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Responsabilita' sociale: cresce l'impegno delle imprese italiane

Sfiora il miliardo di euro all’anno l’importo degli investimenti effettuati dalle grandi aziende a favore del sociale, la cultura, l’ambiente, il territorio e le risorse umane: è quanto emerge dal Terza Rapporto Nazionale sull’impegno sociale delle aziende, realizzato da Errepi Comunicazione e SWG e presentato a Roma nel corso di un convegno organizzato all’Università LUMSA, cui hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni, dell’Università e di enti e aziende quali Chiquita, Fondazione Chiesi, Henkel, Hera, Novartis, Takeda, Tema e Vodafone.

Il Rapporto conferma l’attenzione del nostro apparato economico-produttivo nei confronti delle tematiche sociali: il fenomeno della responsabilità sociale d’impresa, infatti, non ha subito battute d’arresto, anzi il rallentamento dei consumi di una fascia di famiglie italiane registratosi negli ultimi anni e le conseguenti ripercussioni avvertite dalle aziende si sono rivelati un ulteriore stimolo per le imprese a impegnarsi nel sociale. Nel 2007 oltre il 65% delle imprese italiane con più di 100 dipendenti ha realizzato almeno un’iniziativa di carattere sociale, aumentando rispetto al 2004 il valore degli investimenti globali, passati da 845 milioni di euro a 951 milioni di euro.

L’importo medio pro capite degli investimenti nel sociale si è incrementato di oltre il 50% passando dai 110.000 euro del 2001 ai 169.000 euro del 2007 e per l’anno in corso è previsto un altro importante balzo in avanti, fin sopra la soglia dei 200.000 euro. Tra i settori di intervento privilegiati spicca il sostegno umanitario e la solidarietà (52%), seguito dalla realizzazione di mostre e iniziative culturali (35%), e dall’erogazione di servizi specifici per il personale interno (31%).
Particolarmente significativo, poi, il dato relativo alle modalità di intervento: se nel 2004 ben il 73,1% delle aziende si limitava ad erogare un contributo economico diretto per la realizzazione del progetto, oggi tale percentuale si è notevolmente ridotta (32,6%), a testimonianza di come le imprese comincino ad assumere un ruolo più attivo nell’ideazione e realizzazione dei progetti di CSR su cui decidono di investire.


La tavola rotonda di discussione con, da sinistra a destra: Leonardo Becchetti, GiovanniGoratti, Francesco Maggio, Angela Bianchi, Fulvio Rossi, Caterina Torcia e MassimoZaninelli

“Il modo di intendere la responsabilità sociale è molto cambiato negli ultimi dieci anni – ha sottolineato Roberto Orsi, Presidente di Errepi Comunicazione e coordinatore del Rapporto – e oggi si avverte la volontà di molte aziende ad incrementare ulteriormente le risorse disponibili e a mettere in campo nuove iniziative, sempre più integrate con il resto della gestione d’impresa”.

In cima all’interesse delle aziende si conferma il territorio all’interno del quale operano, ribadisce l’indagine, patrocinata da AIDP Lazio, Comune di Roma, UnionCamere, CNEL e Ministero della Solidarietà, che rivela, inoltre, come un’azienda su due abbia adottato un proprio codice etico, un’azienda su tre rediga il bilancio sociale e sempre un’azienda su tre preveda una figura professionale interna dedicata alla responsabilità sociale. Da evidenziare, infine, che più del 75% delle aziende auspica un confronto periodico sui temi dell’impegno sociale con le istituzioni.

La Rete come canale privilegiato di comunicazione
Massimo Sumberesi (nella foto), Amministratore Delegato Tomorrow SWG, ha posto l'attenzione anche sulle forme informative attraverso le quali un'azienda dà visibilità alle iniziative nel sociale. Il dato che è venuto fuori dall'indagine è che anche l'informazione sociale passa prevalentemente attraverso il "www" e lo fa in entrambe le direzioni.

Le aziende "socialmente impegnate" percepiscono, oggi più di ieri, il potere del web e per questo tendono a sfruttarlo: da una parte per comunicare e dare visibilità alle proprie iniziative e dall'altra per informarsi e aggiornarsi su quella che è la realtà sociale all'esterno. D'altro canto se si guarda alla percezione, non proprio positiva, della copertura dei media più tradizionali (tv e stampa) si ha un'ulteriore chiave di lettura del successo di internet, a scapito soprattutto dei media off line.

Sumberesi afferma: "Internet è la chiave di volta. I media tradizionali non sono un sistema aperto e quindi partono più svantaggiati rispetto a internet". Concetto ripreso anche da Fiammetta Mignella Calvosa, Direttore CSSU-Centro Studi Scenari Urbani, LUMSA, la quale invita le aziende a interagire maggiormente con i media e le istituzioni pubbliche.
Data di pubblicazione: