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Se ne e' discusso a Guardavalle (CZ) durante un seminario tecnico

Agrumicoltura calabrese: come determinare il successo o il fallimento del settore

L'agrumicoltura calabrese soffre oggi di pesanti ritardi ed errati interventi che le hanno fatto perdere importanti quote di mercato, con conseguenti difficoltà commerciali e produttive. Tecniche di produzione, assetto varietale e organizzazione commerciale costituiscono elementi cardini da cui dipende il successo o il fallimento del settore. Se ne è discusso sabato 21 febbraio 2015 a Guardavalle (CZ), durante il seminario tecnico "Agrumicoltura biologica e di qualità: possibilità e prospettive per il nostro territorio", organizzato dall'Associazione Puntastilo, il cui presidente, l'agronomo Francesco Quaranta, ha moderato l'incontro.

Nella sua relazione, l'agronomo ed esperto di produzioni agrumicole Francesco Perri (nella foto sotto, durante il suo intervento) ha puntato l'attenzione principalmente sulla complementarietà tra i territori proponendo cultivar di agrumi a maturazione tardiva, integrative alle produzioni della Sibaritide, che risultano naturalmente più precoci. "Per fare ciò bisogna adottare modelli organizzativi con la creazione di reti di imprese e indubbi vantaggi per l'agrumicoltura regionale".



Perri ha inoltre fatto presente che, nonostante il momento difficile, bisogna focalizzarsi ancora di più sulla ricerca della qualità e sulla specializzazione del prodotto. A questo proposito risulta fondamentale l'individuazione di una mappa di vocazionalità dei territori, che i tecnici e gli agrumicoltori dovranno tenere in considerazione nella scelta di ciò che si vorrà impiantare. Lungo l'arco jonico del reggino da Guardavalle-Monasterace fino a Bovalino (zone storicamente non gelive e più vocate alla coltivazione di agrumi di qualità), su oltre 2.000 ettari si potrebbe realizzare una nuova agrumicoltura.

In merito agli aspetti varietali, la ricerca nazionale e internazionale ha selezionato diverse e interessanti specie di agrumi (arance, clementine e incroci vari) a diversa epoca di maturazione, consentendo una lunga stagionalità. Alcune di queste però sono iscritte in appositi "Registri delle varietà protette", la cui diffusione e produzione è severamente regolamentata da club che vietano e controllano la libera produzione.



Altro punto di grande importanza: i portinnesti. "La recente diffusione della Tristeza nella nostra agrumicoltura ha determinato l'utilizzo di portinnesti tolleranti alla malattia e alternativi all'arancio amaro - ha spiegato Perri - Non è più proponibile il portinnesto tradizionale nei nuovi impianti, per il rischio considerevole in cui si incorrerebbe. Attualmente le uniche alternative collaudate sono rappresentate dai citrange Troyer, Carrizo e C 35. L'utilizzo del citrumelo Swingle risulta interessante, ma limitatamente ai terreni che presentano un contenuto in calcare attivo limitato al 3-4%. Altro portinnesto utilizzabile nei terreni con calcare attivo inferiore al 3-4% è l'arancio trifogliato Poncirus T. In Calabria è utilizzato per il clementine".

E, concludendo, l'esperto ha dichiarato: "Tutte queste azioni relative al rinnovamento che rappresentano la strada verso la competitività di un settore che rimane la spina dorsale dell'economia di vasti territori della Calabria produttiva, possono essere sviluppati e condotti solo da imprenditori consapevoli, guidati da tecnici preparati e aggiornati e che abbiano acquisito il know how necessario per una moderna e razionale gestione tecnica dell'agro-ecosistema agrumi, che prevede cultivar e pratiche colturali ma anche richieste di mercato in continua evoluzione".



Durante l'incontro, l'agronomo Francesco Ancona, responsabile dell'assistenza tecnica presso la Agrinova Bio 2000 di Acireale (CT), si è soffermato sul concetto di agro-ecosistema, inteso come ampia interazione fra clima, terreno ed esseri viventi.

"Nell'attività agricola, la presenza di una certa quantità di esseri nocivi, funghi, insetti o malerbe che siano, deve essere considerata fisiologica e non patologica. Il problema che attualmente si pone al tecnico e all'agricoltore non è quello di fare tabula rasa, ma di mantenere i parassiti al di sotto di una soglia ritenuta accettabile, che consenta rese stabili nel tempo e prodotti di buona qualità con il minor danno per l'ambiente. Tale obiettivo può essere raggiunto se non prevale l'ottica delle massime rese a ogni costo e della qualità esclusivamente estetica".

Secondo Ancona, per il controllo dei parassiti è necessario innanzitutto mantenere un equilibrio e poi utilizzare dei mezzi difesa agronomici e meccanici ad hoc.

"In agrumicoltura, la difesa può essere realizzata attraverso processi graduali di conversione che abbiano come obiettivo l'esclusione delle molecole di sintesi, avendo ben chiaro che l'agro-ecosistema agrumeto è uno dei più sensibili all'uso di prodotti chimici, soprattutto se non selettivi. La biocenosi di un agrumeto, se non alterata, è estremamente complessa e ai fitofagi nemici sono vincolate molte specie predatrici e parassite".

Gli entomologi che hanno messo il naso negli agrumeti sono riusciti a identificare circa 200 specie fitofaghe ma, di queste, sono meno di una decina quelle che possono dare problemi. Gli entomofagi e, seppur in misura minore, gli entomopatogeni, svolgono un buon lavoro di contenimento; le loro specie sono assai più numerose di quelle fitofaghe e, se non compromesse da trattamenti sconsiderati, rimangono uno dei principali fattori di regolazione biologica.


I relatori intervenuti al seminario.

L'intervento di Giancarlo Roccuzzo del CRA-ACM (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura - Centro di ricerca per l'agrumicoltura e le colture mediterranee) di Acireale ha avuto come tema la gestione della fertilità in agrumicoltura biologica, un metodo di produzione basato prevalentemente sulla gestione delle risorse interne all'impresa agricola, che privilegia le tecniche colturali naturali rispetto a quelle basate sull'impiego massiccio di mezzi tecnici.

"La nuova frontiera per la ricerca del settore è l'applicazione dei principi di intensificazione ecofunzionale alla realtà frutticola specializzata - ha sottolineato Roccuzzo - Secondo tali principi è possibile ottenere produzioni stabili e di qualità attraverso un uso ottimale delle risorse interne al sistema. In tale contesto, per quanto riguarda la gestione della fertilità, appare centrale il riutilizzo di sostanze organiche residue, la consociazione con colture erbacee miglioratrici, la messa a punto e la divulgazione su base locale di tecniche di coltivazione conservative, per consentire l'adeguata modulazione del rilascio degli elementi della nutrizione e la gestione delle limitate risorse idriche".

In una prova di lunga durata, realizzata nell'azienda Sperimentale Palazzelli del CRA-ACM a partire dal 1995, è stata dimostrata la fattibilità dell'applicazione del metodo biologico in agrumicoltura e il miglioramento dell'efficienza d'uso dei nutrienti derivante dall'utilizzo di ammendanti compostati.

I risultati dimostrano come l'applicazione dell'approccio agro-ecologico tipico dell'agricoltura biologica può contribuire a migliorare la sostenibilità ambientale dell'agrumicoltura mediterranea nella prospettiva di lungo termine.



Infine, Marco Eleuteri, direttore commerciale dell'Associazione di organizzazioni di produttori AOP Armonia, ha analizzato i cambiamenti del mercato agrumicolo, soffermandosi sui rischi e sulle opportunità per gli operatori del settore.

"Secondo un recente studio realizzato da Freshfel-European Fresh Produce Association, la produzione agrumicola italiana si è ridotta di quasi il 40% in meno di 10 anni; al contrario, la produzione di agrumi nel bacino del Mediterraneo è cresciuta nello stesso periodo di quasi del 20% grazie agli incrementi produttivi fatti registrare in Spagna, Egitto, Turchia e Marocco - ha dichiarato Eleuteri - Il declino dell'agrumicoltura italiana ha coinciso con un periodo particolarmente positivo per quella spagnola che ha conosciuto in questi ultimi anni una fase di grande crescita, grazie soprattutto ai progressi del settore clementicolo, al centro di un profondo processo di rinnovamento varietale".

La clementicoltura italiana, al contrario, è stata incapace di fare altrettanto, in quanto il sistema produttivo eccessivamente frammentato e polverizzato in tante micro-aziende, si è dimostrato inadeguato sia per affrontare in maniera incisiva il mercato internazionale, sia per poter sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla ricerca agrumicola, tanto domestica quanto internazionale.

"Secondo le previsioni del Clam-Comitè de Liaison de l'Agrumiculture Méditeranéenne, solo l'8,5% della produzione agrumicola italiana per la campagna 2014/15 sarà esportata (contro il 75% di quella spagnola); ne consegue che la stessa sarà destinata essenzialmente a soddisfare la domanda interna - ha continuato Eleuteri - Sempre secondo queste previsioni, nel corso dell'attuale campagna l'Italia importerà più agrumi di quanto non riuscirà a esportarne, e il suo maggior fornitore sarà proprio la Spagna, da dove proviene il 60% delle importazioni agrumicole che entrano nel nostro Paese".

"In uno scenario di questo tipo, il nostro sistema agrumicolo va cambiato radicalmente e velocemente, a partire dalla crescita dimensionale delle nostre aziende, senza la quale non vi sarà alcuna possibilità di invertire la rotta, frenare il declino e recuperare un posto di primo piano sul mercato agrumicolo internazionale. Per raggiungere questo obiettivo serve poi una strategia di rilancio del settore, una strategia che attribuisca alla ricerca italiana un ruolo di primo piano, sia per ciò che riguarda il rinnovamento varietale, sia per il migliore utilizzo possibile dei nostri diversi ambienti produttivi".

"In questo modo - ha concluso Eleuteri - disponendo di una gamma varietale caratterizzata da una marcata identità italiana, e quindi con una forte capacità distintiva, sarà possibile individuare delle linee di prodotto dal packaging attraente, fortemente caratterizzate come italiane, con cui gli operatori agrumicoli italiani potranno riaffacciarsi sul mercato internazionale per cercare di riconquistare una quota di mercato estero ad alto valore aggiunto, quota che oggi abbiamo perso, ma che sarà indispensabile per il rilancio del settore".