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Crisi pesche e nettarine: la (dis)unione europea

Sono passati giorni, anzi settimane da quando le rappresentanze agricole di Italia, Spagna e Francia hanno dato l'allarme su una crisi che ha investito tutta la frutta estiva - ma in particolare pesche e nettarine - invocando provvedimenti urgentissimi come previsto dall'articolo 219 della nuova Ocm Unica eppure, a tutt'oggi, la Commissione europea ha deciso di non decidere.

Dare il via agli interventi straordinari anche domani stesso, però, potrebbe essere troppo tardi.



Annunciando che gli operatori del settore saranno presenti a Roma il 30 luglio per sensibilizzare l'opinione pubblica, Agrinsieme ha chiesto al primo ministro Renzi di sollecitare la Commissione europea affinché attivi le misure straordinarie previste in caso di crisi.

"L'Europa è dei cittadini non dei burocrati - ha detto poi Ambrogio De Ponti, presidente di Unaproa - e abbiamo il diritto che siano impegnate le risorse necessarie per la gravità della crisi che ha colpito le produzioni estive".

"La crisi dei prezzi - ha sottolineato pochi giorni fa a FreshPlaza Davide Vernocchi, presidente del settore ortofrutticolo di Fedagri-Confcooperative - e il calo dei consumi, non solo di pesche e nettarine, ma anche di angurie, meloni, patate e altre specie, rappresentano un serio problema per le imprese agricole e per tutti i lavoratori impiegati. Si tratta di 10 milioni di giornate di lavoro a rischio, per non parlare degli oltre 100.000 addetti e dell'indotto".

Insomma, un settore, quello primario, che merita attenzione, mentre "la Commissione sta tentennando - ha aggiunto Vernocchi - e noi non possiamo più permettercelo".

Eppure, il sospetto è che alla Commissione questa "partita" non interessi più molto, non tanto perché forse la considera un "problema tipicamente mediterraneo", quanto piuttosto perché ci ha fornito da anni uno strumento che non abbiamo ancora applicato a dovere: quello dall'aggregazione, vale a dire la possibilità per i produttori di aderire a Op e Aop. L'ultimo rapporto della Commissione europea al riguardo, infatti, ha sottolineato che nel 2012 il tasso medio di aggregazione nell'Unione era pari al 43%, a fronte di un obiettivo indicato, già nel 2007, del 60%.


Clicca qui per un ingrandimento della tabella.

E, se la media italiana è aumentata al 47% solo grazie a due regioni come l'Emilia-Romagna e il Trentino Alto Adige (che compensano la scarsa organizzazione di numerose altre regioni), Francia e Spagna ci fanno buona compagnia, con percentuali rispettivamente di poco inferiori o superiori alla nostra.

E così, un po' fuori dal coro arriva la voce del presidente nazionale di Confeuro, Rocco Tiso, che ha dichiarato: "La crisi del settore ortofrutticolo è il risultato della mancata programmazione delle colture, così come è previsto dalla normativa europea sulle Organizzazioni dei produttori, da parte di chi avrebbe dovuto occuparsene".

Le conseguenze, come sempre, ricadono sulle spalle dei frutticoltori, con effetti gravissimi sul loro reddito, ma anche sull'indotto. La soluzione non può dunque prescindere da un intervento urgente (semmai arriverà) in ambito europeo, ma anche dall'individuazione delle responsabilità per quanto non siamo riusciti a recepire.