Autotassazione delle imprese per la ricerca ortofrutticola: una via percorribile anche in l'Italia?
Dal primo novembre 2009, per esempio, i produttori di mele e pere della Nuova Zelanda hanno ritoccato in alto questo contributo collettivo alla ricerca, a testimonianza di quanto la competitività del settore frutticolo sul mercato internazionale sia strettamente dipendente da fattori quali innovazione e sviluppo (vedi articolo correlato).
Colpisce, nel confronto con il resto del mondo, l'atteggiamento anomalo delle imprese italiane e non solo di quelle ortofrutticole. Nel nostro paese, il primo referente dell'impresa non sembra essere l'Università o il centro di ricerca, né tanto meno le altre aziende operanti nello stesso settore, bensì la politica.
Alla politica, che per sua natura non possiede alcuna competenza specifica in singoli comparti produttivi (figurarsi in quello ortofrutticolo!) si chiede ancora oggi una protezione che al più rischia di risultare distorsiva delle regole del libero mercato oppure si domandano aiuti economici non più sostenibili, dato il livello di allerta ormai raggiunto dal debito pubblico nazionale.
Sarà anche vero che la stagione commerciale 2009 passerà alla storia dell'ortofrutta (e non solo) come una delle peggiori degli ultimi anni, ma se non si uscirà dalla crisi attuale con una rivoluzione copernicana nei punti focali che orientano la politica delle aziende, difficilmente l'Italia potrà risollevarsi.
E' urgente mettere al centro del sistema la responsabilità delle imprese, sia in termini di capacità di aggregazione, sia in quanto a sensibilità verso i temi ambientali e sociali, sia nella misura di un fattivo autofinanziamento delle proprie attività prioritarie, per scegliere le quali sarà bene staccare gli occhi dalle ombre della politica e fissarli invece verso il sole della ricerca, dell'innovazione, del confronto con quanto avviene altrove nel mondo.
Alla politica rimarrà il doveroso compito di agevolare in ogni modo le imprese affinché possano camminare sulle proprie gambe, invece di mantenerle costrette in un eterno rapporto di sudditanza.