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L'Italia non fa piu' figli: difficile essere ottimisti sul futuro

Un indice di fiducia dei consumatori ai massimi storici (quello di novembre 2015) che è stato però già superato dai tragici eventi della storia recente (gli attentati di Parigi), con il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, che ha più volte avvisato circa la fragilità della ripresa e persino Confindustria - fino a qualche giorno inneggiante all'uscita dalla crisi - che la definisce ora a "ritmo attenuato". Questa la contingenza del momento.

Chissà se l'indice di fiducia dei consumatori italiani, giunto a metà novembre a 118,4 punti - il livello più alto mai registrato dall'inizio delle serie storiche oltre 20 anni fa (gennaio 1995) - rimarrà solo un pio desiderio.

Fatto sta che nell'ultima "Congiuntura Flash" del Centro studi Confindustria si spiega come "la frenata dei Paesi emergenti, che abbassa le stime sul commercio mondiale, la paura generata dagli attacchi terroristici, che alimenta una già elevata incertezza e modifica i piani di spesa, e l'escalation militare in Siria" costituiscano "venti che soffiano contro un'economia europea che non viaggia certo a pieni giri, soprattutto in alcuni Paesi".

Ma il dato che maggiormente porta a riflettere è quello posto in evidenza da segretario generale dell'Ugl, Francesco Paolo Capone: "Preoccupa o dovrebbe essere interpretata come reale segnale di sfiducia la bassa natalità dell'Italia, scesa nel 2014 per la prima volta al di sotto delle 400mila unità e pari a 82 mila neonati in meno negli ultimi sei anni. Va ricordato il dato della Svimez, che un mese fa ha lanciato l'allarme sul crollo demografico al Sud, certificando il 2014 come l'anno con il più basso indice di natalità dall'Unità d'Italia, con 175mila neonati".

Ci sembra che questa tendenza alla denatalità restituisca il quadro più autentico di un Paese nel quale c'è ben poco ottimismo per il futuro.