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Una riflessione Eurispes a quattro anni dall'avvio delle sanzioni

Sanzioni? La Russia ringrazia...

"L'Eurispes ha sempre manifestato perplessità nei confronti delle sanzioni contro la Russia, prevedendo che potessero essere dannose più per i paesi sanzionatori che non per il sanzionato", dichiara il presidente dell'istituto, Gian Maria Fara. "A distanza di quattro anni, questi timori si sono rivelati del tutto fondati. Per quanto riguarda il nostro paese, le sanzioni alla Russia sono state uno stimolo alla delocalizzazione e hanno provocato il trasferimento di know how che ha impoverito il nostro Paese e arricchito la Russia stessa", aggiunge Fara.

La riflessione curata da Paolo Greco, ricercatore Eurispes, approfondisce i diversi aspetti, per alcuni versi poco noti, delle conseguenze delle scelte con le quali si pensava di poter "punire" un grande paese, tra i primi produttori di materie prime al mondo.

Le sanzioni imposte dall'Unione europea alla Russia, come sappiamo, erano di due tipi, diplomatiche ed economiche; mentre le contro-sanzioni imposte dalla Federazione erano di tipo economico, e riguardavano l'embargo di prodotti quali carni, bovina, pollame e suina, pesce, formaggi e latticini, frutta e verdura.

Ma che cosa è cambiato in questi 4 anni? E che cosa è successo? Qualcuno ha raggiunto il proprio obiettivo? E i settori sotto embargo?

L'obiettivo dell'Unione europea era la fine dell'occupazione della Crimea, da raggiungersi attraverso un riallineamento della politica estera della Federazione al rispetto del diritto internazionale in conseguenza delle sanzioni imposte. Mentre l'obiettivo della Federazione Russa era, attraverso l'embargo, scoraggiare le sanzioni e rilanciare il mercato interno.

Le sanzioni imposte alla Russia hanno portato in recessione l'economia russa, la popolazione perse potere d'acquisto, e si è vista aumentare fino al 35% i prezzi di molti beni di consumo, in particolare i beni sottoposti all'embargo con un conseguente squilibrio tra domanda e offerta. Ma il risultato auspicato, ovvero il ritiro russo dalla Crimea, non è stato raggiunto. Di contro, ben più evidente è apparso il crollo delle importazioni da parte della Federazione in tutti i settori e non solamente in quelli direttamente sanzionati, proprio a causa della perdita di potere d'acquisto della popolazione. Nel 2013 l'export italiano in Russia valeva 10.8 miliardi di Euro; a distanza di tre anni nel 2016 all'Italia mancavano 4 miliardi di esportazioni e 80mila posti di lavoro, per chiusure o riassetti organizzativi delle imprese che contavano sul mercato russo.

L'embargo imposto dalla Russia ai nostri prodotti agroalimentari ‒ oltre a voler recare disagio ai paesi esportatori di questi beni ‒ puntava a sostenere una politica orientata a creare una produzione interna (import substitution), sostenuta dalle politiche di agevolazione agli investimenti diretti esteri, per sviluppare quei settori dove la componente importatrice era maggioritaria rispetto alla produzione locale, necessaria al soddisfacimento della domanda interna.

Nel settore agroalimentare sotto embargo, i produttori di frutta e verdure, specialmente quelli più piccoli, hanno potuto fare ben poco per arginare tali sanzioni dal momento che spostare una produzione di arance, kiwi e altri prodotti simili in Russia, risulta complicato ed oneroso.

In questo settore, tra le produzioni che andavano piuttosto bene, ma che si son viste chiudere completamente il mercato, si contano mele e pere, uva, altri frutti e frutta snocciolata, che nella loro totalità pesavano per il 58% delle esportazioni del settore nel 2012. Rispetto al totale dell'export italiano verso la Federazione russa, questi prodotti rappresentavano l'1,80% per un valore di 177 milioni di euro su un totale di 10 miliardi. In seguito all'embargo sull'agroalimentare, tali percentuali si sono drasticamente ridotte al 33% del settore nel 2014 per azzerarsi del tutto dal 2015.



Fonte: Elaborazione Eurispes su dati OEC. Clicca qui per un ingrandimento.
Data di pubblicazione: