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L'orticoltura siciliana alle prese con crescenti sfide fitosanitarie: Assosementi porta la sua voce a Vittoria

Il marchio collettivo del settore orticolo, che garantisce la tracciabilità dei prodotti a partire dal seme, denominato Road to Quality, sta avviandosi al suo terzo anno di vita, dopo essere stato proposto nel 2013 da Assosementi (cfr. FreshPlaza del 27/09/2013). Ieri, 5 maggio 2016, tale progetto di tracciabilità è stato ricordato nel corso di un convegno che si è svolto a Vittoria (RG), nella sede del PalAgrisicilia.



Titolo del convegno: "La tracciabilità del processo produttivo. La giusta risposta alle nuove emergenze per le produzioni orticole siciliane". E' toccato ad Alberto Zaniboni, di Assosementi raccontare il progetto Road to Quality, che mira alla certificazione di qualità del prodotto, e che ha già raccolto le adesioni di 16 aziende vivaistiche e di 18 aziende sementiere.

"Ora stiamo invitando ad aderire anche le aziende di produzione e quelle di trasformazione – ha detto Zaniboni – in quanto costituiscono i quattro tasselli della filiera di produzione che il marchio collettivo permetterà di certificare, garantendo così le caratteristiche di qualità, sanità e il corretto impiego delle pratiche agronomiche, in modo da consegnare al consumatore un prodotto certo e qualificato".



Ad aprire i lavori è stato Massimo Mirabella, direttore di mensile Agrisicilia. Ha illustrato i temi del convegno, a numero chiuso, e le modalità con cui è stato organizzato. Relatori sono stati i docenti Salvatore Walter Davino e Patrizia Bella, del Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell'Università di Palermo, Biagio Di Mauro, del Servizio Fitosanitario Regionale.

Davino ha tracciato una breve sintesi della situazione attuale della produzione orticola. Le minacce maggiori per il comparto oggi provengono dalla limitata disponibilità di terreno da coltivare, dai cambiamenti climatici, dall'aumento dell'instabilità stagionale, dalla globalizzazione del commercio, dalla perdita di biodiversità: si tratta di una serie di concause che oggi determinano, in solido con le scelte di politica agricola nazionale ed europea, la crisi di un comparto che ai più appare irreversibile.

L'apertura delle frontiere e l'ingresso di merci orticole da altri paesi (e soprattutto dal Medio Oriente e dal Nord Africa) ha portato con sé l'importazione di nuovi agenti patogeni che mettono a serio rischio le colture. "Spesso – ha detto Davino – un nuovo virus rimane latente per qualche mese o qualche settimana, spesso passa da una pianta a un'altra, e solo in alcune tra queste produce danni evidenti. E' a quel punto il produttore lancia l'allarme, avvisando il servizio fitosanitario. Poi interveniamo noi per studiare la situazione. Trascorrono mesi importanti, a volte persino un anno e, nel frattempo, il patogeno ha avuto tutto il tempo per installarsi; a questo punto è veramente difficile da combattere e da debellare. La pianta, da sola, non ha un sistema immunologico, il controllo chimico è difficile mentre la trasmissione del virus, nelle colture, è molto facile".



La relazione di Davino è stata quindi dedicata all'analisi dettagliata dei virus scoperti di recente, tutti estremamente pericolosi. Il primo tra questi è il virus New Delhi dell'accartocciamento fogliare, il Tomato Leaf Curl New Delhi Virus (TOLCNDV). Viene trasmesso dalla Benisia Tabaci, attualmente l'unico vettore conosciuto. "E' un virus molto pericoloso – spiega Davino – i sintomi sono l'arricciamento l'accartocciamento delle foglie (specie quelle più giovani) e piccole bollosità sulle stesse: si blocca lo sviluppo della pianta. Nella produzione di zucchine si notano poi delle butterature nel frutto. Lo abbiamo scoperto di recente nella zona di Marsala, proprio nelle produzioni di zucchino. Poi lo abbiamo individuato anche in alcune colture di peperoni. Bisogna stare attenti a non confondere questo virus con il classico accartocciamento fogliare giallo (Tomato Yellow Leaf Curl Virus - TYLCV), che ha cause diverse".

Il "New Delhi" è arrivato probabilmente dal sud della Spagna, come accade per buona parte degli agenti patogeni. "Non ne abbiamo la certezza – aggiunge Davino – ma lì ci sono agenti patogeni con caratteristiche simili, al 96%, al patogeno che abbiamo per la prima volta rinvenuto a Marsala".


Da sinistra seduti: Patrizia Bella, Walter Salvatore Davino, Rodolfo Zaniboni, Massimo Mirabella. In piedi: Alberto Lipparini, Massimo Mirabella.

Il secondo patogeno è il Pepper vein Yellows Virus (PEVYV). "Interessa soprattutto i peperoni, provoca ingiallimento, il blocco della crescita della pianta e, di conseguenza, una perdita economica nella produzione – spiega Davino – le piante infette, ad oggi, sono molto poche (circa il 10%). Non si trasmette attraverso il seme".

Il terzo patogeno, scoperto anch’esso di recente, è il Southern Tomato Virus (STV): "E' noto anche come virus del falso Pepino - prosegue il ricercatore dell'Università di Palermo - ed è il più recente, è stato scoperto solo due anni fa. E' presente nelle sementi, si trasmette esclusivamente per seme. Lo studio su questo patogeno è stato avviato solo di recente: abbiamo però scoperto che, con questo virus, si combatte il Mosaico del Pepino, la pianta ha quindi un'utilità a tenerlo. Probabilmente esiste da sempre nelle piante di pomodoro, ma non presenta sintomi, né provoca danni. Ha invece degli effetti positivi perché permette di combattere il Pepino. Ecco perché lo abbiamo evidenziato in piante con dei sintomi blandi del Mosaico del Pepino perché laddove c'è questo virus, contribuisce a combatterlo. Nella normalità, invece, non è visibile, non provoca danni".


Patrizia Bella.

Patrizia Bella, anch'essa dell'Università di Palermo, ha invece presentato i danni provocati dai batteri. Si parte con la "macchiettatura batterica", provocata da Syringae: si evidenziano delle piccole macchie, con un alone giallo. Nei frutti vi sono delle macchie epidermiche che non danneggiano però il frutto, che rimane sano. Vi è poi la "maculatura batterica", provocata dallo Xanthomonas: "Questo batterio – spiega Patrizia Bella – provoca lesioni più ampie sui frutti, che tendono a spaccarsi e, nelle lesioni, possono introdursi anche altri agenti patogeni".

Vi è poi la "necrosi del midollo" (Pseudomonas): "In questo caso – continua la docente palermitana – notiamo la perdita di turgore, soprattutto nelle ore calde, la necrosi del midollo, oppure il fusto diventa cavo e necrotico. Vi sono poi i marciumi molli da Pectobacterium carotovorum, c'è l'avvizzimento batterico del pomodoro provocato dal Ralstonia Solanacearum. Questo batterio è stato scoperto nel 2007 in Sardegna, sono state eradicate le piante, disinfettate le acque e attuati tutti gli accorgimenti per combatterlo ed eradicarlo. Era scomparso, poi ricomparso nel 2009. Dal 2010 sembra sia stato, almeno per ora, definitivamente eradicato".

Ultimo in ordine di tempo il cancro batterico del pomodoro, provocato dal Clavibacter Michiganensis: "Il cancro – prosegue Bella – provoca avvizzimenti unilaterali delle piante, il batterio di sviluppa nei fasci vascolari, provoca lesioni e spaccature nel fusto, la necrosi delle foglie e danni ai frutti".

"I batteri – conclude Bella – arrivano in Sicilia soprattutto per importazione. Si trovano principalmente nel seme infetto, nei vivai nelle colture a pieno campo. Alcuni fattori, come l'elevata umidità o la temperatura ne favoriscono la diffusione. Non vi sono mezzi di lotta efficace, non vi sono cure. L'unica arma è la prevenzione".


Mirabella e Lipparini.

Alberto Lipparini, segretario di Assosementi, ha concluso i lavori insieme a Massimo Mirabella. L'esame dettagliato delle ultime ricerche su virus e batteri è andata di pari passo, nel corso del convegno, con la presentazione, per l'appunto, del progetto Road to Quality che l'azienda sementiera promuove insieme ad altre realtà importanti del settore sementiero e vivaistico.

In un'agricoltura in crisi, emergono dei segnali importanti. E soprattutto una direzione di marcia che appare ormai inequivocabile: "E' necessario puntare sulla qualità e sulla riconoscibilità del prodotto Road to quality – ha dichiarato Zaniboni - Permette di certificare la produzione, attraverso un marchio di qualità che garantisce la tracciabilità della filiera. I produttori agricoli possono aderire con un investimento annuo minimo: 200 euro. Chi sceglie di rendere trasparente e tracciabile il processo produttivo potrà arrivare sul mercato con la certezza di una filiera garantita che, nei prossimi anni, può diventare il valore aggiunto spendibile sul mercato".


Alberto Lipparini e Massimo Mirabella.

Autore: F.C. per FreshPlaza
Data di pubblicazione: