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Italia: le possibili ricadute economiche derivanti dalla batteriosi del kiwi, nell'analisi del CSO

In occasione del Convegno nazionale sulla batteriosi dell'actinidia, svoltosi a Latina il 24 e 25 maggio 2012 (vedi notizia FresPlaza del 25/05/2012), il CSO-Centro Servizi Ortofrutticoli di Ferrara ha fatto pervenire ai lavori congressuali una relazione dal titolo "Le ricadute sulle produzioni e sul commercio". La relazione è stata presentata dal Prof. Carlo Fideghelli, Direttore CRA FRU di Roma, in assenza di Elisa Macchi (CSO).

Secondo il CSO, è difficile oggi valutare le conseguenze sulle produzioni e sul commercio della diffusione di questa malattia, in quanto al momento la batteriosi è in fase di forte evoluzione e quindi è difficilmente stimabile cosa succederà in futuro. Attualmente, dunque, si possono solo ipotizzare alcuni scenari che si basano sulla valutazione dell'importanza e della situazione produttiva/commerciale attuale del kiwi.

Dopo aver fornito una panoramica sul trend della produzione italiana di kiwi in confronto ad altri paesi dell'emisfero nord - da cui si evince, tra l'altro, una notevole progressione della Grecia (+30% dal 2005/06 al 2011/12) - la relazione del CSO ha illustrato anche l'andamento delle esportazioni italiane, che rappresentano quasi il 60% di quelle totali dell'emisfero nord.

Se l'Italia ha puntato molto sul kiwi nel corso degli scorsi decenni, ciò si deve alla buona remunerazione ottenuta da questa coltivazione, con un prezzo medio di liquidazione all'agricoltore e un prezzo medio all'esportazione spesso interessanti. Tale coltivazione, però, sta mettendo in luce alcune criticità, più o meno evidenti, negli ultimi anni, tra cui la crescente competizione con altri paesi, come Grecia, Nuova Zelanda, Cile. Nelle ultime due campagne commerciali, ad esempio, la Grecia ha esportato circa l'85% della propria produzione interna, ad un prezzo inferiore a quello italiano.

Su tale quadro generale si "inserisce" oggi anche la batteriosi dell'actinidia, con conseguenze molto evidenti:
  1. Espianti e quindi diminuzione di produzione: quest'ultima dipende dall'entità degli espianti. Se rimangono entro una certa soglia, potrebbero essere quasi un fattore positivo dal punto di vista dell'economia generale; se invece gli espianti saranno di grossa portata, il settore del kiwi italiano perderà di competitività.
  2. Diminuzione di resa produttiva dovuta alla presenza della batteriosi. Nel 2011, in base alle rilevazioni del CSO, le aziende colpite da batteriosi hanno riportato un calo produttivo variabile dal -10% al -50% rispetto alle aziende non colpire.
  3. La maggiore e ipotetica concorrenza proveniente da altri paesi dipenderà anche dalla diffusione della malattia fuori dai confini italiani. Sappiamo infatti che la batteriosi ha trovato larga diffusione anche in altri paesi, come ad esempio la Nuova Zelanda.
Chiaramente, a fronte di diminuzioni produttive, i danni causati dalla batteriosi possono avere ripercussioni anche sul piano del valore della filiera agricola e in termini occupazionali. Al fine di valutare questi aspetti, è stato condotto dall'Università di Bologna, sulla base di dati CSO, uno studio per simulare diversi scenari di perdita.

Il calcolo si è basato sull'ipotesi si una riduzione della superficie in produzione, variabile tra il -10% e il -30%. Le ricadute economiche che ne deriverebbero non risultano direttamente proporzionali al calo delle superfici, in quanto:
  • A livello economico, la minore disponibilità di prodotto dovrebbe conseguentemente determinare un innalzamento delle quotazioni di mercato.
  • Nel lungo periodo, è ipotizzabile che aziende più specializzate riescano a mettere in atto più facilmente strategie idonee a contrastare la diffusione della malattia; tale processo potrebbe comportare un innalzamento della resa media.
Gli scenari ipotetici calcolati dall'Università di Bologna evidenziano che le perdite ipotizzabili oscillerebbero, per quanto riguarda il valore della produzione, tra un -4/6% nel caso di una riduzione del 10% delle superfici coltivate, fino ad un -17/20% nel calo di una riduzione del 30% delle superfici coltivate. Variazioni negative anche per l'indotto magazzini (da un -8/10% nello scenario meno grave, ad un -29/30% in quello più grave) e per il valore complessivo della filiera agricola (da un -4/9% ad un -22/24%, a seconda dello scenario ipotizzato per il calo delle superfici coltivate).


Clicca qui per un ingrandimento della tabella.

Notevole anche il contraccolpo di tipo occupazionale/sociale, con perdite di ore di lavoro per tutti, imprese agricole e indotto: in questo caso, la contrazione andrebbe quasi di pari passo alla diminuzione delle superfici coltivate, in quanto la rilevante disponibilità attuale di prodotto ha comportato lo specializzarsi delle strutture nella lavorazione del kiwi, con conseguenti elevate performance a livello della produttività del lavoro, il quale farebbe però fatica a ricollocarsi in caso di riduzione dei volumi.


Clicca qui per un ingrandimento della tabella.

In conclusione, secondo il CSO, la situazione del kiwi così delineata mette in evidenza luci ma anche ombre, presenti indipendentemente dalla diffusione della batteriosi. Le riflessioni fatte portano a scenari ipotetici e quindi sarà necessario verificare nel concreto tali ripercussioni, attraverso un monitoraggio costante della situazione. E' indiscutibile, però, che la coltivazione del kiwi, specie nel momento attuale di crisi dei consumi di ortofrutta, presenta ancora una situazione più vantaggiosa rispetto ad altre specie ed è per questo motivo che va difesa.

Per maggiori informazioni: www.csoservizi.com

DATI SULLA PRODUZIONE DEL KIWI
Ettari coltivati in Italia: 24.000.
Produzione nazionale: 480.000 tonnellate, primo produttore dell'emisfero nord.
Export: 370.000 tonnellate, pari ad un terzo del mercato mondiale.
Valore commerciale: 300.000.000 euro.
Regioni produttrici: Lazio, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto, Campania e Calabria.
La Regione Lazio, maggiore produttore nazionale: 8.000 ettari e 3.000 aziende e 650.000 giornate lavorative.
Perdite economiche dovute alla fitopatia (provincia di Latina): 40.000.000 di euro.