Pomodoro da mensa: import dal Marocco, ma solo a certe condizioni
FreshPlaza lo ha chiesto a Roberto Piazza, direttore di Fedagromercati Acmo Bologna, all'indomani del Comitato di prodotto Pomodoro da mensa, da lui coordinato, che si è tenuto ieri 25 novembre a Roma.
"Non chiediamo di interrompere i flussi commerciali - spiega Piazza - ma di farlo a condizioni produttive se non uguali almeno simili alle nostre. Impedendo, ad esempio, l'entrata nel mercato comunitario di pomodori con limiti di residui maggiori di quelli consentiti, rispettando gli sforzi degli agricoltori europei per ridurre l'impiego di prodotti chimici ai fini di una maggiore sicurezza alimentare e anche sul posto di lavoro".
"Chiediamo - continua Piazza - che i pomodori marocchini entrino nell'Unione europea nel rispetto delle nostre norme igienico-sanitarie. Tra l'altro, in Marocco è consentito l'uso di antiparassitari da noi vietati, senza contare che per l'irrigazione vengono utilizzate acque potenzialmente pericolose".
"Il Marocco esporta nell'Unione europea non solo il pomodoro tondo liscio ramato ma anche i mini-plum, i ciliegini e i piccadilly. Oltretutto, in confezioni molto accattivanti che entrano in aperta competizione con le nostre. Inoltre, il prodotto è lavorato e confezionato alla olandese, cioè con peso netto garantito e indicazione della temperatura a cui conservarlo. In specifici casi, poi, come le vaschette chiuse 30x50, viene anche garantita la tracciabilità".
"Gli agricoltori del Marocco - gli fa eco Salvatore Dell'Arte, presidente della Coop. Aurora di Pachino (SR), che ha partecipato al Comitato in rappresentanza di Fedagri e che dovrebbe presenziare alla riunione di Bruxelles - possono utilizzare una cinquantina di prodotti fitosanitari vietati nell'Unione europea, uno per tutti il noto fumigante Bromuro di metile".
"Non solo, il Marocco avrebbe più volte esportato pomodori verso l'Unione europea al di sotto del prezzo minimo stabilito di 0,461 euro/kg e, molto spesso, operando in danno alla concorrenza e in frode ai consumatori, commercializzando la merce come fosse made in UE. Va poi ricordato - conclude Dell'Arte - che la differenza tra i loro costi di produzione e i nostri è abissale, basti dire che un giorno di manodopera lì costa 5 euro contro i nostri 70-75 euro, un rapporto di 1 a 15!".
All'incontro di ieri ha partecipato per il Ministero delle Politiche agricole Roberto Cherubini il quale ha illustrato ai presenti il quadro generale delle dogane.