Iscriviti alla nostra newsletter giornaliera e tieniti aggiornato sulle ultime notizie!

Iscriviti Sono già iscritto

State utilizzando un software che blocca le nostre pubblicità (cosiddetto adblocker).

Dato che forniamo le notizie gratuitamente, contiamo sui ricavi dei nostri banner. Vi preghiamo quindi di disabilitare il vostro software di disabilitazione dei banner e di ricaricare la pagina per continuare a utilizzare questo sito.
Grazie!

Clicca qui per una guida alla disattivazione del tuo sistema software che blocca le inserzioni pubblicitarie.

Sign up for our daily Newsletter and stay up to date with all the latest news!

Registrazione I am already a subscriber
Sintesi di un incontro organizzato da ADM

Piu' ombre che luci nella formazione del valore e dei prezzi lungo la filiera agroalimentare italiana



Si è svolto ieri mattina, 3 aprile 2014 a Roma, l'incontro "Agricoltura e moderna distribuzione: valore e valori", organizzato da ADM (Associazione Distribuzione Modena) in collaborazione con Federdistribuzione, Ancc-Coop e Ancd-Conad. Al centro della prima parte dei lavori, la presentazione della ricerca "La filiera agroalimentare italiana. Formazione del valore e dei prezzi alimentari lungo la filiera", curata da Nomisma.


Denis Pantini, Direttore Area Agricoltura e Industria Alimentare Nomisma.

Nelle parole di Denis Pantini - Direttore Area Agricoltura e Industria Alimentare Nomisma - e Sergio De Nardis - Capo Economista Nomisma - la descrizione di una filiera che svolge un ruolo rilevante nell'economia nazionale: essa, infatti, rappresenta il 13,2% degli occupati (3,3 milioni di lavoratori) e l'8,7% del PIL, percentuale che sale al 13,9 se si considera l'indotto economico in altri settori.


Sergio De Nardis, Capo Economista Nomisma.

La sua centralità è dimostrata pure dai 76 miliardi di euro in retribuzioni annuali, dai 23 miliardi per investimenti e dal contributo erariale superiore ai 20 miliardi, al netto dei contributi ricevuti dalle imprese (circa il 70% indirizzato verso la fase agricola).


Clicca qui per un ingrandimento.

La nostra filiera agroalimentare si distingue per alcune caratteristiche, che ne penalizzano efficienza e competitività, tra cui spiccano una struttura produttiva troppo frammentata rispetto ad altri paesi europei (Francia, Germania, Regno Unito e Spagna) e una dipendenza dall'estero per molte produzioni di base (cereali, soia, carni bovine e suine, latte, ecc.) per le quali l'Italia è deficitaria rispetto al consumo.

Fa riflettere il confronto con altri paesi che rivela come il valore della produzione italiana per impresa sia il più basso. Sul fronte agricoltura, siamo a 26.000 euro – contro i 40.000 in Spagna, 121.000 nel Regno Unito, 128.000 in Francia e 154.000 in Germania – e non va meglio su quello dell’industria alimentare: 2.000 euro in Italia, 2.400 in Francia, 3.200 in Spagna, 5.200 in Germania e 15.000 nel Regno Unito.

A ciò, si aggiungono i deficit infrastrutturali e gli elevati costi "di sistema": il prezzo del trasporto su gomma supera del 20-30% quello degli altri paesi europei e il costo dell'energia elettrica è superiore del 70% alla media comunitaria. Un contesto operativo alquanto difficile, dunque.

Occorre poi considerare la propensione all'export dell'Italia: nel settore, essa è nettamente inferiore a quella di tutti i principali concorrenti continentali (21% per l'Italia, 23 per la Spagna, 27 per la Francia e 31 per la Germania).


Clicca qui per un ingrandimento.

Venendo al livello dei prezzi e agli utili generati, lo studio di Nomisma pone in luce che, su 100 euro pagati dal consumatore per un prodotto alimentare, solo 3 restano come utile per tutti gli operatori della filiera, mentre 97 sono costi per la produzione e la distribuzione.


Clicca qui per un ingrandimento.

Altro elemento importante emerso dall'analisi temporale della filiera agroalimentare è il progressivo spostamento di valore all'esterno della filiera. Agli inizi del decennio scorso, il costo dei beni e servizi realizzati da imprese di altri settori economici assorbiva il 22% della spesa alimentare degli italiani. Tale quota è salita al 29% nel triennio 2004-2006 e al 34% nel quadriennio 2008-2011. Una così rilevante progressione è imputabile alla crescita dei costi per utenze, energia, trasporto e logistica, tutte voci di costo direttamente o indirettamente riconducibili a deficit infrastrutturali del paese.

Come se ne può venire a capo? Ad avviso di Francesco Pugliese, presidente di ADM, "l'agricoltura italiana deve uscire dalla dipendenza dai finanziamenti pubblici e guadagnare in competitività sui mercati esteri. Occorre però dare soluzione alla polverizzazione della produzione, sia nel settore agricolo sia in quello dell'industria di trasformazione, alla debole concentrazione della distribuzione e ridurre la dipendenza dall'estero per l'approvvigionamento di molte materie prime agricole. Così come occorre limitare una serie d'intermediazioni e passaggi, ognuno dei quali grava sul prezzo finale del singolo prodotto".


Il panel dei relatori. Da sinistra: Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura Roma; Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti; Dino Scanavino, presidente Confederazione Italiana Agricoltori; Alessandro Mastrantonio, giornalista moderatore; Francesco Pugliese, direttore generale Conad; Giovanni Luppi, presidente Legacoop Agroalimentare; Marco Pedroni, presidente Coop Italia; Giovanni Cobolli Gigli, presidente Federdistribuzione.

Proprio partendo dai prodotti, si è aperta la seconda fase dell'incontro con una tavola rotonda cui hanno preso parte: Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura Roma, Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti, Dino Scanavino, presidente Confederazione Italiana Agricoltori, Giovanni Cobolli Gigli, presidente Federdistribuzione, Marco Pedroni, presidente Coop Italia, Giovanni Luppi, presidente Legacoop Agroalimentare e Francesco Pugliese, direttore generale Conad. A chiudere il dibattito, il ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Maurizio Martina.

I relatori hanno descritto uno scenario, quello della filiera agroalimentare italiana, in cui l'ortofrutta è tra gli attori protagonisti. Alcuni dei relatori, ognuno dal proprio punto di osservazione, hanno tenuto a porre in evidenza il peso di frutta e verdura nazionali nella filiera.


Giovanni Cobolli Gigli, presidente Federdistribuzione.

Cobolli Gigli, ad esempio, ha richiamato l'attenzione sul fatto che le imprese aderenti a Federdistribuzione assorbano, ormai stabilmente, quasi il 100% delle vendite di pomodoro Pachino. Pedroni, di Coop Italia, da un lato, ha esortato le imprese a interrogarsi sulla propria efficienza, a crescere non solo per dimensioni ma anche per tipologia delle attività svolte; dall'altro, ha chiesto la massima "attenzione a non correre dietro a falsi miti, tipo la filiera cortissima (cd. km zero)".


Marco Pedroni, presidente Coop Italia.

Una raccomandazione, la sua, espressa non con intento polemico ma che ha comunque aperto un vivace scambio di battute con il presidente Moncalvo. Il numero uno di Coldiretti ha convenuto sul calo dei consumi alimentari, ma ha rivendicato con orgoglio che gli unici in aumento sarebbero (con una crescita di circa il 67%) proprio quelli legati al km zero. Le cifre ne sarebbero una conferma: "Oggi in Italia - ha insistito Moncalvo - esistono 1.500 mercati a km zero che servono oltre 15 milioni di consumatori. Non sono l'unica soluzione – ha riconosciuto, infine - ma non si può far finta che non esistano".


Al centro della foto: Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti. A sinistra, Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura Roma; a destra, Dino Scanavino, presidente Confederazione Italiana Agricoltori.

Anche il direttore generale di Conad, Pugliese, che è pure presidente dell'ADM, ha citato la frutta italiana tra i casi virtuosi. "Le mele del Trentino-Alto Adige, ha rilevato, sono esempio di sinergia tra produttori, di sperimentazione e innovazione, di sistema unitario di commercializzazione Insomma - ha sottolineato - si è di fronte a una case history che dimostra come si possa crescere da 'piccolo, è bello a grande ed efficiente'. Del resto - ha aggiunto - nel mondo agricolo esistono filiere che funzionano benissimo: il tema è piuttosto come orientare e programmare le produzioni in funzione dei bisogni." Secondo Pugliese, nella filiera agroalimentare, in realtà, tutti guadagnano poco, sicché dividere la povertà non porterebbe ricchezza a nessuno.

Le conclusioni del ministro Maurizio Martina hanno sia ripreso la scia della ricerca presentata da Nomisma sia evidenziato le convergenze emerse dal dibattito. Sul primo tema, il titolare di Via XX Settembre ha definito "l'analisi di Nomisma una fotografia utile" e ne ha elogiata la capacità di cogliere con rigore scientifico una serie di problemi che si toccano con mano tutti i giorni. Per quanto attiene i punti di vista espressi nella tavola rotonda, Martina ha invitato i relatori a proseguire la discussione al Ministero, offrendo la sua piena disponibilità a lavorare di concerto al fine di elaborare soluzioni condivise.


Il Ministro Maurizio Martina con, alla sua destra, il direttore generale di Conad, Francesco Pugliese.

Sulla filiera nel suo complesso, il ministro ha sintetizzato con efficacia: "Filiera corta e anche filiera lunga", con quest'ultima intendendo il resto del mondo e cioè le esportazioni, mentre la prima sarebbe volta a tutelare identità e produzioni tipiche territoriali. Martina ha pure esortato gli operatori a stare sul mercato utilizzando tutte le differenti leve che ci sono a disposizione, unica ricetta per essere vincenti e competitivi. Perché, ad avviso del ministro, il tema di fondo non è soltanto la dimensione delle imprese, ma come si possano aggregare le numerose forze in campo, facendo sistema.

Autore: Emanuele Mùrino
Data di pubblicazione: