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Dieta mediterranea: un patrimonio dell'umanita' destinato all'estinzione?

L’UNESCO ha raccomandato l’iscrizione della "Dieta Mediterranea" nella prestigiosa Lista delle tradizioni considerate Patrimonio Mondiale Immateriale dell’Umanità. A darne notizia è il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Giancarlo Galan. La "raccomandazione" positiva dell’UNESCO dovrà ora essere ratificata dal Comitato Esecutivo della Convenzione sul Patrimonio Mondiale Immateriale dell’Umanità, che si riunirà a Nairobi in Kenya dal 14 al 19 novembre prossimi.

Tuttavia, secondo i primi risultati della ricerca "Food security: feeding the world in 2050", firmata da ricercatori di tutto il mondo e pubblicata dalla Royal Society di Londra, fra cinquant’anni i nove miliardi di abitanti del pianeta terra mangeranno dolci, cibi confezionati e tanta, tanta carne: tutto il contrario di ciò che suggerisce la dieta mediterranea.

Il lavoro di ricerca è frutto della collaborazione di climatologi, esperti di allevamento, nutrizionisti e sociologi, e si è servita di dati relativi alle fonti di energia e al consumo di acqua, al suolo disponibile, all’urbanizzazione.

Innanzitutto un dato, che, oltre a fornire una previsione, dà anche un indice di condotta: per sfamare tutti, la produzione agricola globale dovrà aumentare del 70 per cento, e dovrà anche migliorare in termini qualitativi per soddisfare un maggior fabbisogno calorico. Se infatti già nel 2001 l’apporto medio quotidiano di calorie per persona si è attestato a 2789 kcal, rispetto alle 2411 del 1969, il trend è destinato a continuare.

A far alzare l’indice calorico è il consumo sempre maggiore di cibi grassi e di carne, passato dai 45 milioni di tonnellate del 1980 ai 134 milioni del 2002. Anche questa tendenza proseguirà con il passare degli anni, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. In Cina, per esempio, il consumo di proteine animali è aumentato di nove volte dagli anni sessanta ad oggi.

Sempre più proteine animali, dunque, e sempre meno vitamine: il consumo di frutta e verdura, infatti, continuerà a diminuire, pur essendo già oggi ben lontano dai 500 grammi di dose quotidiana suggerita dai nutrizionisti. Ma non è solo un fattore di gusto: sulle scelte dei palati incideranno molto i prezzi, troppo elevati per ampie fasce della popolazione.

Se la tendenza generale è quella verso cibi sempre più grassi e ricchi di zuccheri, con la conseguente impennata dei casi di diabete e obesità, già iniziata in alcuni Paesi del sud-est asiatico, l’agricoltura biologica resisterà, pur rimanendo privilegio di salutisti agiati: un consumo che comunque sta crescendo in tutto il mondo, con un aumento dell’872 per cento nell’ultimo triennio, sorprendentemente anche in Cina e Stati Uniti.
Data di pubblicazione: