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Prezzi per il pomodoro da industria: un accordo che scontenta la parte agricola

Seppur con grande ritardo, è stato raggiunto l'accordo per la campagna del pomodoro da industria nel nord Italia. Martedì sera sono stati stabiliti 85,20 euro alla tonnellata franco campo, il che significa una decurtazione del prezzo pari all'8 per cento rispetto a un anno fa.



La scorsa settimana, durante un convegno organizzato al Cibus di Parma (cfr. FreshPlaza del 13/05/2016) il presidente della Organizzazione interprofessionale Pier Luigi Ferrari aveva auspicato il raggiungimento di un accordo che rendesse tutti soddisfatti. Ma pare che così non sia.

"L'accordo è una presa in giro per gli agricoltori – ha dichiarato Mauro Tonello, vice presidente nazionale Coldiretti – e non solo per il prezzo. E' molto più preoccupante la tempistica, in quanto non permette alcuna programmazione. Ormai i giochi sono fatti. E poi anche la questione della penalizzazione oltre un certo quantitativo lascia molto perplessi. Non credo che il sistema possa reggere, in questo modo; serve un approccio diverso che lasci davvero spazio alla concertazione".

Secondo l'accordo stipulato fra industrie di trasformazione e Organizzazione di produttori, gli 85,20 euro/ton valgono per una produzione compresa fra 2,35 e 2,55 milioni di tonnellate complessive. Al di sopra di tale quantitativo (2,55 milioni) si toglierà 0,05 euro a tonnellata sino a un massimo di 3 euro ogni 5mila tonnellate in eccesso, mentre al di sotto di 2,35 milioni di ton si aggiungerà 0,05 euro/tonnellata sino a un massimo di 3 euro. Un meccanismo un po' farraginoso, onestamente.

"E' inaccettabile una decurtazione del prezzo dell'8 per cento rispetto all'anno scorso, per di più aggravata dall'inversione in termini peggiorativi dei parametri qualitativi. Con l'accordo chiuso a 85,20 euro a tonnellata – ha commentato Giovanni Lambertini, presidente della sezione di prodotto Pomodoro da industria di Confagricoltura Emilia-Romagna,– la parte agricola non coprirà neanche i costi di produzione e si farà carico, in toto, dell'eventuale perdita di reddito dell'Industria annunciata in fase di trattativa. Così le inefficienze della filiera graveranno ancora una volta sulla produzione primaria".

Non si è fatta attendere la replica degli industriali. "Oggi occorre che i due mondi, industriali e agricoltori, facciano i conti con il mercato globale. Non è più possibile pensare che il pomodoro italiano costi il 20% più che in Spagna". Lo ha dichiarato Dario Squeri, presidente di Pomorete, 'rete' del pomodoro composta di 17 aziende tutte aderenti a Confapi Industria, il quale ha continuato: "Le organizzazioni agricole dovrebbero cominciare a rivedere alcune scelte del passato, in termini di assistenzialismo al mondo agricolo che oggi non è più possibile applicare ai mercati globali. Il rischio è quello di vedere la fine del pomodoro italiano e il nostro Paese conquistato da prodotto estero a basso prezzo".

"La penalità imposta dal 'range' di produzione – ha detto Lambertini - significa una sola cosa: che non è stata fatta la programmazione delle superfici richiesta dagli agricoltori. Peccato, dovrebbe spettare proprio alle Organizzazioni di Prodotto programmare la campagna con l'obiettivo di assicurare la massima redditività agli associati".



Anche Tonello non ha fatto mancare un'altra stoccata: "Si parla tanto di organizzazione e programmazione, ma qua gli industriali fanno proprio il contrario. Si dovrebbero concludere accordi pluriennali dove il prezzo rappresenta solo una delle componenti. Un agricoltore deve poter programmare le proprie rotazioni in modo da ottenere una produzione qualitativamente elevata".

Secondo Gabriele Zanelli, direttore di Pomorete, "per la chiusura del contratto ha contribuito in maniera determinante l'azione dei rappresentanti delle aziende di Pomorete, in particolare di Steriltom ed Emiliana Conserve. L'altra sera si è arrivati a un passo dal rottura definitiva, che avrebbe comportato una trattativa privata fra le parti e non alla conclusione di un accordo quadro".