Iscriviti alla nostra newsletter giornaliera e tieniti aggiornato sulle ultime notizie!

Iscriviti Sono già iscritto

State utilizzando un software che blocca le nostre pubblicità (cosiddetto adblocker).

Dato che forniamo le notizie gratuitamente, contiamo sui ricavi dei nostri banner. Vi preghiamo quindi di disabilitare il vostro software di disabilitazione dei banner e di ricaricare la pagina per continuare a utilizzare questo sito.
Grazie!

Clicca qui per una guida alla disattivazione del tuo sistema software che blocca le inserzioni pubblicitarie.

Sign up for our daily Newsletter and stay up to date with all the latest news!

Registrazione I am already a subscriber

Sorpresa all'Assemblea nazionale Fruitimprese: la politica si accorge che l'ortofrutta esiste e merita risposte

di Rossella Gigli - Chief editor/Manager FreshPlaza.IT

Li abbiamo visti tante volte presenziare a meeting, incontri, convegni ed eventi del settore, eppure ieri, in occasione dell'Assemblea nazionale che Fruitimprese tiene ogni anno, i rappresentanti delle istituzioni italiane e comunitarie non si sono limitati ai discorsi di rito. No: stavolta è risultato chiaro che il settore ortofrutticolo (e agroalimentare in genere) è entrato nei loro radar, assumendo il ruolo di comparto attivo, propositivo, che fa reddito per le imprese e per il Paese, ma che pure presenta problematiche e richieste specifiche che meritano risposta. E nella sala conferenze del Grand Hotel Plaza di Via del Corso, a Roma, sono finalmente risuonate parole non di semplice circostanza o sfoggi di abilità retorica, bensì proposte concrete, intenzioni autenticamente operative e calate nel merito delle questioni, nonché piena disponibilità istituzionale ad affiancare le aziende.


La sala.

La chiave di lettura dell'assemblea è venuta dalle citate - a più riprese - parole del presidente Luigi Einaudi, il quale delle imprese diceva: "Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. E' la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l'orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno".



Ebbene, le imprese ortofrutticole che ieri si sono incontrate a Roma aspirano proprio a espandersi e progredire, soprattutto sui mercati esteri; da qui il titolo scelto per l'incontro: "Un 'sistema' per l'export: la vera sfida per il paese e le imprese". Intorno alla parola "sistema" si sono trovati tutti d'accordo, imprenditori e istituzioni, docenti, funzionari e viceministri.


Il tavolo dei relatori.

I lavori, moderati dal giornalista Rai Attilio Romita, sono stati aperti dalla relazione "Come competere con successo all'estero" del Prof. Matteo Giuliano Caroli, ordinario di economia e gestione delle imprese presso la Luiss di Roma. Dopo aver inquadrato le tendenze del commercio internazionale, dalle quali si evince che il settore alimentare è l'unico ad aver registrato, nel periodo 2010-2013, un aumento del fatturato anche sul mercato nazionale, nonché quello che presenta la più alta quota di imprese (71%) con un fatturato in crescita, il docente è passato alla disamina delle questioni chiave nella competizione internazionale e dei fattori critici per competere all'estero.


Prof. Caroli.

Tra questi ultimi, le stesse aziende individuano (l'indagine risale però al 2009) i prezzi non competitivi a causa di svantaggi strutturali in termini di efficienza e produttività, gli elevati costi specifici per le operazioni all'estero, la carenza di risorse umane adeguate e la percezione di un maggior rischio. D'altro canto, vedono nella qualità del prodotto un'arma vincente. Anche operare in una nicchia, tuttavia, richiede notevoli capacità nel costruire relazioni con la clientela, comprendendone e interpretandone le esigenze, anticipandone le tendenze mediante l'innovazione e da queste premesse allargare poi la base dei clienti a dimensioni internazionali.



Se si guarda alle imprese "vincenti" nell'arco di tempo 2011-2013, si nota che non hanno ridimensionato l'attività malgrado la crisi, bensì hanno investito all'estero e nelle competenze del personale, sviluppando al contempo un'estesa rete di relazioni produttive con altri soggetti. Tra le discriminanti per competere all'estero rientrano dunque le capacità di investimento e l'orizzonte temporale, la capacità organizzativa e il capitale umano, la dimensione produttiva e la capacità distributiva (nello specifico dell'ortofrutta, ad esempio, impossibile prescindere da rapporti con le catene estere della grande distribuzione).

Proprio l'aspetto dimensionale appare quello maggiormente critico per le imprese italiane, spesso a carattere familiare e non in grado di fronteggiare la pressione competitiva da parte dei "nuovi" sfidanti globali.


Nelle tabelle riportate sopra e sotto: il confronto tra le dimensioni medie delle imprese orticole, frutticole e di trasformazione italiane rispetto ai principali competitor europei.



Ecco dunque che operare in sinergia con altri soggetti (ad esempio costituendo Reti d'Imprese), ma anche rafforzare il capitale immateriale e il valore intangibile dei prodotti (marketing e innovazione, branding, servizi aggiunti, packaging, ecc.) diventano elementi cruciali per competere. Certo, tutto questo non può prescindere dalle condizioni nelle quali l'azienda opera e dal "sistema Paese" che ha intorno, in termini di infrastrutture logistiche, semplificazione amministrativa, rapporto con Università e centri di ricerca, co-finanziamento all'innovazione, ecc.



Proprio un appello nella direzione di un "sistema Paese" più attento alle esigenze delle imprese ortofrutticole è scaturito dall'intervento dell'appena riconfermato presidente Fruitimprese Marco Salvi il quale, dopo aver illustrato i dati salienti e le tendenze dell'import-export del settore (come da precedente relazione tenutasi due giorni prima a Milano - leggi qui per approfondire), ha lanciato alcuni spunti di riflessione (come i pro e i contro scaturiti dall'entrata in vigore dell'Art. 62) e una costruttiva provocazione: invece di chiedere decine di certificazioni, forse basterebbe che la GDO chiedesse ai suoi fornitori il certificato DURC!(Documento Unico di Regolarità Contributiva). "Perlomeno - ha sottolineato Salvi - si metterebbero le aziende in condizione di competere alla pari, ostacolando comportamenti scorretti che penalizzano solo le imprese serie".



Altre problematiche da affrontare a livello politico, secondo Salvi, sono quelle relative al mancato coordinamento tra Stati membri dell'UE nell'affrontare crisi come l'embargo russo, oltre all'armonizzazione sul fronte delle autorizzazioni fitosanitarie, e al superamento delle barriere fitosanitarie imposte dai paesi extra-UE.

Proprio sulle questioni fitosanitarie è intervenuto Bruno Caio Faraglia, direttore del servizio fitosanitario del Ministero delle politiche agricole, il quale ha presentato i complessi aspetti tecnici che attengono alle barriere e alle attività negoziali per superarle. Dal punto di vista generale normativo, infatti, non si può prescindere dal concatenamento tra le regole nazionali, quelle comunitarie, i criteri Eppo (European and Mediterranean Plant Protection Organization) e il quadro internazionale sulla minimizzazione degli ostacoli al libero commercio rappresentato dall'accordo SPS (sanitary and phytosanitary)/WTO (Organizzazione mondiale del commercio). Quest'ultimo richiede una chiara giustificazione scientifica per elevare una barriera fitosanitaria e il riferimento a norme, direttrici o raccomandazioni internazionali.


Faraglia.

Il suggerimento per giungere ad accordi bilaterali finalizzati all'export di determinati prodotti è quello di operare nella direzione di una riduzione dei rischi, con elaborazione di dossier tecnici per Pest Risk Analysis e l'individuazione di aree "pest-free". Per farlo serve un approccio di sistema integrato (che includa pratiche colturali, trattamento delle colture, disinfestazione post-raccolta, sorveglianza, ecc.) e un programma di pre-clearance (sistema di controllo sulle partite all'esportazione).

"Qui entra in gioco - ha sottolineato Faraglia - il concetto di sistema, che è stato posto all'ordine del giorno e che ho grandemente apprezzato: per superare le barriere fitosanitarie e valorizzare il sistema agricolo nazionale, infatti, abbiamo bisogno di azioni sinergiche tra il Servizio fitosanitario nazionale, le Università ed Enti di ricerca, i laboratori, nonché i settori produttivi, le associazioni di categoria e le organizzazioni di produttori. Il nostro limite è che non abbiamo ad oggi sistemi informativi efficaci che consentano di reperire e mettere insieme rapidamente informazioni e dati relativi alla sorveglianza del territorio. Servirebbe inoltre un'attenta programmazione del lavoro, una lista di priorità nonché razionalizzare l'impiego delle risorse umane disponibili".


La complessità dell'ufficio che si occupa delle produzioni vegetali presso il servizio fitosanitario nazionale è ben evidente in questo schema. Clicca qui per un ingrandimento.

Tra le good news indicate da Faraglia è emerso che solo recentemente l'apparato della diplomazia italiana e lo stesso Ministero degli Esteri sono intervenuti attivamente in questioni strettamente attinenti alle barriere fitosanitarie, segno di una rinnovata comprensione della centralità di questa delicata materia per il rafforzamento delle nostre esportazioni.

Il sostegno da parte delle istituzioni pubbliche
Sulla resilienza dell'agroindustria alla crisi economica è intervenuto l'On. Francesco Boccia, presidente della V Commissione Bilancio, tesoro e programmazione, il quale ha notato come, a fronte di un taglio di ben il 25% agli investimenti pubblici italiani dal 2008 al 2013, l'export agroalimentare sia cresciuto mediamente del 5% l'anno, raggiungendo quota 33 miliardi di euro. Se da una parte questa capacità è degna di ammirazione, dall'altra suggerisce che si sarebbe potuto fare molto di più (l'Italia è solo sesta in Europa per le esportazioni agroalimentari, ad esempio) e che dunque servono interventi mirati per sostenere finanziariamente le imprese passando attraverso la riforma delle banche di credito cooperativo. "Dobbiamo cambiare le regole per prestare i soldi alle imprese - ha dichiarato Boccia - mediante l'istituzione di un fondo di garanzia. Non possiamo chiedere alle aziende di ristrutturarsi ai fini di una maggiore competitività all'estero senza soldi".


On. Boccia.

E pare che i fondi non manchino, visto che è appena entrato nel vivo un piano straordinario per il Made in Italy presso del Ministero dello Sviluppo Economico che vale 260 milioni di euro e che si avvale del lavoro dell'ICE, l'agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane. Su questo punto è intervenuto proprio il presidente ICE Riccardo Maria Monti, il quale ha voluto recare buone notizie all'assemblea di un settore come quello ortofrutticolo, che ha saputo fare miracoli nonostante le complessità specifiche di una filiera dove deperibilità delle merci e ritardi infrastrutturali e logistici giocano a sfavore.


Il presidente dell'ICE.

"Finalmente l'Italia - ha annunciato Monti - è pronta a riportare a un livello decente la spesa a sostegno dei settori produttivi. Abbiamo investito troppo, fino al 2013, nel tentativo di risanare le aziende in crisi; mentre quasi nulla è stato fatto per un made in Italy che invece tirava, ma che non per questo deve essere lasciato da solo. Ecco dunque la nascita del piano straordinario" (per maggiori dettagli vedasi il sito del MISE - clicca qui).

Il presidente ha sottolineato la forte presenza dell'ICE su tutti i tavoli bilaterali per l'ortofrutta: "Anzi, segnalateci tutte le barriere e gli ostacoli che trovate! Usate la nostra rete di 70 uffici in 59 paesi del mondo per esplorare i mercati esteri ed esportare di più", ha esortato. Un invito a "usare" le istituzioni che è giunto anche dal viceministro alle politiche agricole Sen. Andrea Olivero e dal parlamentare europeo On. Giovanni La Via.

"Ognuno deve fare la sua parte - ha esordito il viceministro Olivero - ma partendo da dati certi e non da emozioni o impressioni del momento. Io devo fare un plauso alla capacità del settore ortofrutticolo di offrire sempre analisi puntuali e precise della situazione. I numeri che avete portato in questa sede testimoniano quanto l'ortofrutta sia stata strategica e importante per le esportazioni agroalimentari italiane (rappresentando ben il 22%, tra freschi e trasformati, NdA), nonostante l'annus horribilis 2014, tra meteo sfavorevole ed embargo russo. Sulla scorta delle parole di Luigi Einaudi - ha aggiunto Olivero - vi ringrazio perché siete l'esempio di quel capitalismo buono che ha come obiettivo non il mero profitto, ma creare crescita e durare nel tempo; voi lo state facendo e il vostro lavoro va a beneficio dell'intero Paese".


Andrea Olivero.

Detto questo, il viceministro è entrato nel dettaglio operativo dei fronti sui quali i ministeri tutti (ed è la prima volta che accade) si stanno muovendo per promuovere l'agroalimentare italiano nel mondo e per semplificare la burocrazia che ancora grava sulle imprese; gli obiettivi all'ordine del giorno della politica sono orientare le risorse della PAC-Politica agricola comunitaria all'innovazione delle imprese; lavorare al miglioramento della logistica (anche se raggiungibile solo nel lungo termine); rilanciare i consumi interni andando oltre alla sola iniziativa di Frutta nelle Scuole; sostenere l'internazionalizzazione mediante lo Sblocca Italia e il già menzionato piano straordinario per il Made in Italy; sfruttare l'occasione di EXPO per intrecciare relazioni diplomatiche con tutti i paesi di interesse; agire proattivamente al superamento delle barriere fitosanitarie; sfoltire il numero di soggetti incaricati dei controlli sulla filiera e costituire un Registro Unico dei controlli in agricoltura; razionalizzare e semplificare le procedure burocratico-amministrative; sostenere la formazione di Reti d'Impresa. Insomma: tutte iniziative che denotano l'effettiva esistenza di "lavori in corso".

Fattivo anche l'intervento del noto europarlamentare Giovanni La Via il quale, forte del suo vissuto come imprenditore agricolo prima, docente di economia agraria poi e infine parlamentare europeo, ha sottolineato quanto la UE possa realmente fare per la competitività delle imprese. Se per esempio non può intervenire in materie fiscali nazionali come la soppressione o meno dell'IRAP, può però suggerire metodi più equi per il calcolo dell'IMU, un'imposta che, come concepita oggi, risulterebbe addirittura superiore al reddito d'impresa!


Giovanni La Via.

Secondo l'onorevole, serve inserire clausole di salvaguardia negli accordi bilaterali con i paesi terzi, evitare pasticci come le azioni comunitarie in ordine sparso a seguito dell'embargo russo, favorire l'ingresso dei privati nelle OP, migliorare il programma Frutta nelle Scuole. "Utilizzateci di più - ha esortato l'europarlamentare - per tutte quelle che sono le vostre battaglie. Anche in Italia, non sottovalutate la forza del Parlamento Europeo nei confronti delle istituzioni nazionali".

Apprezzamenti ai lavori assembleari sono giunti dai past-president Pino Calcagni e Gino Peviani. Il meeting si è concluso con le presentazioni dei due sponsor Unitec (leggi articolo correlato) e International Paper.

In veste di Redazione di FreshPlaza vogliamo solo aggiungere, come notazione finale, che tra gli strumenti per incrementare la competitività delle imprese ortofrutticole (e non solo) non si dovrebbe prescindere anche da un maggiore coinvolgimento delle donne, a tutti i livelli... e nell'assemblea di ieri, invece, non ne abbiamo visto nemmeno l'ombra. Si può fare di più per l'anno prossimo?