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Ma le cose stanno cambiando e i due mondi si stanno avvicinando

Cambiamento climatico: tra ricercatori e agricoltori c'e' un abisso

"Da qui al 2050 la popolazione mondiale salirà a 9 miliardi", "entro il 2040 la produzione di alcune colture come il mais calerà del 20%"; queste sono alcune delle frasi associate alle previsioni sul futuro sulla Terra e sul cambiamento climatico e, come riporta la prestigiosa rivista Nature, bastano a spiegare il gap che esiste tra ricercatori e politici attivi nel campo, da un lato, e agricoltori dall'altro.

"C'è un profondo divario tra la scienza e quelli che dovrebbero essere i suoi utenti finali. Gli studi sui sui cambiamenti climatici, per esempio, non sono carenti; è solo che di questi poco o niente arriva nelle aziende agricole", spiega intervistata da Nature Nora Mitterböck, responsabile delle politiche di adattamento al climate change del ministero austriaco per l'agricoltura.

Ma lentamente le cose stanno migliorando e alcuni scienziati stanno lavorando su come rendere le aziende agricole più resistenti ai cambiamenti climatici, o su come migliorare l'irrigazione: ricerche per trovare risposte ai problemi più contingenti dell'agricoltura, comunque legati al climate change.

Così l'Unione Europea ha stanziato 14 milioni di euro per un programma ad hoc, mentre un altro programma internazionale (l'AgMIP, Agricultural Model Intercomparison and Improvement Project) riunisce centinaia di ricercatori del settore per aiutare tanto i decisori politici quanto tutti gli enti e le associazioni che lavorano a stretto contatto con gli agricoltori.



"Perché questo tipo di programmi funzionino, i ricercatori devono imparare da agricoltori e funzionari del settore quali sono le cose che potrebbero aiutarli di più. I ricercatori devono smetterla di misurare le loro ricerche in termini di pubblicazioni sulle riviste scientifiche e cambiare completamente la loro mentalità, pensando prima al fine pratico di quello che stanno studiando", commenta Anne-Marie Dowd, scienziata del Commonwealth Scientific and Industrial Organisation, a Kenmore, in Australia.

Peraltro l'approccio previsionale a lungo termine seguito da molti ricercatori si è rivelato in diverse occasioni sbagliato, costringendo a delle correzioni; questo perché più la previsione è a lungo termine e più sono coinvolti fattori imprevedibili. Un esempio è quanto di una data coltura verrà piantato.

Uno dei primi passi per costruire modelli precisi di quella che sarà l'agricoltura di domani è far fronte alle condizioni atmosferiche estreme di oggi, come alluvioni, tempeste, ma anche siccità e la maggiore salinità del terreno causata dall'innalzamento del livello del mare; ne sono un esempio i coltivatori delle zone più pianeggianti di India, Nepal e Bangladesh i quali stanno piantando sempre più una nuova varietà di riso sviluppata dall'IRRI (International Rice Research Institute, nelle Filippine) capace di sopravvivere alle alluvioni più delle varietà tradizionali; ciò ha permesso a quegli agricoltori di ottenere rese maggiori e di scongiurare la fame nei periodi di allagamento.

Nella prima metà di quest'anno, un software sviluppato sempre dall'IRRI ha inviato 170mila raccomandazioni ad agricoltori e produttori sul quando e quanto usare fitofarmaci e quando raccogliere: chi ha usato quest'applicazione ha aumentato la propria produttività del 10%; questo genere di consigli è destinato a diventare sempre più importante nell'ambito degli effetti del cambiamento climatico.

"Gli agricoltori - riprende la Mitterböck - cercano la redditività nel breve termine. Per loro il 2040 è distante anni luce".

Finora "la maggior parte degli studi sull'impatto climatico non sono riusciti a prendere in considerazione la complessità della moderna agricoltura", spiega Holger Meinke, direttore dell'Istituto per l'Agricoltura della Tasmania, a Hobart, in Australia; così proprio in Australia gli scienziati stanno iniziando a consultare gli agricoltori sempre più spesso nel corso delle loro ricerche.

Progetti come l'AgMIP si stanno rivelando molto utili anche in paesi in via di sviluppo che non hanno i fondi per costose ricerche; ne è un esempio lo Zimbabwe: grazie al progetto internazionale i funzionari statali hanno potuto pianificare sistemi per l'irrigazione per 150mila ettari da qui ai prossimi 3/5 anni.

Rielaborazione FreshPlaza su fonte www.nature.com