempi di crisi del comparto agricolo è fondamentale, ma assume maggior valore nei casi in cui si verifichino evenienze catastrofiche che, a causa dei cambiamenti climatici, sono sempre più frequenti e che spesso comportano la distruzione totale delle strutture di coltivazione, mettendo a repentaglio l'esistenza stessa delle aziende colpite. E' di poche settimane fa l'ultimo evento climatico estremo nel ragusano (cfr FreshPlaza del 28/03/2018) che chiarisce in tutta la sua drammaticità cosa può succedere in caso di una o più trombe d'aria che si abbattono su una serra.

Ma esistono strumenti capaci di dare ristoro alle aziende agricole in caso di calamità, atteso che i tempi dei contributi a pioggia (spesso, nel passato, catalizzati impropriamente) sono definitivamente tramontati? Per capire meglio i margini che restano, abbiamo chiesto il parere al direttore di una nota OP siciliana.

"Ad oggi, purtroppo, giace ancora sul tavolo del Mipaaf il decreto attuativo della legge sul reddito garantito dell'imprenditore agricolo - risponde Luciano Caruso, noto esperto dell'agrobusiness internazionale - mentre l'OCM già prevede il co-finanziamento dei costi di gestione. Si tratta di alcune risorse del bilancio comunitario per il comparto".


Luciano Caruso

"I Paesi produttori principali di ortofrutta sono Spagna, Italia, Francia e Grecia - continua Caruso - questi però non sono capaci di incidere sufficientemente nei processi decisionali della UE e il grosso delle risorse comunitarie è concentrato sulla Pac (premio unico) che è totalmente a favore dei Paesi del Nord Europa".

Siamo bravi a fare autogol?
"Al momento assistiamo alla contribuzione dei paesi dell'Est ed esborsiamo molte più risorse di quante ce ne ritornano - spiega ancora il direttore - . Questi Paesi, come Polonia, Romania e Ungheria, usano le nostre risorse per investire in strutture serricole che quindi noi co-finanziamo per favorire la nostra concorrenza. Un vero paradosso, una forma di autolesionismo che non ha motivo di esistere. Se a questo sistema caotico aggiungiamo anche una burocrazia italiana farraginosa, lesiva e opprimente, allora diventa chiaro che siamo davanti al baratro".

"Pesa inoltre, nel contesto, anche la crisi dei consumi - dice l'esperto - verosimilmente dovuta al fatto che la GDO pratica ricarichi al consumatore che sono obiettivamente eccessivi. Bisognerebbe introdurre in Italia l'esposizione del doppio prezzo, ossia quello del prodotto all'origine e quello di vendita. Solo così si tutela il consumatore italiano e, al contempo, l'agricoltore".



Per i più svariati motivi, alcuni Paesi agiscono in deroga alle regole Ue: l'Italia no.
"L'Italia è una nazione molto importante, a dispetto del trattamento che ci viene riservato nei tavoli delle trattative internazionali in tema di ortofrutta, perché sviluppa un valore di produzione associata in OP di oltre 5.560.000.000 Euro. Basterebbe incrementare, con un provvedimento governativo e un impegno di spesa di 56 milioni, il fondo di esercizio delle OP per consentire a queste di riversare risorse vitali, compreso il reddito garantito, ai produttori associati".