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Cresce nel mondo la ricerca privata sul miglioramento varietale nell'uva da tavola

In occasione della conferenza stampa di presentazione della rete Italian Variety Club (IVC) alla Fiera del Levante di Bari ieri, 11 settembre 2016 (vedi articolo correlato), il professor Carlo Fideghelli, presidente del Comitato tecnico e scientifico della Rete ha relazionato sulla situazione globale del miglioramento varietale nell'uva da tavola, con particolare attenzione alle uve apirene.


Carlo Fideghelli

Da un punto di vista generale, l'uva da tavola è uno dei prodotti più internazionali, globalizzati e diffusi. Dal 1980 a oggi, ogni anno sul mercato le introduzioni di nuove selezioni di uva da tavola sono state circa una ventina, di cui il 60% con semi. Crescono nel tempo le proposte di varietà senza semi.

I principali costitutori nel mondo sono gli Stati Uniti, il Sudafrica, la Cina e Israele. L'Italia è tra i primi 10 paesi costitutori. Le tecniche utilizzate nella miglioramento varietale dell'uva da tavola sono diverse: rimane centrale l'incrocio controllato, mentre la libera impollinazione è minoritaria rispetto ad altre specie frutticole come le drupacee.

Dal punto di vista della tipologia dei costitutori, nel 2008 il pubblico era ancora una componente molto importante anche nella ricerca sulle uve apirene. Oggi però, secondo Fideghelli, la componente privata potrebbe essere giunta a rappresentare un 35-40%, specialmente per quanto riguarda le varietà costituite nei paesi occidentali. Nel frattempo, è anche cresciuto il parco delle varietà senza semi utilizzate come genitrici di nuove selezioni varietali.



Il prof. Fideghelli ha ricordato un aneddoto risalente al 1967, quando ebbe l'occasione di conoscere il breeder John Weinberger. All'epoca c'era un certo scetticismo sulla effettiva spendibilità commerciale dell'uva senza semi sul mercato europeo, mentre negli Stati Uniti queste selezioni erano già un prodotto affermato. Weinberger suggerì dunque a Fideghelli di effettuare un test. "Lei metta sul tavolo un grappolo di uva con semi e uno di uva senza semi, ma non dica nulla ai suoi ospiti. Vedrà quello che succede".



Weinberger (in foto qui sopra) aveva ragione. Le uve senza semi, immancabilmente, venivano mangiate di più di quelle con semi.

Detto questo, Fideghelli ha sottolineato come la costituzione di uve con semi non sia affatto inutile: "L'uva con semi non è destinata a scomparire. Pensiamo a quanto accadde con le nettarine. Inizialmente si pensava che avrebbero sostituito del tutto le pesche; poi invece si è arrivati a un punto di equilibrio, nel quale le due proposte convivono."

La relazione di Carlo Fideghelli ha poi toccato tutti i principali caratteri oggetto del lavoro di miglioramento genetico, gli aspetti ancora non completamente compresi della apirenia, fino a interrogarsi sulle ragioni per l'avvio di un nuovo programma di breeding, come quello proposto per l'appunto dalla Rete di imprese IVC.

Partendo dalla considerazione che oggi tutte le nuove cultivar brevettate sono a pagamento e che dunque è relativamente costoso impiantarle, il nuovo programma di breeding trova prima di tutto la sua valenza nell'aspetto economico, oltre che nella selezione di uve che abbiano minori problemi di adattabilità all'ambiente territoriale nel quale debbono essere coltivate.

"Inoltre, disporre di cultivar in esclusiva può costituire un vantaggio commerciale all'epoca della globalizzazione, ovviamente laddove tali varietà siano competitive. Si vedano ad esempio i casi di successo dell'uva Superior seedless o della susina Angeleno", ha concluso il professor Fideghelli.