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Protocollo contro il caporalato: i commenti delle organizzazioni agricole

Ministeri dell'Interno, delle Politiche agricole e del Lavoro, parti sociali agricole, Regioni, associazioni delle cooperative e del terzo settore sono i protagonisti dell'accordo "Cura, Legalità, Uscita dal ghetto", siglato lo scorso 27 maggio al Viminale, che definisce interventi coordinati, a livello locale, e finalizzati all'accoglienza, alla cura, all'informazione, al lavoro e all'integrazione della manodopera agricola, soprattutto di provenienza straniera (vedi articolo correlato).

"Il rigetto assoluto del lavoro nero e del caporalato sono due principi cardine che guidano l'azione sindacale della Cia. Perché è evidente che le eccellenze agricole nazionali devono essere legate non solo alla qualità, ma anche alla dignità del lavoro e della vita delle persone coinvolte. Per questo il Protocollo sperimentale contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura sottoscritto da governo, associazioni ed enti locali rappresenta un passo importante". Lo afferma la Cia-Agricoltori Italiani che, con il vicepresidente nazionale Alessandro Mastrocinque, ha partecipato alla firma dell'intesa.

Secondo la Cia, del Protocollo è fondamentale sottolineare innanzitutto l'approccio pragmatico e non generalista, che vede nell'individuazione di specifiche province (Bari, Caserta, Foggia, Lecce, Potenza, Ragusa, Reggio Calabria) il terreno su cui sperimentare le azioni concordate. Ugualmente significativa è l'identificazione delle parti sociali quali interlocutori essenziali nella riuscita degli interventi.

Su questo ultimo aspetto, il Protocollo ha recepito quanto da sempre sostenuto dalla Cia: il caporalato non si contrasta efficacemente se non si comprende che occorre sottrarre alla criminalità organizzata due ambiti strategici: la logistica e l'incontro domanda e offerta. Ma sottrarre il mercato del lavoro alla criminalità non vuol dire unicamente controllo e repressione, vuol dire anche diventare responsabili di quel segmento in modo trasparente, tracciato, legale ed efficace: le parti sociali, insieme alle istituzioni, possono e devono farlo. Tanto più che i numeri più recenti sul caporalato parlano di circa 100 mila "nuovi schiavi", che si alternano oggi tra i filari di vite o nella raccolta dei pomodori e della frutta.

La lotta ai caporali e allo sfruttamento del lavoro sarà lunga e difficile ma, se deve portare a risultati che durino nel tempo, dovrà essere composta di tante azioni. Il Protocollo firmato oggi ne affronta alcune - osserva la Cia - ma non si può trascurare che parallelamente vi è in commissione Agricoltura un Ddl del governo, su cui proprio ieri si è svolta un'audizione del Ministro Martina, il quale si è espresso per un'accelerazione dell'iter legislativo.

Sul disegno di legge, però, la Cia ritiene che, oltre alla necessità che le norme penali già esistenti siano certe e applicate (prima ancora che rafforzate o innovate come intende fare il governo), sia opportuno non introdurre elementi estranei rispetto all'obiettivo e che rischiano di distrarre risorse ed energie verso fini completamente diversi. Occorre cioè uscire finalmente dall'errata sicurezza psicologica che vede nell'aumento della burocrazia e dei vincoli (quali gli indici di congruità o le mensilizzazione dei contributi) una maggiore garanzia di tutela del lavoro e di rispetto della legge. Il lavoro sano si afferma con regole chiare, semplici e sostenibili - conclude la Confederazione -. L'integrazione delle banche dati e del patrimonio informativo in possesso delle Pubbliche amministrazioni deve fare il resto.

"Confagricoltura ha aderito con convinzione alla firma del protocollo sperimentale contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura - proposto dai ministeri del Lavoro, dell'Interno e delle Politiche agricole - che fornisce strumenti concreti di supporto ai lavoratori agricoli e permette di prevenire e contrastare, nelle aree più a rischio, sfruttamento e degrado". Lo ha detto il vicepresidente dell'Organizzazione degli imprenditori agricoli Giandomenico Consalvo.

"Due sono subito le cose da fare - afferma Pietro Molinaro Presidente di Coldiretti Calabria, Regione tra i firmatari dle protocollo - per dare futuro agli immigrati sottraendoli allo sfruttamento del caporalato. L'approvazione del Disegno di legge 2217 di contrasto al caporalato che è in discussione in Parlamento e l'attivazione degli strumenti di contrattazione di secondo livello che possono contribuire all'emersione del lavoro e fare da barriera allo sfruttamento e al caporalato. Possiamo e dobbiamo combattere due fenomeni odiosi: spezzare la catena dello sfruttamento che sottopaga i prodotti agricoli e il lavoro nei campi e provoca la sofferenza e il caporalato. Fin dal 2010 non abbiamo mai sottovalutato il problema, e in particolare con l'iniziativa "Non lasciamo sola Rosarno coltiviamo gli stessi interessi" abbiamo denunciato e ci siamo battuti per combattere chi sfrutta e sostenere chi produce in condizioni di legalità come la stragrande maggioranza delle imprese agricole che in Calabria hanno assunto regolarmente circa 7mila immigrati oltre un settimo degli immigrati presenti in regione (circa un quinto gli assunti in Italia)".

"E' necessario l'impegno di tutti gli attori per combattere efficacemente la piaga dell'illegalità e dello sfruttamento dei lavoratori - ha osservato il rappresentante di Confagricoltura -. Anche lo Stato dovrà fare la sua parte, prevedendo misure adeguate per la semplificazione burocratica, l'alleggerimento degli oneri sociali, l'integrazione di clandestini ed emigrati, la sicurezza ed il presidio del territorio. Occorreranno poi efficaci servizi pubblici adeguati per il collocamento ed il trasporto degli addetti sui luoghi di lavoro".

"La firma congiunta del ministro dell'Agroalimentare Maurizio Martina, del ministro dell'Interno Angelino Alfano e del ministro del Lavoro Giuliano Poletti per combattere il caporalato – dichiara in una nota il presidente nazionale Confeuro, Rocco Tiso – non è altro che l'ennesimo tentativo di combattere con la burocrazia qualcosa di ampiamente strutturato nei territori agricoli".

"Contro il caporalato – continua Tiso – non bastano solo delle firme e/o l'aumento dei controlli, ma serve un costante presidio della legalità capace di monitorare tutta la filiera agroalimentare".

"Quel che infatti non si comprende è che il caporalato non è un caso isolato, ma è il prodotto delle mancanze politiche, sociali e morali di cui il settore agroalimentare soffre da anni, e che, paradossalmente, in molti casi sono causate proprio da quelle stesse persone o sigle che oggi firmano un documento per debellarle".

"Nel nostro Paese – conclude Tiso – c'è un enorme problema di onestà e di trasparenza. E tutto questo va risolto prima di ogni cosa".
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